Ufficio

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"Hoseok. Svegliati." È Jimin. Lo so. Mi bacia, prima di dirmi di svegliarmi. Apro gli occhi piano. Sono completamente assopito dal calore del suo corpo. Adesso ha iniziato a tirare un venticello fresco.

"Sono sveglio." Mi bacia ancora. Perchè non posso svegliarmi cosí ogni mattina?

"Apri gli occhi." Scuote la mia spalla. Ne apro uno ed è già abbastanza. Lo ritrovo, a pochi centrimetri da me. Sorridente.

"Ti hanno chiamato due volte." Indica il telefono sul mio petto. Lo ha recuperato? Non me ne sono minimamente accorto.

"Gne." Sbiascico un pò. Non ho voglia di rispondere.

"Ti stanno chiamando ancora." Il telefono vibra di nuovo. Lo alzo. È la sveglia, non mi sta chiamando nessuno. La mia ora libera è finita.

"È la sveglia, devo tornare a lavoro." Quanto preferirei stare quà, con lui.

"Ah. Ecco perchè era cosí frequente." Una folata del suo profumo mi riempe le narici. Che palle. Voglio stare quà, non in ufficio.

"Da quanto dormo?" Non mi sono nemmeno reso conto di cadere nel sonno. Mi sarò spento come un sasso.

"Una mezz'ora."

"Cosa?" Ho perso cosí tanto tempo?

"Sei vecchio e stanco. Ti ho lasciato riposare." Mi stropiccio gli occhi con la mano libera.

"Come ti diverti eh? A prendermi in giro." Gli faccio il solletico. Che bastardello.

"Tanto." Si chiude su se stesso in un movimento spasmodico. Continuo finchè non caccia via le mie mani.

"Mi arrendo ok. Non ti do piú del vecchio. Ti chiamerò anziano." Riprendo. Non mi va bene.

"Ok, ok. B-basta. Ti chiamo Hoseok." Menomale, ha compreso con le buone. Lo lascio respirare, visto che le convulsioni per il solletico lo hanno fatto diventare un riccio.

"Ti conviene. A meno che tu non voglia essere chiamato nano." Rilancio il gioco. Vediamo come la prende. Non è cosí basso, come io non sono cosí vecchio.

"Non sono basso." Mi tiro a sedere, ancora stordito per il sonno.

"E io non sono vecchio." Gli faccio notare. Si tira a sedere pure lui, ma gli do una leggera spinta, facendolo ruzzolare su un lato. Dobbiamo mettere a posto ogni piatto e posata.

"Vedremo." Si mette in piedi. Facendo il segno "ti tengo d'occhio". Lo faccio anche io. Poi ridiamo entrambi. Sembriamo dei bambini troppo cresciuti. Ogni tanto ci sta lasciarsi andare cosí.

"Sistemiamo tutto." Annuncio, prendendo i primi piatti, ponendoli nel cestino. Mi aiuta anche lui. In poco riusciamo a recuperare tutto e a metterlo dentro al cesto. Scuotiamo la coperta dalle briciole e la pieghiamo. Faccio per prendere il cesto, ma mi anticipa.

"Lo porto io." Annuncia. Caricando il cestino in una mano, fiero di se stesso, e la rosa nell'altra. Scuoto la testa. Può portarlo lui. Non ci sono problemi. Lo seguo, mentre comincia a dondolare a destra e sinistra, con provata allegria. Mi dispiace essermi addormentato. Avrei potuto spendere il tempo in modo migliore. Significa che dovrò farmi perdonare stasera.

"Dove va portato?" Domanda Jimin.

"Alle cucine, ti accompagno." Chi ha voglia di tornare in ufficio? Io no. Lo accompagnerò, poi lo lascerò libero. Da quanto ho capito vuole prendere di nuovo la patente. Deve studiare. È un ottimo primo passo. Sono contento che abbia iniziato a pensarci. Chissà, magari riuscirò a recuperargli una piccola macchina. Scommetto che non vorrà e mi ucciderà.

Facciamo tutto il tragitto in silenzio, scambiandoci delle occhiate che significano tutto e niente. Lui continua a ridacchiare. Non sa della mia voglia nascosta di spingerlo contro un muro e baciarlo. Il rincoglionimento viene cancellato alla velocità della luce da questi pensieri, eppure mi limito a guardarlo e a sorridere come un tonto.

Arrivati in cucina, portiamo dentro il cesto, ringraziando la cuoca per il pranzo. Lei ci accoglie con grandi sorrisi e complimenti. Ci guardano, prima me, poi Jimin, io arrossisco e trascino fuori quest'ultimo, afferrandolo per mano. Non voglio che inizino a insinuare cose, non sono affari loro. Sbuffo, poi comprendo cosa ho appena fatto davanti ai loro occhi quando Jimin guarda le nostre mani. Istintivamente la lascio cadere, rompendo il contatto. Non so nemmeno perchè, ma lo faccio.

"Tutto bene?" Mi domanda. Annuisco. Sto bene. Credo. Perchè sto panicando all'improvviso? L'ho solo preso per mano.

"D'accordo." Un mezzo sorriso inclina la sua bocca.

"Ci vediamo stasera a cena allora?" Mi gratto la nuca. Un po' rintronato.

"Si. Buon lavoro." Comunica. Annuisco e mi giro. Deglutisco la saliva a fatica.

"Aspetta..." Vengo tirato per la camicia. Torno da lui. Si mette sulla punta dei piedi e mi bacia la guancia.

"Oh." È tutto quello che riesco a dire. Non so se ricambiare. Non so che fare. Gli ho dato la mano. Mi sento un adolescente in preda alla sua prima cotta. Che sto facendo?

"Ciao." Mi saluta con la mano, quando me ne vado. Non ho ricambiato. Non so perchè. Sono solo un tonto. Dopo qualche metro mi volto a guardarlo. Lo becco ad osservare la rosa che ha fra le mani. Spero proprio che gli piaccia quanto piace a me. Non ne ho cosí tante da potergliele regalare una al giorno. Sarà una cosa speciale che farò ogni tanto. Sempre se resta. Sempre se resta? Un pensiero cosí semplice che adesso fa strano. Lo ricacci subito dentro. Pare quasi un pericolo.

Arrivo alla sala da pranzo. Minho è lí, seduto al tavolo che pranza. Ferma tutti i suoi movimenti appena entro. Che ha da guardare? Vado al mio posto. Lui riprende il suo banchetto con un sorriso beffardo sulle guance.

"Come è andato il non appuntamento, o meglio pic-nic, con il signorino?" Mi siedo. Lo sapevo che avrebbe fatto questa domanda. La formula ancora prima che io possa poggiare il culo sulla sedia.

"È buono lo stufato?" Rispondo con una domanda. Non sono tenuto a rispondergli. È andato molto bene. Ma voglio tenerlo per me. Sarebbe andato ancora meglio se non mi fossi addormentato come un sasso.

"Molto buono. A differenza tua non è acido." Che battuta.

"Ah-ah" Poggio i gomiti sul tavolo, pensando ancora alla mano di Jimin, cosí piccola e morbida. Le sue labbra. Le carezze. Perchè mi sono addormentato? Sto veramente diventando cosí vecchio? Dovrei dormire di piú?

"Posso farti una domanda?" Minho si intromette di nuovo nei miei pensieri.

"Cosa c'è?" Rispondo scocciato. Lui ride. Non capisco perchè. Cosa diamine vuole? Un piatto in faccia?

"Cosa ci fai quà? Hai già mangiato no? Non dovresti essere in ufficio?" Se la sghignazza. Cosa? O cazzo. Ha ragione. Perchè sono quà? Osservo il tavolo come se fosse la prima volta che lo vedo. Non è quà che devo andare. Ma che sto facendo. Mi alzo di scatto. Strusciando la sedia.

"Ma cosa ne sai tu...di cosa ci faccio io quà" Rispondo, non amettendo la cazzata appena fatta. Ha ragione, ma non voglio dargli soddisfazione. A grandi falcate, vado verso la porta.

"Mi fa piacere vederti cosí...stordito."Mi urla dietro. Che simpatico. Esco dalla porta, prima che dica altro che mi faccia imbestialire. Ha questa abilità di ficcare il naso ovunque. Lo detesto. Non deve interessargli cosa faccio. Sbuffo, infilando le mani in tasca. Pure io mi ci metto. Nella sala da pranzo dovevo andare? Ma che mi prende? Ho la testa cosí leggera, ho come l'impressione di aver aspirato dell'elio. Arrivo in ufficio, mi avvicino alla scrivania, tutto è in ordine, so già che avrò una valanga di email da leggere, per di piú devo studiare il bilancio di una nuova azienda. Sbuffo, lasciandomi andare sulla sedia.

"Svegli Hoseok, su." Mi tiro due schiaffetti. Concentrato, devo rimanere concentrato. Ormai la mia concentrazione va su tutt'altro e non ci posso fare niente, o meglio, non voglio fare niente. 

Less Than Anybody [Omegaverse][Wattys2022]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora