𝕏𝕏𝕍𝕀. 𝙷𝚘𝚖𝚎 (𝟸)

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Sì. Era finalmente di nuovo a casa.
Katsuki si guardò intorno. Lì tutto odorava di Shōto, e non della colonia costosa che comprava nella boutique a pochi isolati dal suo appartamento, o dello shampoo anticaduta che si ostinava ad usare nella speranza di arrestare la progressiva ritirata dell'attaccatura dei capelli. No. Quel luogo profuma di lui: dell'odore speziato e pungente della sua pelle, del muschio dei suoi feromoni e di nessun altro. Non c'era nient'altro ad intromettersi, nessun profumo estraneo che non riconoscesse, nessuna traccia di sconosciuti senza volto come invece era in America.
Katsuki si ritrovò ad inspirare a fondo, a pieni polmoni, gli occhi socchiusi e le narici frementi. Camminò verso il divano in silenzio, dimentico della fatica e del sudore che gli si asciugava addosso. Sfiorò il tessuto dello schienale del divano con dita tremanti, vi girò attorno, afferrò un cuscino e ci affondò il viso, ad occhi chiusi. L'odore di Shōto gli scivolò in gola, denso, intenso, caldo e rassicurante. Odore di alpha. L'odore del suo alpha.
Le emozioni lo travolsero repentine. Per la prima volta dopo mesi, si sentiva al sicuro, protetto. Lì nessuno gli avrebbe fatto del male, nessuno lo avrebbe toccato, niente avrebbe potuto nuocere né a lui né al suo bambino. Allentò la presa sul cuscino, che gli scivolò di mano rimbalzando sul divano per poi cadere a terra, e in un secondo stava correndo verso la camera da letto. Spalancò la porta e venne investito ancor di più dal profumo intenso di Shōto. Nonostante fossero passati così tanti mesi, quella stanza sapeva ancora di lui. Di loro.
Il suo corpo fremette, mentre i recettori olfattivi captavano la blanda scia dolce lasciata dalla sua pelle su quel materasso, tra quei cuscini. Sentì il suo cuore accelerare i battiti. Ora se ne rendeva conto. Ora riusciva a percepirlo. Quel luogo gli apparteneva. Era suo, era loro. Lì non era entrato nessun altro. Neppure Izuku.
Si ritrovò a lanciarsi tra le lenzuola come un bambino. Si lasciò cadere di schiena, affondando nel soffice materasso ergonomico in lattice, così comodo, così grande e spazioso, così diverso da quello su cui aveva dormito fino alla notte precedente.
Rotolò sul fianco, arricciandosi su se stesso, il viso affondato nelle lenzuola.
Sapevano di bucato, sapone d Marsiglia e polvere. Storse il naso. Shōto doveva averle cambiate prima di lasciare il Giappone. Le calciò via con forza, rovistando fino a portare alla luce il materasso al di sotto. I cuscini scivolano a terra, uno urtò una lampada facendola cadere con clangore, ma non se ne curò minimamente mentre strisciava sotto il lenzuolo, il naso premuto contro il lattice alla ricerca del punto in cui l'odore era più forte, dove Shōto aveva dormito ogni notte, per anni, senza rendersi conto che non era più solo nella stanza.

«Che diamine-» sbottò Shōto, facendo un passo verso il disastro che Katsuki stava combinando sul letto, ma una mano lo trattenne con fermezza.
«Aspetta.» Izuku era immobile al suo fianco, con lo sguardo fisso sulla figura acciambellata tra le lenzuola.
«Ma-»
«Shh!» lo zittì, forse in maniera un po' troppo rude, e lui aggrottò le sopracciglia sorpreso. Era davvero raro che Izuku trovasse il coraggio di parlargli in quel modo, di imporsi su di lui. E sinceramente, non ne capì il motivo. Anche se qualcuno attimo divenne lampante.
Dal mucchio disordinato di lenzuola che era diventato il suo letto proveniva un lieve suono ritmico e regolare che per qualche motivo, il quale non riusciva assolutamente a spiegarsi, aveva il potere di farlo rilassare all'istante.
Si voltò verso Izuku, la sorpresa e la confusione palesi nel suo sguardo. «Fusa?»
Izuku annuì, con un largo sorriso divertito sulle labbra. «Deve essere davvero incredibilmente felice di essere tornato qui.»
«Vuoi dire che... è Katsuki a farlo? Katsuki... Katsuki? Il nostro Katsuki?»
Lui si lascia sfuggire una leggera risata. «Kacchan, sì.» confermò, godendosi la sorpresa sul volto di Shōto e quel "nostro" pronunciato al plurale, che gli scaldò il cuore. «Non sapevi che gli omega potessero fare le fusa quando si sentono davvero al sicuro e felici?»
«No!» esclamò, voltandosi di nuovo verso il disastro che era diventato il suo letto. «Assolutamente no!»
Izuku aggrottò le sopracciglia, scettico. «Devono avertelo detto a scuola, di sicuro.»
«Non ero poi così attento a lezione»
Ecco. Quello spiegava molte cose. Shōto si avvicinò con cautela al letto come fosse attratto da quel suono, ma appena posa un ginocchio sul materasso calò immediatamente il silenzio.
«Oh no! Ha smesso!» si lamentò, guardando indietro verso Izuku.
«Lo hai distratto» rispose lui, avvicinandosi a sua volta.
«Non era mia intenzione.»
Rovistò tra le lenzuola, cercando di trovare un'apertura in quel bozzolo di seta d'importazione color grigio perla, e quando finalmente riuscì a scoprire Katsuki, restò basito.
Il suo volto era rilassato, aperto in un'espressione serena, gli occhi socchiusi, lo sguardo languido, le sopracciglia solitamente aggrottate distese in una linea morbida.
«Cosa c'è?» sussurrò con tono soffice, senza la minima nota di minaccia nella voce, e Shōto si ritrovò quasi ad indietreggiare, senza parole. «Perché mi sento così?» aggiunse, rotolandosi sul fianco, distendendo e raccogliendo le gambe come avrebbe fatto un gatto al sole, mentre strofinava il viso contro il materasso, incapace di trattenersi.
«Perché sei nel posto in cui ti senti più al sicuro.» sorrise Izuku, rimanendo fermo in piedi, a lato del letto, sapendo per esperienza che non sarebbe stata una buona scelta sedervisi in quel momento. E infatti nel momento esatto in cui Katsuki lo mise a fuoco, il suo sguardo si indurì e un sibilo d'avvertimento gli uscì dalle labbra, sotto lo sguardo stupito di Shōto.
«Sembri davvero un gatto. Prima le fusa e adesso questo?» esclamò sorpreso, inclinando la testa di lato. «Devo aspettarmi che ti spuntino anche le orecchie?»
«Di che diamine stai parlano?» sbottò lui, senza distogliere lo sguardo da Izuku, che aveva alzato le mani in segno di resa, mostrandosi inoffensivo senza però indietreggiare, non volendo apparire debole di fronte a lui.
«Come di cosa sto parlando? Stavi facendo le fusa fino ad un secondo fa, come un gatto!» gli fece notare Shōto, ancora sconvolto dall'intera situazione. E quello fu sufficiente a spingerlo a distogliere lo sguardo da Izuku per puntarlo nel suo.
«Io cosa?»
«Facevi le fusa, Katsuki, come un gatto. Hai presente?»
«Non prendermi per il culo!» esclamò, mettendosi a sedere di scatto.
«Non ti sto... perché mai dovrei inventarmi una cosa del genere?!« rispose Shōto, spalancando le braccia in un gesto a metà tra lo sconcerto e l'esasperazione.

𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora