Capitolo 25

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Il rumore della pioggia che si infrange contro il suolo è l'unica cosa che sento mentre Alejandro lecca ogni voglia di me. Vedo le goccioline che scivolano contro il vetro della finestra, ho quasi l'impressione che muova la propria lingua al ritmo dello scivolamento delle gocce sulla superfice. Scosse di piacere mi lasciano senza fiato, stringo tra i miei pugni il tessuto del cuscino, chiudo gli occhi mentre una sensazione leggera di piacere si infrange contro la mia mente.

Mi lascio andare.

Gemo.

Gemo.

Gemo.

Ancora gemo.

Il viso arrossato dell'uomo riemerge dalle mie gambe.

"Maria", mi chiama con un sospiro mentre poggia il suo cazzo eretto sull'apertura della mia fica.

Lo accarezzo senza dire una sola parola, l'odore della pizza ormai freddata dentro gli scatoloni mi penetra le narici, si mescola all'odore di quest'uomo che mi bacia prima il collo, poi arriva ai seni, li avvolge con vigore tra le mani e ci sprofonda dentro più che può, come se volesse memorizzarsi il momento.

Lo stringo a me poi con un movimento rapido mi sollevo sul suo corpo che avvolgo con le mie gambe, lo bacio di gusto, le nostre lingue mescolano i nostri sapori, poi lascio che mi entri dentro.

Mi muovo su e giù mentre a lui non resta altro che godersi la mia vista mentre lo lascio entrare e lo scopo così, in ginocchio, sul divano di casa sua, dove siede la sera sua moglie, dove suo figlio ci guarda i cartoni animati. Il piacere è più forte della razionalità e l'orgasmo ha la meglio su ogni pensiero e pentimento che, non sono sicura, domani avremo.

Veniamo insieme, ansima mentre viene dentro di me con gli occhi sbarrati.

Ci distacchiamo, sono stanca, nuda così come sono, mi avvolgo alla coperta bianca che giace su questo divano. Lui si alza e va a pulirsi in bagno.

"Forse dovremmo mangiarla davvero questa pizza anche se fredda, sembra buona", lo prendo in giro mentre apro lo scatolone del Telepizza, so perfettamente che la pizza è orrenda ma va bene così, onestamente non mi importa di nulla.

"Hai ancora fame?", ha indossato un paio di pantaloncini blu scuro, non indossa nulla sopra.

Mi si siede accanto e prendiamo ciascuno un trancio.

"Stai bene?", mi accarezza quasi paternale.

Annuisco, non riesco a capire perché me l'abbia chiesto.

"Non voglio che tu pensi che ti abbia solo usato...".

Lo interrompo subito:

"Ale io credo che ci siamo usati a vicenda inoltre non ti incolpo di nulla. Va bene così, sono felice".

Non capisco perché sia convinto di dovermi delle scuse, forse se le aspetta da me? Ma io non credo di dovergliene né di meritarmele. Abbiamo fatto ciò che ci andava di fare. Ci sono momento nella vita in cui non bisogna chiedersi nulla, bisogna lasciarsi trascinare dai momenti, forse è questo il segreto di una vita felice, non programmare nulla e lasciare che ogni cosa semplicemente segua il suo corso.

A casa non ho preso nemmeno il cellulare, l'ho guardato rapidamente e ho visto che c'erano dei messaggi e delle chiamate, mi sono limitata a telefonare a mia madre dicendole che andava tutto bene, lei ha capito che avevo bisogno di un attimo di pace, ha accettato e non ha fatto altre domande, dopotutto è sempre stata abituata a questi momenti bui della mia vita.

Al resto al momento non voglio neanche pensarci.

Terminiamo di cenare, accendiamo la tv, mi accoccolo a lui mentre si rulla una canna. Non dover necessariamente parlare di qualcosa mi rasserena l'anima, quante parole non sprechiamo?

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