Alla cena di addio di Alejandro arrivo con un leggero ritardo, al mio arrivo nel locale il tavolo è già completo, mi becco un posto accanto a una dottoressa che in reparto non ho mai calcolato molto.
Un velo di malinconia mi ha fatto compagnia in queste ultime settimane, dopo stasera non lo rivedrò più come prima. Max è seduto accanto ad Alejandro che indossa una camicia grigia con delle fantasie blu e un maglioncino dello stesso colore. Beviamo vino e mangiamo allegramente, come fosse una cena normale, quasi fosse la norma che domani in clinica non lo rivedrò. In cuor mio mi sento triste e spero che la serata volga al termine il prima possibile, nel giro di poche ore terminiamo di mangiare.
Fuori dal locale tutti i presenti salutano l'ospite della serata abbracciandolo, rimaniamo da soli.
"Beh allora sentiamoci", lo abbraccio forte.
"Assolutamente sì".
Il calore di questo abbraccio riscalda l'aria gelida di una nottata semplice di febbraio, forse sarà per via del vino ma stasera Alejandro ha un'aria incredibilmente sexy, avvicino la mia bocca alla sua e ci baciamo.
La testa mi gira, le gambe sono molli: sono decisamente ubriaca, farei meglio ad allontanarmi prima che sia tardi.
"Beh io chiamo il taxi", mi distacco a malincuore dalle sue labbra morbide.
"Ti accompagno io".
Acconsento e lo seguo in auto. Ho il cuore che mi batte forte in petto. Penso che lui ha una famiglia a casa che lo aspetta.
La sua auto è una Citroen grigia, parcheggiata proprio sotto il lampione, un'idea mi si fa spazio nella mente. Solo per stasera, una sola volta, voglio ancora baciarlo.
Apro lo sportello posteriore ed entro, l'uomo mi fissa incredulo ma dal mio sguardo deve aver captato qualcosa.
"Lo sai? Non sono mai andata in camporella", gli dico sorridendo e il mio sguardo, ne sono sicuro lo starà provocando.
"Ah no?".
Entra anche lui.
Dai finestrini appannati riesco a intravedere la strada, le luci delle rare auto che sfrecciano illuminano di poco i miei occhi. Con il fiatone poso il mio dito tremante sul vetro freddo e umido del finestrino, inizio a disegnare una M e poi ancora una A, la R viene leggermente storta, il resto è a malapena decifrabile. Alejandro continua ad entrare dentro di me violentemente, non so se sia accorto dell'opera d'arte che ho appena disegnato, sono stanca, ho il fiatone, sono eccitata e sua.
Lui continua a scoparmi, mi godo ogni sensazione che il suo corpo, che si unisce al mio dentro l'abitacolo di questa auto, mi allarga le viscere, sento i suoi gemiti poi mi sculaccia forte e si ferma.
Mi giro verso di lui, mi specchio dentro i suoi occhi azzurri che stasera sono un po' tristi.
"Pensi anche tu che non ci rivedremo più, vero?", gli dico tristemente accarezzandolo e abbracciandolo.
"No, in realtà", si accomoda sul sedile posteriore con il preservativo ancora messo e il cazzo eretto.
"E cosa pensi?", lo accarezzo, attirandolo a me poi gli infilo la lingua dentro la bocca, gioco con il suo piercing alla lingua, lo afferro tra i denti e poi lo lascio libero.
"Penso che io le persone a cui tengo me le porto dietro per sempre e di certo non ti lascerò indietro".
Cazzo.
Resto senza parole, ed è raro che succeda, ma penso che nessuno mi abbia mai detto una cosa così tenera e bella in vita mia, adesso sento il mio cuore esplodermi dentro al petto. La mia mente viaggia alla velocità della luce.
STAI LEGGENDO
Mine
ChickLitLa vita per Maria e Rafa continua tra l'intento di far coincidere la vita da coppia nella vita e nel BDSM. Ma le cose saranno poi davvero così semplici? ATTENZIONE: TEMI AD ALTO CONTENUTO EROTICO Continuo di "Io appartengo"