CAPITOLO 11

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"Lauren, ti prego svegliati"

"Apri gli occhi"

Sentivo una voce che mi parlava ma non riuscivo a distinguerla bene. Per alcuni secondi credetti di sentirla avvicinarsi ma poco dopo si allontanò sempre di più, fin quando non la sentii più.

"La prego mi dica che andrà tutto bene" disse una voce.

"Si dovrebbe svegliare, è rimasta incosciente per quattro giorni. Il violento calcio al costato ha causato piccoli danni agli organi, ma è fuori da ogni sorta di pericolo" disse un altra voce, era profonda e roca.

Ero sveglia, ne ero sicura, l'unica cosa che non capivo era il perché i miei occhi non volevano aprirsi e far vedere che stavo bene. Riuscivo a sentire tutto quello che avevano detto le varie persone che erano li. Non sapevo dove mi trovavo, probabilmente ero in ospedale.

Era notte, finalmente aprii gli occhi. Nella stanza non c'era nessuno, c'ero solo io sdraiata in un letto di un ospedale, attaccava a vari macchinari.

Mossi la mano destra per accendere il lumino vicino al letto, appena la luce si fece spazio nella stanza, notai un grande livido violaceo vicino al polso. Lo guardai cercando di ricordare cosa fosse successo.

Mi sistemai meglio sul letto, ma un dolore atroce mi travolse, proprio al costato.

Alzai poco la veste per capire cosa avessi in quel punto. C'era una fascia che copriva la parte del costato fino all'altro lato.

Mi misi una mano sulla faccia, rendendomi conto di avere dei punti sul labbro e un cerotto sul naso.

Dovevo sembrare proprio uno schifo in questo momento. L'orologio appeso al muro della stanza segnava le 4:10 am.

Non avevo sonno, avevo dormito abbastanza in quei giorni. Finalmente la porta della mia stanza si aprii. Una figura si fece spazio all'interno della stanza con passo svelto vedendomi sveglia.

"Piccola mia, sei sveglia" disse mia madre, con le lacrime agli occhi.

Cercai di rispondere ma i punti me lo impedivano.

"C-chiamo il dottore e tuo padre e i tuoi fratelli" disse tutto d'un fiato. Uscì dalla stanza cercando un medico e chiamando mio padre che dormiva nella sala d'attesa.

Entrarono tutti e due ancora piangendo. Poco dopo entrò il medico, fece pochi controlli data l'ora e mi disse di riposarmi.

La mattina dopo cercai di dire a mia madre di andare a casa a riposare un po', era distrutta, aveva due occhiaie pazzesche sotto gli occhi, sembrava un panda.

Finalmente riuscì a convincerla e se ne andò con mio padre.

Verso l'ora di pranzo, venne un infermiera con un vassoio per disinfettarmi le ferite e per levarmi i punti, prima di andarsene lasciò anche un vassoio con del cibo.

Stavo morendo di fame. Nel vassoio l'unica cosa che sembrava commestibile era il budino quindi optai per quello.

Ero sola nella stanza quindi decidi di provare a parlare. Ci riuscivo, non normalmente ma ora senza punti riuscivo a spiccicare qualche parola.

Ero sdraiata nel letto rivolta verso la finestra quando la porta si aprii e qualcuno si sedette nella sedia accanto al mio letto. Mi girai per guardare chi fosse, riconoscendo Camila.

"Ei" dissi piano.

"Ei" disse asciugandosi le lacrime.

"Perché piangi?" Le chiesi.

"Perché sei qui" disse ancora con voce rotta dal pianto.

"Non me ne sono mai andata"

"Lo so, è solo che in questi quattro giorni avevo paura che non ti svegliassi"

"Non ti libererai di me facilmente" dissi cercando di smorzare la tensione e facendola sorridere.

"Lo so" disse ridendo e piangendo allo stesso tempo.
"Il dottore ha detto che per colpa di quel calcio, ti hanno dovuto operare" disse ancora.

"Figo, ora avrò una bella cicatrice, mi farà sembrare una dura" dissi facendo sorridere ancora.

"Ti ricordi cosa è successo?"

"Dopo che sono svenuta, nulla" dissi.
"Chi mi ha trovato?"

Camila prese un grande sospiro e poi parlò.

"Io"
"Ero uscita in cortile per una boccata d'aria e t-ti ho visto li, per terra, priva di sensi" disse piangendo ancora.

"Dicono che ti ho trovato in tempo, altri minuti e la frattura alla costola avrebbe causato una emorragia interna" continuò.

"Allora.. Suppongo di doverti ringraziare" dissi.

"Sai chi possa aver fatto tutto questo?" Disse guardandomi negli occhi.

"No, aveva un cappuccio e gli occhiali da sole, sembrava una donna" dissi.

"Se mai dovessi trovarla io.." Disse ma io la bloccai.

"Tu cosa? Una persona all'ospedale basta e avanza. Non farai nulla." Dissi seria.

"E poi.. Sei piccolina" dissi, tornando sorridente.

"Hai ragione" disse e sorrise, con le ultime lacrime.

"Basta piangere" dissi dolcemente e asciugandole le lacrime col pollice.

"Sono le ultime, giuro" disse con un debole sorriso.

Ci furono piccoli momenti di silenzio, di piacevole silenzio.
La stanchezza però si stava impossessando di me.

"Sono stanca" dissi.

"Dovresti dormire un poco" disse dolcemente.

"Sarai qua quando mi sveglio?" Le chiesi.

"Si" disse prendendo la mia mano e intrecciandola con la sua.

Rimasi un po' stupita dal quel gesto, non provai fastidio, anzi provai una sensazione piuttosto piacevole.

"Prometti?" Chiesi con un tono quasi da cucciolo.

Sentivo il bisogno di sentirmi dire che lei ci sarebbe stata quando mi sarei svegliata poche ore dopo.

"Prometto"

Mi addormentai con la mano intrecciata a quella di Camila e con lei seduta sulla sedia.

Quando mi svegliai, era ormai sera. Camila si era addormentata. Avevo dormito più di poche ore e mi sentivo in colpa per aver costretto Camila a restare con me per così tanto.

Quando guardai le nostre mani, erano ancora intrecciate e io non le divisi, sentivo il bisogno di quel dolce contatto.

Mi riaddormentai sperando che la mattina dopo, Camila avrebbe mantenuto di nuovo la promessa.

She's so Beautiful.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora