«Vieni con noi» implorò Izuku. Aveva perso il conto delle volte che gliel'aveva già chiesto ormai, ma non voleva arrendersi.
«No. Te l'ho già detto e ripetuto.» Fu la risposta esasperata di Katsuki. «Sono enorme, sono stanco, mi fa male tutto e devo pisciare ogni cinque minuti. Non mi convincerai a farmi cinque ore in macchina con questo caldo.»
«Ti prego»
«No.»
«Ha ragione, Izuku, non è il caso. Starà bene qui.» Lo rassicurò Shōto, in attesa sulla soglia già da venti minuti buoni.
«Ma se dovesse succedere qualcosa, se dovesse avere bisogno di noi...»
«Non succederà niente! Ho abbastanza cibo per sopravvivere a un assedio di sei mesi, la tv e cosa più importante...»
«Il numero di cellulare dell'ostetrica!»
Katsuki lo fulminò con lo sguardo. «No. L'aria condizionata.»
«Oh.» Shōto cercò di trattenere le risate, vedendo l'espressione delusa sul volto di Izuku. «Ma ce l'hai il numero, giusto? Te l'ho lasciato in camera e l'ho scritto sul frigo..»
«Ce l'ho il numero.» sospirò, alzando gli occhi al celo con così tanta forza da sentire una stilettata dietro le orbite.
«Anche quello dell'ospedale?»
«Anche quello»
«E la borsa è pronta se dovesse succedere qualcosa?»
Katsuki ringhiò. «Shōto portalo via prima che lo strangoli.»
«Andiamo anata» lo prese per mano e lo trascinò verso la porta.
«Aspetta!» si dibatté lui, scivolando via dalla sua stretta per correre da Katsuki. Gli prese il viso tra le mani. «Ti prego, stai attento.» nei suoi occhi era palese tutta la sua apprensione e il profondo amore che provava per lui.
Katsuki annuì, un gesto secco, imbarazzato, e lui lo baciò, dolcemente e a lungo, imprimendosi nella memoria ogni secondo come se fosse l'ultima volta, prima di lasciarlo per seguire Shōto.***
La porta della stanza d'hotel sbatté con forza alle loro spalle, le braccia di Shōto erano attorno a lui, nel momento esatto in cui si ritrovarono finalmente da soli, lontani dagli sguardi famelici delle telecamere. Lo strinse a sé, affondando il volto nel suo collo. Sospirò pesantemente e Izuku si rilassò contro il suo petto, lasciando andare la tensione.
«Li odio.» mormorò contro la seta color perla del suo doppiopetto. Il profumo speziato, ricco e caldo dei suoi feromoni lenì la sua tensione istantaneamente. Due giorni. Erano arrivati nella capitale da due giorni e non avevano avuto un secondo di tregua.
Come prevedibile la stampa li aveva assaltati appena avevano messo piede fuori dall'auto, come fiere in attesa della preda.
Izuku aveva salutato la folla, uno dei suoi soliti sorrisi smaglianti sulle labbra, come se nulla fosse. Come se non fossero stati al centro di una bufera mediatica. E avrebbe potuto funzionare, se la situazione non fosse stata così drammatica. Le voci sulla loro relazione si erano diffuse alla velocità della luce, insieme alle speculazione sul genere secondario di Izuku. A tutto ciò si era sommata la notizia del ritiro di quasi tutti gli sponsor di Katsuki, e di buona parte dei suoi, e la conseguente ineluttabilità della fine delle loro carriere.
Era stato necessario l'intervento della sicurezza per permettergli di raggiungere l'edificio che ospitava la riunione quella mattina. E Izuku ringraziò il cielo che Katsuki avesse insistito così tanto per rimanere a casa, a Sapporo, al sicuro. Lo stress sarebbe stato troppo per lui.
«Lo so. Tre giorni e saremo di nuovo a casa.»
«Due. Non mi interessa il banchetto.» rimbeccò immediatamente.
«Dobbiamo andarci Izuku, lo sai..»
E lui gemette «è un eternità!» la nostalgia si era fatta strada nel suo petto subdolamente, divorandolo un pezzettino alla volta. Era stato difficile ignorarla mentre erano assediati dai giornalisti, era stato difficile ignorarla quando li avevano tempestati di domande su di lui, ed era praticamente impossibile ignorarla ora che era finalmente solo con Shōto. Si morse le labbra. Era come se una parte del suo cuore fosse rimasta a Sapporo.
«Ti manca?»
Si irrigidì immediatamente a quella semplice domanda, così innocua eppure così pericolosa.
«Izuku...» Shōto lo chiamò con quel suo tono cantilenante, strofinando il naso tra i suoi capelli, in un gesto infantile ed al tempo stesso affettuoso «Smettila di preoccuparti per questo. Smettila di cercare di nasconderlo, non ce n'è motivo, te l'ho detto»
Il suo cuore accelerò, mentre l'ansia ritornava. Non rispose, come avrebbe potuto? Nonostante avessero fatto pace e le cose fossero tornate quasi alla normalità tra loro, non aveva mai davvero avuto modo di chiarire quel particolare punto con Shōto. Non aveva mai avuto modo di parlare ed esplorare insieme a lui la profondità dei sentimenti che provava per loro, per lui e per Katsuki.
«Ehi, guardami.» Shōto gli portò un dito sotto il mento e lo forzò a sollevare il viso, con gentilezza «Guardami Izuku.» insistette, e nel timbro della sua voce ci fu una sottile vibrazione che rese il suo comando impossibile da ignorare per lui. Il suo istinto rispose al suo alpha immediatamente, accondiscendendo senza opporre resistenza. Il loro occhi si incontrarono e Izuku ebbe un fremito. Le iridi bicromiche di Shōto erano dolci, brillanti e colme di comprensione.
«Non devi nascondere quello che provi per lui, non con me.» Gli accarezzò una guancia con dolcezza «sapere che Katsuki ha un posto nel tuo cuore, mi rende felice. Vedo come lo guardi, come lo cerchi; e il modo in cui ti prendi cura di lui, ti preoccupi per lui, ed è meraviglioso.»
«Anche tu lo fai.» rispose lui in fretta. Shōto aveva fatto così tanto per Katsuki, e non solo per lui. «Ti prendi cura di entrambi, sempre, e metti la nostra felicità prima della tua...»
Shōto sbuffò una risata sarcastica «Vorrei fosse così. Ma purtroppo non lo è. La verità è che sono egoista, se guardo indietro ci sono così tante cose che cambierei, che farei in maniera diversa.» scosse la testa, ripensando alle scelte che aveva preso senza considerare i loro sentimenti, al modo in cui li aveva forzati l'uno verso l'altro, al modo in cui aveva trascinato Katsuki in America, sapendo perfettamente quali fossero i suoi sentimenti. «Non sono stato un buon compagno per te Izuku, come non lo sono stato per lui.»
Izuku posò un morbido bacio sulle sue labbra «Smettila. Se non fosse stato per te non saremmo qui, insieme. Se non fosse per te Kacchan ancora mi odierebbe.»
«Io non ho fatto niente. Sei stato tu a conquistarlo, con la tua dolcezza e la tua empatia. Tu lo capisci meglio di quanto io potrò mai fare. Il legame che vi unisce è incredibile, mi stupisce ogni giorno.»
Izuku arrossì, distolse lo sguardo mordendosi le labbra. Lo sapeva, lo sapeva benissimo. Lo sentiva anche lui, ogni volta che erano vicini, ogni volta che si guardavano o si sfioravano. Ogni volta che Katsuki lo cercava, e lui era lì, al suo fianco. L'affetto che provava per lui gli riscaldava il petto e lo faceva sentire felice, completo.
«Perché continui a cercare di nasconderlo Izuku?» domandò Shōto, accarezzandogli la guancia, cercando di attirare di nuovo il suo sguardo su di sé, per leggere nei suoi occhi quelle emozioni che non riusciva ad esprimere a parole.
«Perché non voglio tu pensi che io lo ami più di quanto amo te. Che lui sia più importante per me di quanto lo sia tu.» ammise, sforzandosi di esprimere quelle paure che lo stavano tormentando da mesi.
«Oh Izuku...» Shōto sospirò, un sorriso dolce gli distese le labbra «Non ha importanza cosa penso io...»
«Ne ha!» esclamò immediatamente «Ne ha per me!»
«Perché?»
«Perché tu sei stato il mio primo amore!» le sue guance si infiammarono, nonostante tutto, nonostante gli anni vissuti all'estero, l'intimità che aveva condiviso con Shōto, le innumerevoli volte in cui gli aveva confessato i suoi sentimenti, pronunciare quelle semplici parole aveva ancora un forte effetto su di lui. «Tu sei stato la prima persona che ho amato davvero, e quello che provo per te non sarà mai paragonabile a ciò ce provo per Kacchan. Ti amo, e questo non cambierà mai, anche se tu pensi che la mia sia solo ammirazione, anche se mi chiudi fuori dalla tua vita, anche se non ti fidi di me...»
La mascella di Shōto ebbe un guizzo e le sue iridi color del cielo si adombrarono «Izuku...»
«Lo so. Lo so, non devi parlarmene, non importa. Voglio solo...» si strinse nelle spalle cercando le parole, ma sembrava che niente fosse abbastanza per esprimere ciò che provava «Ti amo davvero.» ripeté, con enfasi, sperando che fosse sufficiente.
Shōto si avvicinò, gli prese il mento tra le dita e lo baciò a fior di labbra. «Ti amo anche io. E ti amo così egoisticamente da non essere riuscito a lasciarti andare neppure quando avrei dovuto farlo.»
E Izuku riuscì a sentirlo, nel suo tocco, nel tono della sua voce, nel modo in cui lo stringeva tra le braccia e riuscì a vederlo nei suoi occhi, quell'amore incondizionato, quell'amore che ancora non capiva appieno. Perché sì, Shōto avrebbe potuto lasciarlo, avrebbe potuto scegliere Katsuki, quello bellissimo, quello pieno di talento, quello che portava in grembo suo figlio, quello che gli avrebbe dato la famiglia che lui non avrebbe mai potuto dargli. Ma non lo aveva fatto. Era rimasto con lui. Contro ogni pronostico.
«Grazie per non averlo fatto.» sussurrò, stringendosi al suo petto.
E restarono così per un tempo interminabile, semplicemente stretti l'uno all'altro, confortandosi a vicenda, rinsaldando la fiducia nel loro amore reciproco. Shōto gli baciò i capelli, gli accarezzò la schiena, le sue mani fredde lo fecero rabbrividire.
«Mi manca... da morire.» ammise, il volto affondato tra le pieghe della sua camicia, lo sguardo perso in lontananza.
«Lo so, manca anche a me.» rispose lui, cullandolo dolcemente prima di scostarlo leggermente «Se ti vai a fare una doccia adesso, e prometti di dormire subito dopo, lo possiamo chiamare in videochat»
«Davvero?!» Izuku si illuminò alle sue parole. La sera prima Shōto gli aveva concesso solo una breve telefonata prima di costringerlo a letto, conoscendo fin troppo bene la sua difficoltà a prendere sonno in momenti stressanti come quello.
«Sì davvero» sorrise, e Izuku era già scomparso oltre la porta del bagno, nel tempo che gli era servito a pronunciare quelle parole.
Quando uscì dalla doccia, un asciugamano avvolto intorno alla vita e i capelli umidi pettinati all'indietro, Shōto era disteso sul letto, la schiena contro la testiera, le gambe ancora avvolte nei pantaloni eleganti accavallate, il telefono tra le mani. La giacca del completo giaceva abbandonata sulla poltrona sotto la finestra, ma indossava ancora camicia e doppiopetto. Quel doppiopetto color grigio perla, che si intonava così meravigliosamente bene ai suoi occhi.
Per un attimo Izuku restò incantato ad osservarlo. Ogni cosa in lui, dal modo in cui stava seduto, al modo in cui le sue labbra si muovevano mente parlava emanava sensualità. Una sensualità vibrante e maschile, che gli fece imporporare le guance e stringere il ventre.
Lo sguardo di Shōto guizzò su di lui e le sue labbra si incurvarono in un sorriso. «Eccoti, Katsuki stava diventando impaziente.» Diede un colpetto al materasso al suo fianco e lui si affrettò a raggiungerlo nel sentirgli pronunciare quel nome, incurante di essere praticamente nudo.
«Kacchan!» esclamò, la voce carica di sollievo, quasi non lo sentisse da mesi, mentre si arrampicava in grembo a Shōto, per riuscire a raggiungere la sua mano e voltare lo schermo del telefono nella sua direzione.
«Cristo, Deku, rilassati!» sbuffa lui, imbarazzato cercando di mascherare quel tuffo al cuore che aveva provato nel sentire l'entusiasmo nella sua voce. E distolse lo sguardo, nell'illusione che non si sarebbero accorti del rossore sulle sue guance non appena Izuku entrò nell'obbiettivo della videocamera.
Izuku sorrise, neppure minimamente offeso. Vedere il suo volto, seppure attraverso quello schermo che non gli rendeva minimamente giustizia, ma lo riempì di gioia. «Come stai? Va tutto bene lì? Ti senti solo?»
Katsuki sbuffò «Ah! Sentirmi solo? Non scherziamo, sto da Dio senza voi due rompipalle intorno tutto il giorno!» mentì. Mentì spudoratamente. Perchè mentire era l'unico modo per mantenere intatta quella maschera di sicurezza che si era calato sul volto. Perché gli mancavano, gli mancavano entrambi, così tanto che la notte si raggomitolava su se stesso, le ginocchia strette al petto, in quel nido di lenzuola e abiti che profumava di loro, e lasciava che le lacrime gli bagnassero le guance mentre si mordeva le labbra. E non poteva permettersi di ammetterlo, non poteva permettere che Izuku lo vedesse, doveva essere forte, per lui.
«E Satoshi il portinaio, mi porta il caffè fresco tutte le mattine!» continuò, distogliendo lo sguardo dallo schermo, incapace di sostenere il loro senza crollare.
«Sei riuscito a corrompere persino lui, sei incredibile.» commentò Shōto e la risata leggera di Izuku gli fece stringere il cuore.
«Sei già a letto?» gli sentì chiedere «è presto, sei sicuro di stare bene?»
No.
«Sì mamma, sto benissimo!» lo sfotté, il tono tagliente, sarcastico, come sempre. Ma la verità era che quel letto era l'unico posto in cui riusciva ancora a respirare, l'unico posto in cui la loro mancanza non gli schiacciava il petto fino a soffocarlo.
Il silenzio di dilatò tra di loro. Izuku lo osservò lasciarsi ricadere tra i cuscini e rotolare su un fianco. Il video tremolò e si stabilizzò inquadrando il suo viso d'angelo, semi affondato tra i loro vestiti.
«Mi manchi.» si ritrovò a dire, con voce carica di emozione, e Katsuki si sentì stringere la gola, le lacrime che premettero per uscire agli angoli degli occhi.
Si morse le labbra, cercò qualcosa da dire, una risposta tagliente, qualcosa che lo distraesse dall'ondata di solitudine e malinconia che lo stava travolgendo.
«Mi manchi anche tu.» sussurrò, mandando in frantumi tutti i suoi buoni propositi. «Mi mancate entrambi.»
Izuku gli sorrise dolcemente «Solo tre giorni.»
«Solo tre giorni.» ripeté lui. E sembrava un abisso di tempo infinito mentre si stringeva su sé stesso, su quel letto enorme e vuoto senza di loro.
«Saremo a casa prima che te ne renda conto Katsuki.» mormorò Shōto, e in quel momento, riuscì a farlo sentire un po' meno solo, un po' meno perso. «E quando torneremo non ti lasceremo uscire da quel letto per una settimana.» aggiunse, con voce bassa, languida, carica di sottointesi. E lui ci si aggrappò con tutte le sue forze, rendendosi conto che quello era ciò di cui aveva più bisogno.
«Davvero?» boccheggiò, spingendo la malinconia in un angolo profondo della sua mente. Forse poteva dimenticarsene per qualche momento.
«Oh sì, ci prenderemo cura di te.» continuò, abbassandosi a lasciare un bacio sulla spalla di Izuku, senza distogliere gli occhi dai suoi
«Perché sei così bravo, a stare a casa da solo, senza di noi, così coraggioso»
Katsuki sentì il petto gonfiarsi a quella lode e l'inguine tendersi. Le sue guance si tinsero di rosa mentre cambiava posizione tra le lenzuola, cercando sollievo. Era sempre stato così sensibile ai complimenti di Shōto, così debole.
«Ti piacerebbe Katsuki?»
«Sì» esalò, in un ansito basso e vibrante. Il suo corpo fremette, come se Shōto lo avesse sussurrato direttamente nel suo orecchio, e lui si aggrappò a quell'illusione, credendoci. Shōto era lì, con lui, non era solo.
«Ti stai toccando?»
Izuku fremette a quella semplice domanda, l'idea che Katsuki si stesse toccando nel loro letto gli fece stringere il basso ventre in maniera deliziosa. Ma Katsuki scosse la testa, gli occhi lucidi, brillanti attraverso lo schermo.
«Puoi toccarti mio tesoro» sussurrò Shōto, trascinando la mano libera lungo il petto di Izuku, pizzicando appena uno dei suoi capezzoli, facendolo gemere. E lui gemette all'unisono, in risposta a quel suono ovattato che ormai conosceva fin troppo bene.
«Shōto...» si lamentò Izuku, l'imbarazzo che gli imporporava le guance, ed in risposta lui gli baciò la spalla, la clavicola, il collo e poi quel piccolo punto appena dietro l'orecchio, che spediva brividi lungo la sua schiena, fino a fargli arricciare le dita dei piedi.
«Immagina che sia io a toccarti Katsuki, puoi farlo, va bene.» continuò «Sono lì con te,» un altro bacio, questa volta sulla mascella «le senti le mie mani su di te?»
Izuku fremette quando le dita di Shōto si posarono sulle sue togliendogli il cellulare dalle mani per appoggiarlo tra le lenzuola, abbastanza lontano da riuscire ad inquadrare il suo corpo interamente, e si sentì avvampare quando ritornò sulla sua vita, per privarlo dell'asciugamano, lasciandolo completamente nudo ed esposto, di fronte alla videocamera.
Stava per sollevare le ginocchia nel tentativo di coprirsi, ma l'ansito pesante che arrivò dal ricevitore lo face immobilizzare.
«Deku...»
Il suo nome rotolò fuori dalle labbra di Katsuki in un gemito che gli tolse il respiro.
«Sono qui Kacchan.» rispose, incapace di negarsi a lui «Siamo lì con te.» si corresse allungando un braccio, come se avesse potuto toccarlo. E le sue dita bruciarono per il bisogno di sentire la sua pelle morbida, liscia e calda.
Vide le mani di Shōto muoversi lungo il suo corpo, nella miniatura sfocata all'angolo dello schermo, giù, sempre più giù. Si sentì tendere all'altezza del basso ventre.
«Va bene?» era appena un sussurro nel suo orecchio «Se sei a disagio mi fermo.»
I suoi occhi erano ancora puntati sullo schermo, riusciva a vedere le guance rosee di Katsuki, il suo petto alzarsi e abbassarsi al ritmo dei suoi sospiri.
«No, va bene.» allargò le cosce, appena una frazione di più, rimarcando il suo consenso, grato che Shōto si fosse premurato di rimettere a lui a decisone. «continua.»
«Se vuoi che mi fermi devi solo dirlo.» insistette Shōto, e lui annuì. Un attimo dopo le sue dita fredde erano sulla sua erezione. Il gemito di Katsuki fece eco al suo. Riuscì ad intravedere la sua spalla muoversi, con lo stesso ritmo lento con cui la mano di Shōto si stava muovendo su di lui.
«Così Katsuki, bravo.» lo lodò e lui si tese, il respiro pesante. Ma il suo viso si contorse in una smorfia che era più vicina alla frustrazione che al piacere.
«Shōto...» piagnucolò agitandosi tra le lenzuola.
«Cosa c'è mio tesoro?»
Katsuki si morse le labbra.
«Se non mi dici cosa vuoi non ti posso aiutare.» lo spronò Shōto, con voce dolce come miele, e lui cedette, cedette miseramente.
«Non voglio venire così-» l'imbarazzo gli fece abbassare lo sguardo, ma il suo corpo stava bruciando e il bisogno era più potente della vergogna in quel momento.
«Dimmi cosa vuoi.»
L'ordine perentorio, pronunciato con quel tono suadente e caldo, da alpha, fece gemere entrambi. Izuku si contorse contro di lui, spingendosi indietro verso il suo bacino, alla disperata ricerca di sollievo.
«Il...il mio sedere..» biascicò Katsuki, il viso affondato nella manica di un vecchio maglione di Shōto, che sapeva ancora così tanto di lui.
Shōto sorrise, e Izuku riuscì a sentire la sua erezione fremere, contro le sue natiche, ancora costretta nei pantaloni d'alta sartoria, che dopo quella sera sarebbero stati inutilizzabili.
«Puoi usare uno dei tuoi giochi.» concesse e gli occhi di Katsuki si spalancarono. Scattarono da lui a Izuku, e la tensione si fece evidente nelle sue spalle.
Da quando erano tornati in Giappone non avevano mai davvero avuto modo di esplorare quella parte della loro vita amorosa. Izuku era stato curioso, ma al tempo stesso l'idea di scoprire fino a che punto si spingessero le fantasie del suo compagno lo spaventava. Ma ora, vedendolo disteso tra quelle lenzuola, lo sguardo incerto puntato nel suo, non poté fare altro che donargli un piccolo cenno d'incoraggiamento, confermando ancora una volta che lo accettava, per ciò che era, senza remore.
Il telefono cadde faccia in giù e lo schermo si fece nero mentre Katsuki si affrettò giù dal letto. Si sentì il rumore di cassetti che venivano aperti e chiusi e il rovistare di mani in sottofondo, prima che il video si stabilizzasse di nuovo sul volto congestionato di Katsuki.
«Cos'hai scelto? Mostramelo.» ordinò Shōto, e lui si agitò sul posto, senza cambiare l'angolazione del cellulare «Katsuki.» insistette Shōto dolcemente e lui si morse il labbro, inquadrando un oggetto dal colore brillante, un turchese tendente al celeste, fin troppo simile alla iride destra di Shōto. Izuku arrossì fino alla punta delle orecchie vedendo il grosso dildo di silicone, la cui base si allargava ad imitare il knot di un alpha.
E il "no" secco di Shōto lo fece sobbalzare.
«Perché?» si lamentò Katsuki «Hai detto che potevo usarlo!»
«Non quello. È passato troppo tempo dall'ultima volta che hai preso il mio knot, ti faresti male.» Spiegò con calma, ma il suo tono non ammetteva repliche.
«No, posso prepararmi da solo, so farlo, lo sai!»
«Katsuki, no. Scegli qualcos'altro. O vuoi forse che scelga io per te e ti faccia usare quello rosa?»
Il viso di Katsuki si deformò in una smorfia infastidita al pensiero del più piccolo dei suoi giochi, il primo che Shōto aveva comprato per lui, per abituarlo a quell'intrusione in maniera graduale, molti anni prima.
«No.»
Izuku ascoltò in silenzio il loro scambio di battute, affascinato dal modo in cui Katsuki cercasse di ribattere ma alla fine si sottometteva agli ordini di Shōto. Lo osservò scivolare via dal letto per la seconda volta e fare ritorno con un oggetto diverso, decisamente più piccolo e meno sgargiante del precedente, ma dalla forma più realistica, e forse per quello, doppiamente imbarazzante.
«Meglio.» concesse Shōto «Hai il lubrificante?»
Katsuki avvampò, si morse le labbra «Non mi serve» sussurrò, così piano che lo sentirono a malapena.
«Katsuki...»
«Davvero Shōto, non mi serve.» insistette, e il rossore sulle sue guance fu sufficiente a dire a Shōto tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Izuku sentì il suo petto vibrare contro la sua schiena e il suo basso ringhio d'eccitazione risuonargli nelle orecchie mentre armeggiava con la cintura, per poi slacciarsi i bottoni dei pantaloni.
«Mostrami.»
Katsuki si agitò «è imbarazzante.» balbettò «non... è mai stato così.» ma obbedì comunque. Si adagiò sulla schiena lasciando il telefono tra le ginocchia e Shōto gemette, vedendo il liquido trasparente e vischioso che gli bagnava le natiche, raccogliendosi in una macchia umida sulle lenzuola sotto di lui, quasi fosse in calore.
«Dio... sono enorme!» commentò Katsuki, sconcertato, osservando l'immagine riflessa del suo ventre rotondo, reso ancora più prominente dalla strana angolazione del telefono.
«Sei bellissimo.» fu Izuku a dirlo, e lo fece fremere, per l'intensità con cui pronunciò quelle due semplici parole, e lo fece sentire esattamente così, bellissimo, nonostante la sua pancia enorme, nonostante le sue cosce bagnate e il suo corpo piegato in quell'angolazione bizzarra, per nulla attraente. «Vorrei essere lì con te» aggiunse, il suo membro teso si contrasse con forza, e all'improvviso le mani che lo stavano toccando non erano più quelle di Shōto, ma quelle calde e dolci di Izuku. Socchiuse le palpebre e le lasciò scorrere lungo le cosce, sull'inguine, contro la sua apertura. Gemette.
«Così, Katsuki, mostrami come ti prepari per me.» sussurrò Shōto, e le sue mani ebbero un fremito, fece pressione e la sua apertura lo accolse senza resistenza, aprendosi per lui come avrebbe fatto per Shōto, bagnata e calda.
Le sue dita erano più corte e più sottili, ma riuscì a trovare quel punto speciale in profondità dentro di sé senza difficoltà, ed in pochi minuti stava ansimando, contorcendosi tra le lenzuola, lasciandosi guidare dalla voce di Shōto, che gli sussurrava come toccarsi e quando fermarsi.
«Shōto... ti prego.» implorò quando diventava troppo, spingendo i fianchi in alto, gli occhi chiusi, come se lui fosse davvero lì, al suo fianco, caldo e teso e duro, pronto a farlo suo. Gemette al pensiero di averlo dentro e i suoi muscoli si contrassero con forza, involontariamente, attirando le sue dita più in profondità, esattamente contro la sua prostata. «Ooh... ti prego!!»
«Prendi il tuo gioco Katsuki.» ordinò Shōto e lui obbedisce. Ansimò quando ritrasse le dita, sentendosi vuoto e freddo e solo, e sia Shōto che Izuku riuscirono a vedere lo sconforto sul suo volto.
«Siamo lì con te Katsuki.» mormorò Izuku dolcemente, il petto dolente per quanto avrebbe voluto che fosse vero, invece che una mera illusione.
Katsuki gemette premendo il dildo contro la sua apertura con foga, forzandolo all'interno. Era freddo e sterile, e per un secondo parve amplificare quell'abisso di solitudine nel suo petto. Non voleva quello, voleva loro, voleva Shōto, voleva Izuku e i loro corpi caldi su di lui. Un piccolo singhiozzo gli sfuggì dalle labbra.
«Piano Katsuki..» lo riprese Shōto, con voce dolce, frustrato esattamente quanto lui nel non poter essere al suo fianco. Sapere che il suo omega, incinto, era a centinaia di chilometri di distanza era stata una fonte di stress enorme in quei due giorni, vedere il disagio sul suo volto in quel momento, lo colpì direttamente in pieno petto, come una coltellata. «Piano mio tesoro, così..»
Katsuki si rilassò, mentre Shōto continuava a sussurrare parole dolci, e si lasciò guidare dalla sua voce. Trovò un ritmo lento di affondi e ritirate, che in poco tempo gli fece inarcare la schiena e invocare i loro nomi, con la stessa intensità con cui Izuku chiamava il suo, mentre Shōto si spingeva tra le sue cosce.
«Oooh» ansimò quando colpì la sua prostata, che aveva evitato con scrupolo fino a quel momento, e piccole scintille di piacere si irradiarono nel suo corpo.
«Sei vicino?» la voce di Shōto era carica di eccitazione mentre lo guardava darsi piacere da solo, raggomitolato tra i loro vestiti.
Katsuki non rispose, premette ancora un paio di volte contro quel punto speciale, gli occhi serrati, costringendosi a pensare che quello dentro di lui era Shōto, che la mano che scorreva tra i suoi capelli, lungo il suo petto, che pizzicava uno dei suoi capezzoli, era quella di Izuku.
Inarcò la schiena, spingendosi in basso, gemendo lascivamente.
«Katsuki» il suo nome pronunciato come un ordine perentorio del suo alpha lo riportò alla realtà. Sbatté le palpebre e annuì, lanciando uno sguardo allo schermo tra le sue gambe.
«Sì» gemette incapace di fermarsi, nonostante l'incantesimo si fosse spezzato. «Voglio vedervi.» pigolò improvvisamente, sentendo il bisogno di vedere i loro volti travolgerlo mentre il calore si accumulava nel suo ventre.
Shōto si allungò sulle lenzuola, afferrò il telefono e lo posò sul cuscino, di fronte al viso di Izuku, e lui fece lo stesso. Rotolò sul fianco portando l'apparecchio più vicino, così vicino che il suo respiro si condensava sullo schermo, offuscandolo per un secondo. Non aveva bisogno di vedere i loro corpi intrecciati per sapere che stavano per raggiungere l'apice insieme. In quel momento aveva bisogno di guardare nei loro occhi, di sentirli vicini.
Spinse il suo gioco in profondità quando il viso di Izuku comparve nel video, le guance arrossate, i capelli disordinati attaccati alla fronte, le labbra stese in un sorriso agrodolce.
«Ehi» lo sentì sussurrare stupidamente, come se si fossero appena ritrovati, e il suo cuore mancò un battito.
«Ehi» si ritrovò a rispondere, stringendosi al petto una delle sue felpe, inconsciamente.
«Mi manchi così tanto Katsuki» ammise lui, il cuore a mille, e vide una piccola lacrima scivolare lungo la sua guancia, spezzandogli il cuore.
Shōto ringhiò alle sue spalle, spingendosi con più forza contro di lui, spinto dalla disperazione. L'istinto gli gridò di tornare indietro, di riunire i suoi omega, di renderli felici, di fare qualsiasi cosa in suo potere per cancellare la loro sofferenza. Ma la parte razionale della sua mente gli ricordava che non c'era nulla che potesse fare in quel momento, nulla se non guidarli insieme verso il piacere, in quella maniera che era solo una misera consolazione.
Avvolse le dita attorno all'erezione tesa di Izuku, accarezzandolo con movimenti veloci.
E lui gemette, spingendosi nella stretta della sua mano chiusa a pugno, rincorrendo quel piacere che sentiva crescere nel ventre.
«Shōto!» uggiolò Katsuki, attraverso il vivavoce.
«Sono qui, va tutto bene, puoi venire Katsuki.» lo incoraggiò, e lui accolse le sue parole con un singhiozzo di sollievo, lasciandosi andare. Il piacere si infranse su di lui come onde sugli scogli, facendolo arricciare contro il materasso.
Izuku gemette, ammaliato dalla bellezza del suo orgasmo, come ogni singola volta, e lo seguì poco dopo, liberandosi nella mano di Shōto nel momento esatto in cui sentì il suo rilascio caldo schizzare tra le sue natiche.
La stanza si riempì dei loro respiri pesanti, mentre cercavano di riprendere fiato, ancora stretti l'uno all'altro. Shōto si spostò per primo, cercò di alzarsi per finire di spogliarsi e prendere un asciugamano con cui ripulire entrambi, ma Izuku lo trattenne a sé.
«No, non andare. Resta.» e lui restò. Cercò una posizione più confortevole e avvolse entrambi nella coperta, incurante del fatto di star ancora indossando camicia e doppiopetto. Se Izuku lo voleva al suo fianco, non si sarebbe mosso di un solo centimetro.
«Stai bene Katsuki?» chiese dolcemente, sporgendosi oltre la sua spalla, e lui annuì lentamente, le palpebre socchiuse nella beatitudine del momento che seguiva l'orgasmo. «Bene, cerca di dormire ora.»
«Aspetta!» i suoi occhi si spalancarono improvvisamente «non chiudere!»
Shōto esitò sorpreso, ma ritrasse la mano che aveva già allungato per premere il tasto rosso.
«Aspetta che mi addormenti» aggiunse, in un sussurro appena udibile, in un misto di imbarazzo e malinconia.
«Va bene, restiamo qui con te» sorrise Shōto e Izuku annuì, non vuole mettere fine a quella chiamata neppure lui «Dormi mio tesoro»
Katsuki si rannicchiò su sé stesso, e chiuse gli occhi, le mani strette attorno ai loro vestiti, e si addormentò lasciandosi cullare dall'illusione che i suoi compagni fossero lì con lui, prima che la solitudine potesse farsi di nuovo largo nel suo cuore.
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𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDeku
FanfictionKatsuki Bakugō ha ormai venti anni e la sua vita è cambiata molto da quando il suo primo amore se n'era andato. Shōto Todoroki e Midoriya Izuku sono partiti verso l'America per scoprire il mondo oltre la loro città di periferia e vivere la loro stor...