Capitolo 27 Attimi disperati

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-Cos'è quello?- domandò Lucas più stupito che mai e con gli occhi che a momenti gli uscivano dalle orbite.
Il nuovo corridoio della casa si apriva in tutta la sua bruttezza davanti a una Cristina che, in quel momento, non capiva cosa stesse succedendo.
-Complimenti- disse Casa battendo lentamente le mani e arricciando le labbra come quelle di una papera -se avesse aperto lui la porta davanti a te ti saresti ritrovata solo il corridoio all'antica della casa della Signora Margareth, ma tu, una volta terminata la prova nella porta, se giri quella maniglia troverai l'uscita dalla stanza e l'entrata in un nuovo corridoio-
Spostai lo sguardo da Casa allo scenario oltre la porta, da mio fratello a Lucas. Ero nel panico e non sapevo cosa fare adesso. Chiusi la porta sbattendola e ordinai a Lucas di riaprirla ignorando Casa che continuava a ripetere che non sarebbe servito a nulla.
Lucas ruotò la maniglia e quando vide cosa c'era oltre la porta il panico lo prese e condividemmo quel momento di silenzio terrorizzato.
Lui adesso non avrebbe più avuto modo di tornare alla sua vita perché l'unica strada che poteva intraprendere era quella della casa.
-Le finestre!- sussultai correndo verso l'altro lato della stanza.
-Tutto viene sigillato una volta aperta la porta, per impedirti di scappare- il ragazzo moro era divertito da quella situazione, eppure la sua espressione ricordava più quella di un cane rabbioso.
Scostai la tendina e tentai di aprire la finestra sollevandola, ma a verifica di ciò che Casa aveva detto, rimase incollata alla cornice.
-E ora?- domandò Federico guardandomi nella speranza che io avessi una risposta. Delusi le sue aspettative, non avevo idea di cosa fare e così rigirai la domanda a Casa.
-Sbaglio o avevi detto che non volevi più il mio aiuto? Anzi sono stato qui fin troppo tempo, vado a dare un'occhiata agli altri partecipanti-
Frugò nella tasca dei pantaloni finché non trovò ciò che gli serviva: una piccola chiave di bronzo che si affrettò ad appoggiare su una parete e a ruotarla nell'aria. Non capivo cosa stesse facendo, non c'era serratura nella quale infilarla su quel lato, eppure qualcosa accadde. Ci fu un rumore simile a quando i meccanismi interni ad una porta scattano. Casa si fermò un secondo, concentrandosi su qualcosa a me ignoto, poi "estrasse" la chiave dalla "serratura" e la mise in tasca.
-Alla prossima- disse prendendo un cappello immaginario dalla testa e alzandolo leggermente in segno di saluto.
Lo guardai ostile e mi parve deluso, ma non mi interessava; la sua presenza in quella stanza iniziava a darmi sui nervi più di quanto potessi tollerare.
Casa allora guardò mio fratello e notai un furbo sorriso quando i suoi occhi si posarono su di lui. Però, quando poi guardò Lucas, la sua espressione mutò. Era arrabbiato, si vedeva benissimo. Quel ragazzo aveva una tale mimica facciale che mi rendeva sempre possibile capire le sue emozioni, e tutti i muscoli del viso contratti mi avevano fatta arrivare alla conclusione che fosse infuriato.
Diede un pugno sul muro nel punto in cui aveva messo la chiave e, stranamente, nella parete ricoperta dalla antica carta da parati della signora Margareth si creò una crepa. Questa partiva dal basso e saliva in verticale in una perfetta linea dritta, poi svoltava con una curva a gomito, procedeva per un po verso destra in orizzontale e poi scendeva di nuovo ricongiungendosi al terreno.
-Alla prossima Cristina- disse nuovamente mentre la carta da parati che ricopriva il muro scendeva lentamente rivelando un'apertura. Ero certa che quella chiave non avesse nulla di magico, non poteva far sparire i muri, di certo Casa voleva fare un po di scena e sapeva benissimo che dietro quel rettangolo c'era un'uscita; sì, doveva essere così.
Il ragazzo attraversò quella porta improvvisata senza voltarsi. Era il momento, quella era di certo un'uscita dalla casa, o adesso o mai più mi dissi, e così mi lanciai verso Casa. Questi si doveva, in qualche modo, essere accorto della mia corsa precipitosa, forse perché ero aggraziata come un elefante in tutù... Sta di fatto che si voltò e raccolse velocemente la carta da parati da terra, prima che potessi raggiungerlo, rimettendola al suo posto. Pensava di fermarmi con un sottile velo di carta marrone? Avevo ormai raggiunto la parete dietro la quale un secondo prima era entrato Casa quando mi resi conto che le crepe prodotte dal suo pugno stavano rapidamente sparendo.
Dannatissima camera, era troppo grande e non sarei mai riuscita a raggiungere il muro in tempo.
Tutto d'un tratto mi bloccai. Un paio di metri mi separavano da quella che adesso sembrava una massiccia parete. Ero certa di non esserci riuscita, ma tentai comunque a buttarla giù con una spallata, l'unica cosa che ottenni fu un terribile dolore alla spalla sinistra.
-Adesso qualcuno mi spiega cosa sta succedendo, o io... Io... Giuro che vi sparo- la voce disperata di Lucas arrivò dalla mia sinistra insieme al rumore di un proiettile che entra nella canna della pistola. Lo guardai, o almeno ci provai. I miei occhi caddero subito sulla tonda imboccatura della pistola puntata alla mia testa. Sentii una stretta allo stomaco e costrinsi le mie gambe a muoversi piano verso di lui.
-Non un altro passo- mi intimò il ragazzo.
Non c'era bisogno che me lo ordinasse perché le mie gambe già si stavano rifiutando di muovere e adesso mi trovavo impalata all'interno di forse l'unica stanza della casa che non era stata pericolosa con una pistola carica che aveva tutte le intenzioni di liberarsi al più presto dello scomodo proiettile nella sua bocca. Possibile che qualcosa dovesse per forza andare male? Volevo vedere cosa stava facendo mio fratello, ma i miei occhi erano fissi solo sulla canna della pistola, come se, continuando a guardarla, non avrebbe sparato.
-Lucas ascolta...- ingoiai tesa la saliva -sediamoci-.
Davvero furba Cristina. Ci vuole un applauso, un ragazzo che potrebbe ucciderti da un momento all'altro ti dice che sta per premere il grilletto e la cosa più intelligente che riesci a dire è: "sediamoci"? Ero spacciata. Però con grade sorpresa dei presenti Lucas abbassò la pistola e annaspando raggiunse la poltrona difronte a quella nella quale ancora c'era il cadavere della signora Margareth. Io mi avvicinai con cautela e mentre mi sedevo sul tavolino spostando il posacenere lo guardavo. Stava piangendo. Non avevo mai visto un ragazzo piangere e mi sembrava... Strano. Non che un ragazzo non potesse piangere, ma avevo sempre visto gli uomini come persone dure di carattere che se devono versare qualche lacrima non lo fanno in pubblico, ma aspettano di essere in una stanza da soli dove potersi sfogare soffocando i singhiozzi nel cuscino. Mi fece tenerezza, così allungai la mano verso la sua spalla per cercare di confortarlo almeno un pochino prima di dire: -sei pronto ad ascoltare una terribile storia?-.
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SPAZIO AUTRICE:
Ciao bei ragazzi :)
Innanzi tutto volevo scusarmi per il terribile ritardo. Purtroppo sto passando un brutto periodo e ho troppo pensieri per la testa che mi costringono ad accantonare la scrittura. I capitoli arriveranno più di rado adesso purtroppo. Spero continuiate comunque a seguire questa storia.
Baci ❤️
~Linda

La casa maledettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora