Capitolo 5

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Mi sveglio dolcemente avvolta dalle coperte di questo letto, sento dei passi risalire le scale, la porta della camera da letto si apre lentamente, vedo Rafa spuntare dal corridoio, quasi in punta di piedi, si avvicina e mi bacia dolcemente sulla fronte. Un bacio dolce, sincero e delicato.

Apro gli occhi, gli sussurro qualcosa, poi mi giro a vedere la sveglia: sono appena le 6 del mattino, è appena tornato da una notte di guardia, non riesco a vederlo bene che sparisce rapidamente dentro la cabina armadio per poi tornare poco dopo con il pigiama, si accoccola dietro le mie spalle, mi cinghia il fianco con il braccio e ci riaddormentiamo.

La sveglia suona dopo un'ora, la stacco rapidamente, l'uomo accanto a me si gira dall'altro lato, faccio un respiro profondo. Non ho voglia di alzarmi, senza contare che mi sento stanca, come se non avessi completamente dormito.

Quando poggio i piedi sul pavimento, la testa mi gira, quasi perdo l'equilibrio. Cerco di centrare il mio baricentro per poi sparire e iniziare la mia giornata.

In reparto la mattinata è iniziata bene, ho appena conosciuto i miei primi due pazienti: un ragazzino di 7 anni, un bambino simpatico, con gli occhiali rossi e i capelli castani che sorride sempre e fa tantissime domande, i genitori sembrano molto gentili e premurosi, l'altra paziente invece è un'adolescente che, a detta sua, fa già la cantante. Va bene, facciamo finta di berci le stronzate dei pazienti, ne sentiamo talmente tante che, poco dopo, ce ne dimentichiamo completamente, non perché siamo insensibili anzi.

Mi sento emozionata all'idea di iniziare finalmente con i miei primi due casi, prendo loro le impronte, faccio le foto e li rimando tra un mese.

Dopo l'entusiasmo di questa prima fase, diventa tutto piatto, decido di fare una lunga passeggiata fino al reparto di Rafa, ne approfitterò per prendere una bottiglia d'acqua.

Mentre cammino la sensazione di leggerezza non mi abbandona, passeggio lungo il corridoio cercando di farmi distrarre dalle persone intorno a me. Scrivo un messaggio a Rafa per dirgli di vederci alla macchinetta del caffè, lui compare poco dopo accompagnato dalla solita specializzanda, cerco di mantenermi calma, dopotutto è un ospedale universitario e dovrebbe essere normale.

Ok, Maria respira. E' normale.

Quando Rafa si avvicina a me però ho quasi l'impressione che il volto della specializzanda cambi quasi d'espressione.

"Ciao", lo saluto con la mano, cercando di mantenermi professionale.

"Ciao Maria, come stai?", mi saluta lui quasi freddamente, "Lei è Rocìo, la mia specializzanda, ha preso molto a cuore il mio lavoro e mi ha chiesto di seguirlo".

"Piacere", le porgo la mano, cercando di sfoderare il massimo della professionalità.

"Rocìo lei è la dottoressa Spiro".

La ragazza stringe la mia mano poi inizia a parlargli della ricerca e di numeri, come se io non ci fossi.

Okay, stringo i pugni:

"Prendete qualcosa?", cerco di essere gentile ed educata ma lei quasi mi fissa con uno sguardo di sfida, rapidamente guardo Rafa che non tarda a capire che da qui a poco la prenderò a sberle.

"Rocìo non mi sembra il caso di parlarne ora, per favore, lasciaci da soli. Grazie", se ne libera rapidamente con la delusione della ragazza che, imbarazzata se ne va via.

"Carina", la guardo camminare con la coda tra le gambe.

"Non l'ho notato".

"Andiamo, fa cagare", quasi mi arrabbio.

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