La mattina seguente, Katsuki si svegliò al tocco delicato di dita sulla sua fronte.
«Hai le mani fredde, Shōto.» biascicò in giapponese senza aprire gli occhi, con la guancia affondata nel cuscino.
«Come sapevi che ero io?» chiese lui senza fermarsi.
«Le mani di Izuku sono sempre calde.» rispose candidamente, ancora troppo assonnato per realizzare pienamente le implicazioni di ciò che ha appena detto. Ma la risata che Shōto si lasciò sfuggire non tardò a ricordarglielo.
«Bastardo... me l'hai chiesto solo per sentimelo dire, non è vero?» esclamò, pungolandogli il fianco con il pugno chiuso senza troppa convinzione.
«Forse» sorrise lui, e Katsuki sbuffò.
«È già ora di alzarsi?» sembrava ancora troppo buio, non c'era un filo di luce nella stanza ed era quasi certo che le tende fossero aperte quando erano andati a letto.
«No, è presto. Dobbiamo essere in aeroporto tra tre ore, puoi dormire ancora un po'.» lo rassicurò con dolcezza lui, con tono morbido mentre faceva scorrere le punte delle dita tra i suoi capelli di seta.
Katsuki grugnì in risposta. «Ormai che mi hai svegliato non riuscirò più a prendere sonno.» si lamentò, aprendo gli occhi nella penombra della stanza. Il viso di Shōto era a pochi centimetri dal suo, per metà affondato nel cuscino. Aveva i capelli in disordine e il livido sullo zigomo si era fatto violaceo. Aveva un aspetto terribile, ma Katsuki non riuscì a non trovarlo attraente, persino in quelle condizioni.
«Perché sei già sveglio?» domandò sbadigliando, mentre intrecciava le gambe alle sue, facendo scorrere la pianta del piede lungo il suo polpaccio, in un gesto eccitante ed intimo al tempo stesso.
Lui si strinse nelle spalle. «Non riesco a smettere di pensare che questo non è solo un sogno. Che è reale, che ciò che è successo ieri notte è reale.» sussurrò e Katsuki distolse lo sguardo agitandosi appena tra le sue braccia, con i ricordi della sera prima che si facevano strada nella sua mente con prepotenza. Alle sue spalle, Izuku sospirò affondando il viso tra le sue scapole mentre si premeva contro la sua schiena e lui fu improvvisamente, completamente conscio del fatto che erano entrambi ancora nudi. Arrossì violentemente e cercò di ruotare i fianchi in modo che l'intimità calda e morbida di Izuku non premesse contro le sue natiche, ma con l'ingombro della pancia era praticamente impossibile e fu costretto a desistere.«Katsuki.» lo chiamò Shōto, distogliendolo dai suoi tentativi di allontanarsi dal moro.
«Che c'è?» sbottò, forse con un po' troppa irruenza.
«Te ne sei pentito?» la domanda sembrò cadere tra di loro come un macigno e c'era stato dolore nella sua voce, probabilmente pronunciare quelle parole gli aveva richiesto uno sforzo immane.
«Cosa? No!» esclamò in fretta, riportando gli occhi nei suoi. Ma non riusciva a sostenere il suo sguardo a lungo. Si morse il labbro inferiore, tormentando le lenzuola sotto di sé.
«Allora cosa c'è che non va?» insistette; era evidente che Katsuki fosse teso e che non fosse a suo agio, e voleva capirne il motivo.
«È solo che—» sospirò, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri, di dare un nome alle sue preoccupazioni. Cosa che già non era semplice di per sé, con il corpo caldo di Izuku premuto contro di lui, e i ricordi della notte precedente che si accavallano, era praticamente impossibile.
«Ieri, quando eravamo in corridoio dopo l'intervista, ricordi?» iniziò esitante e Shōto si prese un momento prima di annuire, incerto riguardo ciò a cui Katsuki si stesse riferendo.
«Izuku mi ha difeso quando Lava-Sensei ha detto quelle cose su di me...» proseguì, abbassando il tono di un'ottava, come se pronunciare quel nome gli facesse male. E Shōto contrasse la mascella con forza nel sentirlo. Ora non aveva più dubbi riguardo quale fosse il problema. «Ma quello che ha detto Lava...»
«Smettila di pensarci.« Lo interruppe immediatamente. «Cercava solo di farti innervosire.»
«Ma aveva ragione.»
«Non è vero. Niente di ciò che ha detto è vero.» La sua voce era ferma nel dirlo, dura. E Katsuki avrebbe voluto potergli credere, ma sapeva che stava solo mentendo a sé stesso.
«Era vero invece, era tutto vero! Lo sai tu e lo so io!» esclamò a voce troppo alta.
Si morse il labbro inferiore, trattenendo il fiato. Il silenzio calò per un secondo tra di loro, pesante e teso. Ascoltano entrambi il respiro regolare di Izuku, sperando di non averlo svegliato. Ma non ci sono cambiamenti nel ritmo lento con cui il suo petto si alzava e si abbassava contro la sua schiena.
«Izuku mi vede come una specie di bambino innocente da proteggere. Lo so, lo vedo da come mi guarda, da come mi tratta...» ricominciò. «Ma io non sono così...»
Sollevò lo sguardo per incontrare quello di Shōto. «Quello che ha detto Lava... aveva ragione, su tutto. Le cose che mi facevi... che mi fai... le cose che voglio... se Izuku le scoprisse-» la sua voce si affievolì fino a spegnersi.
«Hai paura che se sapesse cosa facciamo quando siamo soli, cambierebbe ciò che prova per te?» chiese Shōto in un sussurro e lui annuì. Fu un gesto secco, veloce, carico di apprensione che gli fece stringere il cuore.
«Oh Katsuki..» Shōto posò la mano sulla sua guancia, forzandolo a sollevare il viso. «Niente di ciò che facciamo potrebbe cambiare i sentimenti di Izuku verso di te.» affermò con sicurezza.
«Non puoi saperlo» mormorò lui «e se pensasse anche lui che sono un pervertito? Che sono disgustoso?»
«Non succederà. Sono sicuro che lui ti capisca più di quanto tu pensi.»
«Io non credo.» Insistette, allontanando il viso con uno strattone.
«Allora potremmo parlarne, insieme.»
«Con lui?» chiese con voce strozzata, come se Shōto gli avesse appena proposto di buttarsi nel vuoto senza paracadute, e la sensazione che provò alla bocca dello stomaco al solo pensiero di affrontare un tale discorso era esattamente quella.
«Sì, certo. Saremo una famiglia presto: se vogliamo che le cose funzionino tra di noi, dobbiamo lavorare insieme su questa relazione. Non voglio che ci siano altri malintesi, non voglio che tu ti senta in dovere di nascondere ciò che sei e neppure che lo debba fare lui.»
Katsuki soppesò le sue parole, aveva ragione e lo sapeva, ma la sola idea di affrontare un discorso simile lo spaventava. Aveva paura di aprirsi, l'aveva sempre avuta, ma ora si sentiva più vulnerabile che mai.
«Lo faremo con calma, non c'è nessuna fretta. Ma vorrei che tu riuscissi ad aprirti con Izuku e a fidarti di lui come hai fatto con me in passato.»
Anche lui lo avrebbe voluto. Lo avrebbe voluto davvero. Ma se poi si fosse ferito come era successo quando si era donato anima e cuore a Shōto?
«Ho paura.» era un sussurro appena udibile, che fece stringere il cuore a Shōto.
«Lo so. Ho paura anche io» rispose lui, sorprendendolo. «Ho talmente tanta paura di perdervi che mi sembra di soffocare» ammise e Katsuki lo guardò con lo stupore più totale dipinto in volto.
«Il nostro bambino sta crescendo dentro di te e siamo qui in questo letto insieme, ma-» spostò la mano verso la sua nuca con estrema lentezza, toccando la pelle sensibile nel punto in cui Katsuki avrebbe dovuto ricevere il marchio del suo alfa «-potresti andartene in qualsiasi momento. Potreste farlo entrambi.»
Katsuki lo guardò a bocca aperta, c'erano così tante emozioni sul suo volto, e nessuna di esse era positiva.
«Allora perché non ci hai ancora marchiati?» chiese in un sussurro, parlarne mentre le dita di Shōto strofinavano la pelle ipersensibile del suo collo rendeva tutto eccitante e al tempo stesso spaventoso.
Prima di scoprire di essere un omega, non aveva mai prestato particolare attenzione a quel punto, forse cercando inconsciamente di ignorare i segnali evidenti mandatigli dal suo corpo. Ma ora sembrava che tutto il suo intero universo gravitasse intorno ad esso e al desiderio bruciante di sentire i denti di Shōto affondarvi, e la paura di scoprire come sarebbe cambiato il suo mondo se lo avesse fatto.
«Perché non voglio legarvi a me in questo modo. Non voglio che siate costretti a rimanere al mio fianco per via di un marchio, di un legame puramente istintivo.» Allontanò la mano dal suo collo per portarla in basso, abbandonandola sul suo fianco, mollemente. «Voglio che restiate al mio fianco perché è ciò che desiderate, perché è ciò che volete davvero, non perché ve lo impone un marchio.»
«Io lo voglio davvero» sussurrò lui, arrossendo. «Stare con te intendo.» Erano stati insieme per anni, avevano condiviso cose che si vergognava persino ricordare, ma in tutto quel tempo, non si era mai spinto ad aprirsi così tanto. Ad ammettere di volerlo, e non solo per soddisfare le sue pulsioni più carnali. Era una strana sensazione, nuova e terrificante che lo riempiva di insicurezze.
Shōto sospirò. «Lo dici ora. Ma sei giovane, Katsuki. Cosa succederebbe se tra un paio d'anni ti stancassi di me? Se incontrassi qualcuno che desideri di più? Qualcuno che amerai più di me? Non posso non pensarci.»
Katsuki assottigliò gli occhi a due fessure. «Vuoi che ti faccia anche l'altro occhio nero?» sbottò minaccioso. «Credevo di essere stato abbastanza chiaro ieri notte quando ho detto che non avrei accettato di stare in una situazione incasinata come questa se non fosse ciò che voglio veramente!»
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𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDeku
FanfictionKatsuki Bakugō ha ormai venti anni e la sua vita è cambiata molto da quando il suo primo amore se n'era andato. Shōto Todoroki e Midoriya Izuku sono partiti verso l'America per scoprire il mondo oltre la loro città di periferia e vivere la loro stor...