Capitolo 24

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Alejandro mi afferra per il fianco, contornandomi il corpo con il suo braccio, scendiamo le scale, le mie narici vengono invase dal suo profumo Savage. Facciamo pochi passi e raggiungiamo la sua auto. Le gambe mi tremano ripensando all'ultima volta che ci sono salita.

Rapidamente tutte le sensazioni di quella notte fuori dal ristorante si fanno vivide nella mia mente e nel mio corpo.

Mi butto a peso morto sul sedile anteriore, dallo specchietto retrovisore noto il seggiolone di suo figlio, cerco di tranquillizzarmi. L'uomo sale al posto di guida.

"Stai bene?", mi piace il modo in cui si preoccupa per me, faccio cenno di sì con la testa e partiamo.

Solo dopo aver percorso cinque minuti in silenzio mi accorgo che lui non sa esattamente dove vivo, dovrei dirgli che sono da sola e invitarlo a salire? Mentalmente mi maledico per star pensando a una cosa del genere, lo fisso con la coda dell'occhio, mi domando a cosa stia pensando.

Ed io? Da quanto tempo non mi ritrovo brilla in auto con un ragazzo che mi piace dopo una festa?

"Ehi...", lo richiamo.

"Dimmi", sembra divertito da questa situazione.

"Non sai nemmeno dove vivo, dove mi stai portando?".

"Ho pensato che non volessi che il tuo fidanzato ti vedesse rientrare ad una festa così alterata", risponde in maniera secca.

"Non sono alterata".

"Come no!", ride.

"Davvero!", rido anche io. Non posso fare a meno di fissarlo, stasera indossa una camicia semplice bianca e dei pantaloni blu.

"A cosa stai pensando?", interrompe il fluire dei miei pensieri.

"In che stato ci sei arrivato quella sera in casa?", mi riferisco sempre a quella volta, allo stato della sua camicia, "Che scusa hai inventato?".

Una curva di sorriso gli contorna il viso:

"Mi sono fermato davanti a un cassonetto e me la sono tolta".

"E lei non si è accorta di nulla?".

"No".

Il silenzio si impadronisce ancora una volta di questa auto, stavolta è il suo turno:

"Quella sera è stata importante per me".

"Figurati".

"Davvero. Sei stata una boccata di aria fresca in un periodo non facile della mia vita, quando le cose con lei non andavano bene. Scusami".

Sono senza parole, mi addolcisco:

"Non hai bisogno di scusarti. A volte per superare determinati momenti si ha bisogno di persone che nemmeno conosciamo e di fare cose che non faremmo normalmente. A volte bisogna essere egoisti ed usare le persone".

"Non ti ho usato", risponde in fretta.

"Sì, che l'hai fatto e io te l'ho permesso ma si usa solo ciò che è disposto a farsi usare. Considera il favore ricambiato con questa sera". Gli accarezzo la testa dolcemente, mi sento ammaliata da questo uomo dolce e freddo allo stesso tempo e stranamente così vicino a me.

"Adesso mi spieghi cosa ci facevi a questa festa?", cambia argomento.

"Non potevo esserci? C'erano tutti".

Mi guarda con lo sguardo indagatorio, mi sento scrutata da cima a fondo, mi costringe così a dirgli la verità.

"Ho bisogno di riprendermi i miei anni, la mia libertà. Stasera sono sola, cioè lui è andato a un congresso e io volevo solo riprovare...".

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