Partire il giorno successivo fu per Izuku più difficile di quanto avrebbe mai immaginato. La consapevolezza che questa volta era un addio e non un arrivederci gravava sul suo cuore come un macigno, mentre se ne stava in piedi nel piccolo ingresso dell'appartamento, fronteggiando la sua famiglia.
Stella fu la prima a farsi avanti: ostentò la sua solita aria disinteressata, ma lo strinse in un abbraccio silenzioso che valse più di mille parole.
Non aveva fatto domande quando le aveva detto che sarebbe andato a vivere in Giappone con Shōto e Katsuki. Non aveva cercato di dissuaderlo né di farlo sentire colpevole nell'abbandonare i suoi genitori e la sua famiglia.
"Se è quello che davvero vuoi, ti auguro di essere felice" erano state le sue uniche parole. Una semplice frase che aveva avuto il potere di alleggerire il peso nel suo petto, e dargli quella sicurezza di cui aveva disperatamente bisogno.
Quando si separano, il compagno di sua madre fu il secondo ad avvicinarsi. Ci fu un momento di esitazione tra loro, si scambiarono un sguardo incerto. Avevano sempre avuto un buon rapporto, ma essendo lui un alfa e Izuku un omega, nel corso della vita avevano imparato entrambi a limitare i contatti fisici e la vicinanza al minimo indispensabile. Questo non aveva mai fatto sentire Izuku meno amato, ma in quel momento lo percepì come uno scoglio tra loro. Sapeva che si sarebbero rivisti. Sapeva che sarebbe tornato, ma questo non cambiava il fatto che dentro di sé gli sembrasse di star partendo per un viaggio senza ritorno e che questo fosse l'ultimo addio, l'ultima occasione di abbracciare quell'uomo che gli aveva fatto da padre dal primo momento in cui si erano conosciuti, che si era sacrificato per non fargli mancare mai niente. E Toshiba sembrò provare le stesse emozioni, perché in un attimo annullò la distanza tra di loro e lo strinse a sé in un breve ma intenso abbraccio, carico di amore paterno, che gli scaldò il cuore.
«Ricorda a Shōto che se ti farà soffrire, dovrà vedersela con me.» mormorò contro la sua spalla facendolo ridacchiare, prima di lasciarlo andare.
«Non ce ne sarà bisogno.» lo rassicurò lui, sorridendo. E sapeva che sarebbe andata così. Poteva sembrare utopistico, una fantasia da adolescente, ma dentro di sé sapeva che Shōto avrebbe fatto di tutto per non ferirlo, per renderlo felice e far funzionare quella loro complicata relazione.
«Tu fallo.» insistette suo padre, facendosi da parte perché Inko potesse salutarlo.
Sua madre sorrise mentre si avvicinava, ma lui riusciva a vedere il dolore nei suoi occhi. Il dolore di una madre che doveva dire addio al figlio per l'ennesima volta, senza sapere quando avrebbe avuto di nuovo modo di rivederlo.
Allargò le braccia, come faceva quando lui era bambino e tornava da una dura giornata di scuola, costellata di scherno e isolamento, e Izuku si ritrovò ad affondare il viso nella sua spalla, lasciandosi avvolgere dal suo calore, bisognoso più che mai di sentire le sue braccia intorno a sé, calde, morbide e confortanti, esattamente come quando era piccolo. E fu così che si sentì stretto a lei: un bambino, piccolo ed indifeso, impreparato ad affrontare le sfide che il futuro aveva in serbo per lui. Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi.
«Non essere triste, questo non è un addio.» lo rassicurò lei, percependo la sua stretta farsi più intensa. «Ci rivedremo presto.» aggiunse accarezzandogli i capelli con amore e lui ingoiò un singhiozzo, ammirando il suo coraggio nel mostrarsi forte e rassicurante anche in un momento simile, in cui avrebbe avuto tutto il diritto di lasciarsi andare alla malinconia. Avrebbe potuto piangere. Avrebbe potuto cercare di farlo restare. Invece aveva sempre solo pensato a ciò che era meglio per lui, a ciò che lui voleva. E Izuku sapeva che non le sarebbe mai grato a sufficienza per questo.
Annuì contro la sua spalla, prima di farsi indietro. Sua madre gli sorrise, gli accarezzò una guancia cancellando quell'unica lacrima che era riuscita a sfuggire al suo controllo, per poi spostare lo sguardo su Shōto.La sera precedente, Izuku avrebbe voluto restare in camera dopo la sua confessione e le emozioni dolorose che era stato costretto a rivivere, ma Shōto lo aveva convinto ad essere presente per la cena. Quello sarebbe stato uno degli ultimi pasti che avrebbe condiviso con la sua famiglia prima della partenza ed era certo che Izuku non avrebbe voluto perderselo.
Ma nel momento esatto in cui aveva varcato la soglia della sala principale, era stato evidente che sua madre si era accorta del suo cambiamento. I suoi occhi esperti erano saettati da lui a Shōto a Katsuki e viceversa.
«Gliel'hai detto?» aveva chiesto, a metà tra la sorpresa e lo sgomento, e lui aveva annuito mestamente.
«Dovevano saperlo. Shōto doveva saperlo.» aveva sussurrato, così piano che la sua voce si era quasi persa nella stanza.
Lo sguardo di Inko si era fatto duro mentre scivolava nuovamente in alto, per incontrare le iridi policromatiche di Shōto.
«Questo non cambia niente.» aveva affermato lui immediatamente, senza la minima esitazione «Amo Izuku per la persona meravigliosa che è, per il suo talento, per il suo modo di affrontare la vita, non per ciò che può o non può darmi.» aveva aggiunto, posando la mano sul suo fianco, in un gesto dolce e possessivo al tempo stesso.
Il volto di Inko si era aperto in un sorriso carico di sollievo. Si era sporta verso di lui, sollevandosi appena in punta di piedi per riuscire a posare una mano sulla sua guancia, in una carezza materna e amorevole. Esattamente come stava facendo in quel momento.
«Abbi cura di lui.» mormorò, strofinando appena il pollice contro la pelle lucida dello zigomo di Shōto, deturpata dalla cicatrice che si intravedeva tra i capelli.
«Lo farò.» annuì lui, un sorriso genuino sulle labbra.
«E abbi cura di Katsuki-Chan.» aggiunse voltando il viso verso il diretto interessato, facendolo sobbalzare.
«Posso prendermi cura di me stesso da solo.» rimbrottò lui, incrociando le braccia al petto, sopra il ventre prominente, determinato a non lasciarsi toccare da quell'addio dolceamaro.
«Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi, Katsuki-Chan.» gli fece notare con gentilezza, lasciando Shōto per avvicinarsi a lui e posargli una mano sulla guancia, esattamente come ha fatto con l'altro. E Katsuki avrebbe voluto tirarsi indietro, schiaffeggiare via quella mano estranea e risponderle con un commento tagliente. Lo avrebbe fatto di sicuro con chiunque. Chiunque altro. Ma non con lei.
«Devi solo imparare a far entrare gli altri nel tuo cuore e capirai quanto può essere bello lasciarsi andare, lasciarsi amare.» mormorò dolcemente, spostando la mano dal suo viso al suo petto, proprio sopra il suo cuore, e lui percepì un brivido, un formicolio sottopelle che si diffuse dentro di lui, agganciandosi direttamente alle sue instabili emozioni. E in un secondo era in lacrime, singhiozzante, sotto lo sguardo sorpreso di tutti.
«Maledetti ormoni!» esclamò, cercando di asciugarsi le guance con la manica della felpa come meglio poteva, sapendo che probabilmente ora gli sarebbe stato impossibile smettere di piangere per i successivi dieci minuti. Odiava quel turbinio di emozioni che sentiva dentro da quando aveva scoperto di essere in dolce attesa. Odiava la facilità con cui chiunque riusciva a far breccia dentro di lui, portando a galla quelle fragilità che aveva sempre fermamente nascosto al mondo intero.
«Oh, vieni qui!» sorrise Inko, trascinandolo tra le sue braccia, ignorando le sue proteste, con un sorriso divertito sulle labbra e lo sguardo pieno di affetto per quel ragazzino che aveva imparato ad amare come un figlio in quel breve periodo. Lo cullò contro il suo petto come se fosse stato un bambino, accarezzandoli i capelli finché il suo corpo non si rilassò, finché i singulti non si trasformarono in lievi singhiozzi e le lacrime non si asciugarono sulle sue guance.
«Sarò sempre qui, se avrai bisogno di me.» mormorò, allontanandolo abbastanza da riuscire a guardarlo negli occhi, e lui annuì seccamente, ricacciando indietro l'emotività indotta dagli estrogeni per ritrovare un minimo di compostezza. Aveva conosciuto la vera Inko appena qualche mese prima, ma in quel breve periodo quella donna gli aveva dato più di quanto avesse mai potuto chiedere. Gli aveva ridato una madre. Gli aveva fatto conoscere di nuovo la gentilezza, l'amore e il calore di una mamma, l'affetto di una famiglia, la sicurezza di sentirsi accettato per ciò che era, semplicemente, senza remore, senza restrizioni. Sentì gli occhi pizzicare di nuovo e il labbro inferiore iniziare a tremolare pericolosamente.
«Andiamocene, prima che mi rimetta a piangere.» sbottò voltandosi, dando le spalle a quel luogo che non avrebbe mai pensato potesse regalargli così tanto, senza chiedere nulla in cambio.
Shōto sorrise, divertito e al tempo stesso commosso da quei suoi imprevedibili momenti d'emotività, mentre si chinava ad afferrare la sua valigia e quella di Katsuki per seguirlo oltre le porte d'ingresso.
Izuku si concesse ancora un secondo con la sua famiglia, prima di seguirli fuori nella fresca aria della sera.
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𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDeku
FanfictionKatsuki Bakugō ha ormai venti anni e la sua vita è cambiata molto da quando il suo primo amore se n'era andato. Shōto Todoroki e Midoriya Izuku sono partiti verso l'America per scoprire il mondo oltre la loro città di periferia e vivere la loro stor...