Nei giorni seguenti il malumore di Shōto non sembrò migliorare. Per la prima volta, Izuku si ritrovò ad essere ignorato. Neppure quando Katsuki era ricomparso nelle loro vite, Shōto lo aveva ignorato in quel modo. Persino allora gli aveva sempre dedicato attenzioni, che fosse una carezza rubata o un sorriso appena svegli al mattino, ma allora gli stava riservando il più brutale dei silenzi, trattandolo come se non esistesse.
Il suo volto era costantemente corrucciato, le spalle tese, lo sguardo oscurato, cupo. E Izuku non poté fare a meno di sentirsi in colpa, perché in gran parte, se Shōto era in quelle condizioni era merito suo, suo e della sua smania di ficcare il naso nel suo passato, in cose che non lo riguardavano.
«Io esco.» la voce di Shōto proveniente dall'ingresso lo fece voltare.
«Ma la cena è quasi pronta!» gridò Katsuki, sporgendosi sull'isola che divideva la cucina dal salotto, brandendo il mestolo sporco di sugo come fosse un'arma medievale, il grembiule ancora indosso e i capelli appuntati all'indietro con forcine disordinate.
«Mangerò più tardi.» Shōto si infilò il soprabito sulla camicia preferita di Izuku, quella nera che gli metteva in risalto gli occhi e gli donava un'aria così elegante, così sofisticata.
«Ma...»
La porta sbatté dietro di lui, con un tintinnio di chiavi e Katsuki restò impalato sul posto, la bocca ancora aperta a metà della sua protesta. Ringhiò offeso, buttando il mestolo nel lavello con violenza.
«Glielo do io il dopo! Non troverà un cazzo quando tornerà!» sbraitò, buttando in pentola le ultime due carote prima di sbattere i piatti sul tavolino del salotto.
«Non mangiamo a tavola?» gli chiese Izuku, il braccio sollevato a mezz'aria nell'intento di sistemare le posate affianco ai piatti, sulle tovagliette a righe bianche e blu.
«No.»
«Ma Shōto non vuole che...»
«Me ne frego! È qui? No. Che si arrangi.» ringhiò lasciandosi cadere tra i cuscini del divano, le gambe incrociate e il bicchiere di cola in equilibrio precario sul bracciolo al suo fianco.
Izuku esitò, sudando freddo. Shōto era già abbastanza arrabbiato con lui, farsi trovare intento a mangiare il curry rice succoso e unto sul divano non gli sembrava la migliore delle idee. Ma contrariare Katsuki sarebbe stato anche peggio.
Scelse il minore dei mali e si sedette al suo fianco.
«Prendi.» Katsuki gli porse il piatto e lui si servì, cercando di far più attenzione possibile a non lasciar cadere neppure una goccia sui cuscini ricamati a mano, quando mangiò il primo boccone.
I suoi occhi si illuminarono all'esplosione di sapore nella sua bocca.
«È... buonissimo!» esclamò sorpreso.
Katsuki abbassò il capo, lasciando che la frangia gli ricadesse sul viso, nascondendolo. Non l'avevano mai mangiato da quando erano arrivati in Giappone, era sempre stato il suo piatto preferito.
«Ho pensato che magari ti mancava.» borbottò lui a bocca piena, senza incrociare il suo sguardo.
«L'hai– L'hai fatto per me?»
Katsuki arrossì e si strinse nelle spalle.
«Oh Kacchan» sentì le lacrime riempirgli gli occhi, senza ragione. Quel piccolo gesto fu sufficiente a mandare in frantumi l'argine che aveva contenuto le sue emozioni fino a quel momento.
Posò il piatto sul tavolo e si chinò in avanti. Premette la fronte contro la sua spalla e Katsuki trattenne il fiato sorpreso. Sentì il suo respiro tremante contro il collo, lo sforzo che stava facendo per non scoppiare a piangere era palese.
«Cos'hai combinato per farlo arrabbiare in quel modo?» sussurrò, e Izuku sussultò contro il suo petto, stringendosi a lui. Era evidente che stava parlando di Shōto. Come avrebbe potuto non accorgersi della tensione tra di loro? «Non devi dirmelo per forza... ma di solito sono io a farlo incazzare, è strano non essere il colpevole per una volta.»
«Non volevo farlo arrabbiare... non pensavo fosse un tale problema...» biascicò, seguendo il filo dei suoi pensieri, la voce rotta. Katsuki sentì il cuore stringersi, era la prima volta che lo vedeva così triste, così vulnerabile, da tanto tempo.
Gli posò una mano sulla testa e fece scorrere le dita tra i suoi capelli.
«Sono.. cose che succedono.» tentò; non era da lui consolare le persone, non era bravo a farlo, non lo aveva mai dovuto fare davvero, o forse, più semplicemente, era sempre fuggito in momenti come quelli. Ma con Izuku era diverso, come ogni cosa. Non voleva vederlo soffrire. «Non può essere sempre tutto rose e fiori, giusto?»
«Non voglio dovervi lasciare.» sussurrò lui e Katsuki aggrottò le sopracciglia.
«Vuoi andartene?»
«No!» esclamò avvolgendogli le braccia attorno alla vita, la sola idea di perderlo lo terrorizzava.
«E allora...»
«Se Shōto non mi vorrà più, dovrò andarmene... Dovrò lasciarvi... Lasciarti» la sua voce si strozzò, aveva la gola serrata.
Katsuki non rispose, troppo sorpreso per riuscire ad aprire bocca.
«Non essere assurdo...»
«Kacchan, non mi parla da tre giorni! Cosa dovrei pensare?» Si spinse indietro, la disperazione gli riempì lo sguardo. Aveva passato la prima notte dopo il loro "litigio" insonne. Shōto si era ritirato a letto senza una parola, ignorando completamente entrambi. La mattina seguente era stato lo stesso. Erano andati alla palestra, aveva seguito il suo allenamento con fredda professionalità ed era sparito nel secondo stesso in cui aveva posato piede fuori dalla pedana. La seconda notte era stata un tormento ancora peggiore. Lo aveva guardato dormire, nell'angolo più lontano del letto, oltre la spalla di Katsuki, finché la luce dell'alba non l'aveva sorpreso, ancora sveglio. Ed infine era lì, a chiedersi se Shōto sarebbe tornato, se gli avrebbe parlato mai più. Se era finita per colpa della sua stupida curiosità.
«Qualsiasi cosa tu abbia fatto, non ti lascerà. Se non ha lasciato me con tutte le cazzate che ho combinato... Non puoi aver fatto niente di così grave.» tentò di consolarlo Katsuki.
«E se lo avessi fatto, invece?»
«Se fosse, non lascerei comunque che ti mandasse via.» rispose fermamente, arrossendo nell'esatto istante in cui le parole lasciarono le sue labbra, ma era la pura verità. Non avrebbe potuto sopportare di perderlo ora, per quanto gli costasse ammetterlo, Izuku era una parte fondamentale della sua vita adesso.
Izuku si allontanò il tanto che bastava per guardarlo in viso, sorpreso.
«Davvero?»
«Sì.» rispondere non era stato così difficile come aveva pensato.
«Ma se dovessi scegliere...»
«Non succederà.»
«Ma se Shōto ti mettesse di fronte alla scelta...»
«Smettila!» esclamò con forza. «Mi stai facendo incazzare. Dov'è finta la tua determinazione? Hai detto che volevi far funzionare questa storia e adesso ti arrendi perché Shōto ti sta tenendo il muso? Ti basta così poco?» lo accusò con rabbia.
«Ma...»
«Nessuno dovrà scegliere niente, perché voi due farete pace e tornerà tutto come prima, okay?»
«Non ne sono così sicuro.» mormorò abbassando il capo, e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Cristo santo, vuoi dirmi che cazzo hai fatto?! Sei stato con un altro?»
«No! Come ti viene in mente?!»
Katsuki spalancò le braccia. «Cos'altro potresti mai aver fatto di così grave?»
«Non sono stato con nessun altro!»
«E allora cosa? Gli hai rigato la macchina? Hai macchiato i suoi preziosi costumi, lavandoli? Cosa?!»
«Ho origliato mentre parlava al telefono con Natsuo.« si arrese alla fine con un sospiro, e le spalle di Katsuki crollarono per lo sconcerto.
«Tutto qui?»
Izuku si lasciò cadere all'indietro sui cuscini. «Sì! E se l'è presa a morte!»
«Di cosa diamine stava parlando?»
«Non lo so, di Lava e del fatto che la stampa pensa che io sia un alpha...» gesticolò ripensando alla conversazione che non avrebbe dovuto sentire. «Gli ho solo chiesto perché fosse un così grande problema per lui, ed è... scattato. Non mi aveva mai trattato in quel modo prima, mai.» sospirò, lasciandosi cadere le mani in grembo, incupito.
«Oh...»
Voltò la testa per scrutare l'espressione sul volto di Katsuki. «Volevo solo conoscere un po' di più su di lui, sul suo passato, sulla sua vita... ma evidentemente non sono abbastanza importante per lui.»
«Che stronzata.» sbuffò Katsuki al suo fianco.
«Certo, è facile dirlo per te che conosci tutto di lui...»
«Credi davvero che sia così!?» lo interruppe e Izuku ingoiò le ultime parole, sorpreso dalla sua reazione. «Credi che prima di tutto questo- si indicò la pancia -passassimo i pomeriggi a farci le treccine parlando del nostro passato come le ragazzine nei film romantici? Credi che mi raccontasse le storie della sua vita? Che si aprisse con me?»
Izuku boccheggiò, alla ricerca di una risposta.
Sì, lo aveva sempre pensato.
«Scopavamo e basta, okay?» sputò fuori con amarezza lui. «Non è mai stata la storia romantica che immagini nella tua testa, mai. Venivo qui per passare la notte e quello era, nulla di più.»
«Ma Shōto conosce così tante cose di te, del tuo passato...»
«Sì, certo, sa come mi piace essere scopato, sa quali punti toccare per farmi gridare e sì, sa che problemi ho avuto dopo la morte dei miei genitori, perché abbiamo iniziato durante quel periodo. E non ci vuole una laurea in psicologia per arrivare a capire che ha problemi con le figure paterne.» enfatizzò l'ultima parola facendo le virgolette con le dita. «Non gliel'ho certo chiesto io.»
Izuku restò in silenzio, sconcertato. D'improvviso vide tutto sotto una luce diversa. Aveva sempre pensato che Katsuki fosse un gradino più in alto di lui nella loro relazione. Forse anche più di uno, ma ora si rendeva conto che erano sullo stesso piano. Non sapevano niente. Non conoscevano niente di Shōto, niente più di ciò che Shōto gli aveva voluto mostrare di se stesso.
«Di lui ne so tanto quanto te.» Si strinse nelle spalle. «Io non ho mai domandato e lui non ne ha mai parlato, fine della storia.»
«Perché?»
«Tutti abbiamo dei segreti.» si portò le ginocchia al petto, abbracciandole come poteva, in quel gesto di difesa che Izuku ormai conosceva fin troppo bene. «Dovresti saperlo.» aggiunse, rivolgendogli un sguardo di sottecchi attraverso le ciocche dorate che gli ricadevano sul viso, e lui incassò il colpo.
«Lui ti ha dato il tempo di cui avevi bisogno, giusto? Forse dovresti fare lo stesso.»
Izuku abbassò il capo. Era vero. Shōto non lo aveva mai forzato a parlare del suo passato. Ci aveva provato, quando si erano appena conosciuti non si era certo astenuto dal subissarlo di domande riguardo la sua vita privata. Ma erano piccoli e non erano neanche in confidenza.
A differenza di come aveva fatto lui.
«Sono un idiota.» mormorò sconfortato. Ora si sentiva in colpa anche più di prima.
«Sì, lo sei.» confermò Katsuki, ma quando lo guardò stava sorridendo, scherzoso. Scosse la testa sbuffando.
«Cosa dovrei fare?»
«Per adesso? Potresti finire la tua cena e smetterla di piangerti addosso.»
Izuku rise. «Buona idea» si voltò e lo baciò, per la prima volta dopo giorni «Grazie» sussurrò sulle sue labbra e lui sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
«È solo del curry...» biascicò imbarazzato.
«Non mi riferivo a quello»
"Lo so". Avrebbe voluto rispondergli, ma ingoiò le parole insieme ad un grosso boccone di riso e carne, puntando lo sguardo sulla tv. Il cuore un po' più leggero in petto.
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𝕀𝕟𝕤𝕚𝕕𝕖 ~ Threesome||TodoBakuDeku
FanfictionKatsuki Bakugō ha ormai venti anni e la sua vita è cambiata molto da quando il suo primo amore se n'era andato. Shōto Todoroki e Midoriya Izuku sono partiti verso l'America per scoprire il mondo oltre la loro città di periferia e vivere la loro stor...