«Shōto» lo chiamò debolmente Izuku e lui quasi non reagì; non si voltò a guardarli, non si spostò. Solo il leggero fremito che ebbe la sua schiena gli fece capire che lo aveva effettivamente sentito.«Mi dispiace» sussurrò, la voce rotta, impastata, come se stesse cercando di non piangere o avesse appena smesso. «Mi dispiace di averti abbandonato, di averti fatto soffrire, di averti trascinato in questa situazione.»
E fu chiaro che si stesse rivolgendo a Katsuki, come se la loro conversazione non si fosse neppure interrotta.«Shōto...»
«No, hai ragione, hai ragione su tutto. Sono un bastardo. Ho pensato solo a me stesso, ti ho costretto a seguirmi in America senza neppure chiederti se fosse ciò che volevi. Ti ho costretto a vedermi insieme a Izuku quando sapevo che ti faceva soffrire. Ti ho tradito... ti ho-»
«Smettila.» lo interruppe seccamente Katsuki, facendolo voltare di scatto. Il suo zigomo si era gonfiato e stava assumendo una sfumatura violacea poco rassicurante ma che gli dava una certa soddisfazione. Se ne sarebbe ricordato a lungo, questo era poco ma sicuro.
«Non ho bisogno di sentire le tue scuse. Non mi serve a niente sapere che ti dispiace di avermi ferito. Voglio sentirti dire che non lo farai più, che non sono solo un gioco per te, che non mi stai usando per divertirti.»
Shōto lo fissò, senza parole. Un nodo gli strinse la gola, una morsa dolorosa da cui non riusciva a liberarsi. Era così che aveva fatto sentire Katsuki per tutti quei mesi? Un giocattolo? Un divertimento? Qualcosa da usare finchè non si fosse stancato?«Puoi dirlo? Puoi farlo?» insistette Katsuki, la sua voce era esitante ora, carica di apprensione e incertezza. Di paura di essere rifiutato ora che si era esposto così tanto. Più che mai.
Shōto si alzò per fronteggiarlo, trascinò i piedi attraverso la stanza, ogni passo misurato, calcolato. Si fermò a distanza di braccio, lontano, al sicuro. Forse temendo di essere aggredito nuovamente o di scatenare la sua ira, oppure più semplicemente non sentendosi più degno di stare al suo fianco, di toccarlo, di invadere il suo spazio vitale, quel confine invisibile che non c'era più stato tra loro, ma che ora percepiva tangibile come un muro.
«Tu non sei mai stato un gioco per me, Katsuki.» Sussurrò. Avrebbe voluto che la sua voce avesse più forza, più determinazione. Ma si sentiva svuotato, perso. Aveva ferito le persone che amava senza rendersene conto, come avrebbe mai potuto rimediare? Le parole non sarebbero mai state sufficienti.«Non è vero, lo so bene.»
«No, tu non sai.» Insistette ritrovando un po' di coraggio
«Shōto evita.»
«No. Ascoltami.» ora era lui che lo aveva messo a tacere. Aveva bisogno di chiarire, di fargli capire. Doveva farlo. «Ho sempre pensato di essere io un gioco per te. Una valvola di sfogo per alleviare lo stress. Sei venuto da me in cerca di sollievo, mettendo ben in chiaro cosa volessi da me. Non mi hai mai dato motivo di credere che potesse esserci qualcosa di più, che potessi provare qualcosa per me. Non prima di venire in America.»
Le sue parole colpirono Katsuki come un pugno in pieno ventre. Sarebbe colpa sua ora?Era per colpa sua che Shōto se n'era andato?
«Ero certo che non ci sarebbe mai stato un futuro per noi. Tu eri–, sapevo che un giorno sarebbe arrivato qualcuno in grado di fare breccia nel tuo cuore, qualcuno di cui ti saresti innamorato e da cui ti saresti lasciato amare, a differenza di me.»
Katsuki si morse il labbro inferiore
Eri tu quel qualcuno! Avrebbe voluto urlare, ma la voce gli restò intrappolata in gola, soffocata dal nodo di emozioni che lotta per uscire. Dalla consapevolezza di essere stato la causa della sua stessa sofferenza.«Ho pensato che non ti sarebbe importato se me ne fossi andato. Che avrei reso le cose più facili per entrambi.» mormorò facendo un passo verso di lui. La barriera tra di loro vacillò, si incrinò sotto i suoi occhi. «E sono stato uno stupido, ti ho fatto soffrire perché non mi sono sforzato di vedere oltre quel muro che hai eretto attorno a te. Non mi sono mai sforzato di capirti e ti ho semplicemente lasciato andare. E mi pentirò per sempre di questo perché io ti amo, amo tutto di te, semplicemente, e non sopporto l'idea di perderti.» Ammise, con la voce rotta dall'emozione, e Katsuki sentì la terra mancargli sotto ai piedi. Immobilizzato da quella sensazione terribile alla bocca dello stomaco che ti coglie quando sogni di precipitare nell'abisso.
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𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDeku
FanfictionKatsuki Bakugō ha ormai venti anni e la sua vita è cambiata molto da quando il suo primo amore se n'era andato. Shōto Todoroki e Midoriya Izuku sono partiti verso l'America per scoprire il mondo oltre la loro città di periferia e vivere la loro stor...