Epilogo. Dea di un nuovo mondo

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Non avevo mai volato prima, era liberatorio percepire il vento fresco del mattino sferzare contro il mio volto affaticato, reduce della prima notte di ronda con Hawks.

Ormai ero costretta a lavorare al suo fianco... e non solo! Nei luoghi in cui lui non poteva seguirmi ero comunque monitorata a distanza dal suo team, ma accadeva piuttosto di rado che ci separassimo: per quanto quell'eroe amasse canzonarmi, sembrava gradire la mia presenza. Meglio così.

Una lacrima sostava sulle mie palpebre, ma non era mossa da tristezza, ero unicamente sopraffatta da quella visione: i tetti del Giappone colorati dal rossore sanguigno dell'alba, le finestre delle abitazioni che incominciavano ad aprirsi pigramente, i pendolari mattinieri che iniziano a riversarsi sulle strade muniti di valigette... una meraviglia dal sapore quotidiano.

Ero quasi contenta di poter vivere ancora momenti così suggestivi, certo la compagnia di Hawks non era la mia preferita, ma non mi lamentavo.
Dopo mesi di lattiginosa oscurità, in cui ero bendata e immobilizzata in quell'ovattata cella di Tartaros, mi sembrava un miracolo rivedere la luce che tingeva quella fresca mattina di settembre.

- Ehi, - urlai, nel tentativo di farmi sentire, - lo sai perché siamo un bel duo?

Vidi Hawks scuotere la testa, strizzando con aria pensosa gli occhi da dietro i suoi vistosi occhialoni ambrati.
- No, dimmelo tu.

- Perché i piccioni sono grandi portatori di malattie infettive!

M'aspettavo di venir sgridata: avevo appena fatto una battuta scrausa sulla sua Unicità, come mi potevo prendere certe libertà? Il terzo giorno di lavoro, poi!
Invece mi sorpresi di vederlo scoppiare a ridere.
Ma sta bene?

Quasi m'avesse letta nel pensiero, l'eroe parlò, placando quel suo sghignazzare: - Ricordi cosa ti ho detto quando sono venuto a Tartaros? Ecco, era questo che intendevo.

- Non ti seguo! - Ammisi, afferrandomi ai suoi avambracci, come percepii il mio corpo scivolare un poco dalla sua presa.

Per quanto mi piacesse volare stretta fra le sue braccia, non arrivai mai a fidarmi di quel Pro Hero. I miei sospetti non si erano mai assopiti: c'erano troppi dubbi irrisolti e continuavo a temere che quello fosse un piano per eliminarmi... tuttavia l'illusione che pareva offrirmi, quella di essere un mio collega e amico, mi consolava.

- Non sembravi nemmeno tu per quanto eri mogia, il fatto che tu mi abbia appena dato del piccione... è qualcosa. - L'eroe iniziò a planare, seguendo le correnti d'aria in senso circolare. - Però dobbiamo rimediare quel tuo vizietto dell'alcol.

Non appena i suoi piedi toccarono terra, il mio corpo fu sorpreso dall'impatto e rovinò goffamente sul cemento.
Attutii giusto in tempo la caduta mettendo le mani avanti e, puntualmente, sbucciandomele. Cervello da volatile.

- Mi hai già confiscato la fiaschetta, ricordi? - Bluffai.

Lui mi porse una mano per rimettermi in piedi, ma rifiutai il supporto e m'issai sulle mie ginocchia.

- Il tuo alito puzza di alcol, quindi ne hai sicuramente un'altra con te. In più, stai bene? Sono le otto del mattino! È un pochettino presto per bere.

Lo sguardo mi s'illuminò.
Sono le otto!
- Che giorno è?! - Squittii, improvvisamente incapace di controllare il mio tono di voce.

- Credo il tredici settembre, non cambiare argomento!

- È un lunedì? - Continuai.

Hawks restò interdetto. Non sapevo come dirglielo: erano giorni che mi frullava in mente quell'idea e finalmente si palesava la possibilità di realizzarla. Mi avvicinai al cornicione e squadrai gli edifici intorno a noi constatando, non senza un brivido d'emozione, di essere nei quartieri di Shibuya.

Luna di Mezzogiorno | 𝓜𝔂 𝓗𝓮𝓻𝓸 𝓐𝓬𝓪𝓭𝓮𝓶𝓲𝓪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora