𝕍𝕀𝕀. 𝙼𝚒𝚜𝚝𝚊𝚔𝚎𝚜

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𝕍𝕀𝕀. 𝙼𝚒𝚜𝚝𝚊𝚔𝚎𝚜

Appena pochi giorni dopo, Shōto e Izuku partirono insieme per la conferenza degli eroi a New York, lasciando Katsuki a Chicago da solo. A nulla erano valse le sue continue ed insistenti proteste per andare con loro: secondo Shōto era più sicuro per lui rimanere lì, date le sue condizioni.
Quella definizione stava cominciando a farlo davvero infuriare. Era quasi come se avesse qualche malattia strana o all'improvviso fosse diventato di cristallo. Odiava essere trattato in quel modo, come se fosse debole e fragile.
In più, l'idea che i due avrebbero passato i seguenti due giorni da soli, in un albergo chissà dove, a fare chissà cosa, lo mandava fuori di testa.

Katsuki sbuffò pesantemente fissando il soffitto, disteso a letto. Doveva trovare qualcosa da fare, al più presto o sarebbe impazzito, ne era sicuro. Ma Shōto gli aveva proibito di andare ad allenarsi mentre lui non c'era e questo restringeva di molto le sue possibilità. Le restrinse quasi del tutto, in effetti. Nella sua vita non aveva mai avuto niente al di fuori del suo lavoro; beh, forse solo una cosa: Shōto. Ma in quel momento non aveva nessuna delle due.
Digrignò i denti e si guardò intorno. «Cosa diavolo fa la gente tutto il giorno?!» Pensò frustrato, alzandosi dal letto.
Forse avrebbe potuto provare ad andare in salotto a guardare la tv. Sì, quella sembra un'idea accettabile.
Si diresse con passo strascicato verso la sala principale e si sedette a gambe incrociate sul divano, di fronte allo schermo.
L'assenza di un comodo tatami era già un problema. L'assenza di Shōto che lo avvolgeva tra le sue braccia, lo era anche di più. Il fatto, poi, che ogni canale fosse in inglese, fu la goccia che fece traboccare il vaso.

«Al diavolo!» sbottò scaraventando via il telecomando, prima di alzarsi e lasciare la stanza a grandi passi, ripiegando su una lunga passeggiata che lo portò a vagare senza meta per le strade di Chicago. Tenersi lontano dal palazzo d'allenamento sembrava quasi impossibile, ma in qualche modo riuscì a raggiungere la zona del mercato e così passò le due ore seguenti a sbavare sulle vetrine dimenticandosi di tutto il resto.
Quando finalmente arrivò la sera, aveva le gambe doloranti e la schiena a pezzi, e il portafoglio più leggero di almeno cento dollari, ma era così stanco che si addormentò in un istante, senza quasi rendersene conto.

La mattina seguente, al risveglio, la depressione lo travolse appena aprì gli occhi all'idea che mancava ancora un giorno al ritorno di Shōto.
Si trascinò fuori dalla sua stanza con passo funebre pronto ad affrontare altre 12 estenuanti ore di noia assoluta, ma inaspettatamente, fu Mary a salvarlo dalla disperazione quando lo vide vagare come un'anima in pena per l'appartamento. Mary era la donna che abitava accanto a loro, anche lei un'eroina a cui Shōto e Izuku avevano chiesto di badare alla casa il tempo che loro fossero stati via.

«Bakugō, potresti aiutarmi a ripulire la sala piccola per favore?» Gli chiese con quel suo tono gentile e materno.  Probabilmente non aveva davvero bisogno del suo aiuto, probabilmente lo stava facendo solo per dargli qualcosa da fare, ma Katsuki non poté fare a meno di cedere, persino quello era meglio che stare fermo ad aspettare.

Così si ritrovò nella cucina, insieme alla donna, impegnato a lavare il tavolo e pulire il macello che aveva fatto nel tentativo di cucinare qualcosa di anche minimamente mangiabile con le poche cose rimaste nel frigo la sera prima.
Lavorare gli tenne la mente occupata, impedendogli di preoccuparsi per cose che comunque non poteva cambiare.
Gli ci volle tutta la mattina per ripulire l'intera stanza, e quando finalmente finirono, si sentì stanco e sporco, ma soddisfatto.

«Hai fatto proprio un ottimo lavoro. Ti ringrazio.» Lo premiò Mary «Ti preparerò qualcosa di speciale per pranzo, per ringraziarti del tuo aiuto.» aggiunse, dandogli un leggero colpetto affettuoso sulla mano, un grande sorriso sul suo viso rotondo e gioviale.
«Non ce n'è bisogno, non si preoccupi» si ritrovò a dire lui, con tono più gentile di quanto avrebbe voluto. Non aveva più avuto una figura materna nella sua vita, dopo l'incidente, e ricevere attenzioni da Mary era strano e inusuale per lui, ma in un certo modo anche piacevole.
«Oh, suvvia! Dimmi cosa vorresti» Lo incalzò lei.
«Non lo so... Davvero, va bene tutto.» rispose. In ogni caso, qualsiasi cosa avrebbe potuto volere, sicuramente lei non avrebbe saputo come cucinarla. All'improvviso sentì la nostalgia per i terayaki di suo padre, il ricordo dell'uomo gli fece dolere il petto. Si morse il labbro inferiore, sentiva molto la mancanza dei genitori.
Scosse la testa e si chinò per raccogliere il grosso sacco nero che aspettava sulla soglia, cercando di scrollarsi di dosso la tristezza prima che gli ormoni avrebbero potuto farlo scoppiare in lacrime.
Ma Mary si affrettò a raggiungerlo proprio mentre lo stava sollevando e lo fermò.
«Oh no, lascia che lo prenda io.» si offrì in fretta.
«Posso portarlo io. Non c'è problema.»
«Sarebbe meglio che tu non alzassi pesi nel tuo stato, caro» gli sorrise la donna con gentilezza e il sacco gli sfuggì dalle mani mentre il sangue gli si gelò nelle vene, la fissò a bocca spalancata.

𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora