Capitolo dieci

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CLAUDIA

«Mi devi ancora un ballo Claudia, non dimenticarlo.»

Da quando le aveva pronunciate quel sabato, al parco divertimenti, non avevo fatto altro che pensare alle parole di Federico.
Mi avevano fatto sentire una strana sensazione al livello dell'addome, sentivo quasi un calore particolare, insolito. Forse erano proprio quelle le famose farfalle allo stomaco di cui tutti gli innamorati parlavano. Mi stavo forse innamorando del ragazzo con una innata passione per le Vans e per le sigarette? Era possibile.
Quello che sapevo per certo era che quando passavo del tempo con lui, mi sentivo sempre al sicuro, stavo iniziando a sentirmi sempre più a casa con lui. Non riuscivo a non sorridere se c'era lui nei paraggi, era davvero più forte di me.

Distolsi la concentrazione dai miei pensieri quando sentii il mio telefono suonare. Era Laura, che mi propose di andare insieme alle altre ragazze a una festa organizzata da Lollo. Si sarebbe tenuta la sera del giorno successivo, ero un po' indecisa se accettare o meno l'invito, poiché ero molto impegnata con lo studio per la maturità, ma pensai che sarebbe stata una buona occasione per liberare la mente dallo studio e divertirmi con le persone a cui volevo più bene. Mi balenò l'idea di invitare Fede, perciò gli scrissi un messaggio, sperando che lo leggesse, ma non gli arrivò nemmeno. Provai a chiamarlo, ma supposi che avesse il telefono spento, perché non squillava nemmeno. Alzai le spalle, non era nulla di cui preoccuparsi, era già successo. Magari stava iniziando anche lui a studiare e non voleva essere disturbato.
Quella giornata passò velocemente, tra caffè, interminabili minuti studio, pensieri verso Federico e qualche chiacchierata con mio fratello riguardo alcuni argomenti scientifici. Gli avevo infatti prestato pochi giorni prima un libro che trattava in maniera non approfondita le basi della biologia e lui era venuto a ringraziarmi, dicendomi cosa aveva imparato fino a quel momento. Era davvero un bambino intelligente, Giacomo. Ero fortunata ad averlo come fratellino, gli volevo moltissimo bene e pensare a una vita senza di lui mi sembrava impossibile.
A cena annunciai ai miei che il giorno successivo sarei andata con una festa con Laura e le altre ragazze, loro mi chiesero le solite cose che ogni tipico genitore avrebbe chiesto, riguardo l'organizzatore della festa, quanta gente ci sarebbe stata, se conoscevo tante persone e cose simili. Ultima cosa, ma non per importanza, mi ripeterono di stare attenta, di stare sempre vicina alle mie amiche e di chiamare in caso di emergenza. Ero davvero contenta di avere dei genitori simili, non ero una ragazza viziata, ma sapevo che in caso di bisogno loro ci sarebbero sempre stati per me. Volevo loro molto bene.

La mattina seguente mi alzai di buon umore, ottimista per la giornata e soprattutto la serata. Ero felice di aver accettato l'invito di Laura, dato che quella occasione sarebbe stata una delle ultime per rivedere tutti i miei amici, dal momento che, a livello universitario, avremmo preso strade diverse. Laura aveva già deciso che avrebbe iniziato gli studi di Medicina, Vittoria avrebbe intrapreso il percorso di studio della facoltà di Architettura e Arianna di Infermieristica. Per quanto riguarda me, ero indecisa se andare a studiare Filosofia o Lettere, ma ero più indirizzata verso la prima opzione. Filosofia era la mia materia preferita in assoluto, fin dall'inizio del terzo anno, mi era entrata subito nel cuore e da lì non se n'era mai voluta andare. Un po' come stava iniziando a fare Federico.
Pensandoci, decisi di chiamarlo per estendere l'invito alla festa di quella sera anche a lui. Non rispose subito, dopo circa tre squilli. Appena sentii la sua voce, mi accorsi che di sottofondo c'era un gran brusio, come se fosse in una stanza colma di persone che parlavano.

«Ciao Claudia. Cosa vuoi?» sentii che pronunciò queste parole con un tono di voce molto spento, sembrava davvero triste, quasi distrutto.
«E' successo qualcosa? Dove sei?» chiesi preoccupata, alzandomi velocemente dal letto dove ero seduta. Cominciai a girovagare per la mia camera, cosa che facevo particolarmente quando iniziavo ad essere nervosa. Mi spostai a sinistra, a osservare le foto appese al muro, aspettando una sua risposta, che però non arrivo prima di pochi minuti. Nel frattempo mi ero seduta alla scrivania, che si trovava davanti al letto, di fianco alla porta di entrata della stanza.
«Cosa vuoi?»
Questa volta il tono di voce fu freddo, ghiacciante, come il vento in pieno inverno, quando ti arriva pieno in faccia, bloccandoti per alcuni secondi, facendoti gelare il sangue, facendoti battere i denti e chiudere gli occhi. Mi sentii profondamente ferita, confusa, non capii che sbaglio nei suoi confronti avessi commesso. Mi sentii una peccatrice ignara del suo peccato.
«Ecco, stasera Lollo ha organizzato una festa, in un locale poco distante dalla scuola, mi chiedevo se volessi venire anche tu. Ci saranno prevalentemente studenti di quarta e quinta e amici di Lorenzo. Ti divertirai e sicuramente non mancheranno gli alcolici.» esclamai, cercando di camuffare il mio dispiacere per come mi stava trattando.
«Non ho tempo, ciao.»
Finì così la conversazione, in modo piatto, arido, che mi lasciò senza parole. Non mi aveva mai parlato con quel tono freddo, cattivo, insensibile. Sembravamo due conoscenti. Mi chiesi se effettivamente eravamo solamente quello. Conoscenti, che però si baciavano, che si tenevano per mano, si guardavano con gli occhi che splendevano.

Quella telefonata mi rese improvvisamente addolorata e afflitta, perfino Giacomo lo notò a pranzo, chiedendomi se avessi litigato con le mie amiche. Gli feci un piccolo sorriso e gli diedi un bacio in fronte, inventandomi che purtroppo la biblioteca quel giorno era chiusa e quindi non avrei potuto prendergli un libro da leggere.
Lui alzò le spalle e mi sorrise in risposta.
Il pomeriggio lo passai cercando di capire come mai Federico fosse così triste. Glielo avrei chiesto, ma non avevo molta voglia di parlargli, visto la freddezza con cui mi aveva parlato al telefono. Quando però, verso le 19.30 arrivarono a casa mia Laura, Arianna e Vittoria, cercai di distrarmi con loro e di non darci più peso. La festa sarebbe iniziata due ore dopo, perciò iniziammo a prepararci, parlando del più e del meno. Decisi di indossare un semplice abito corto lilla, abbinandoci dei tacchi neri e la mia solita borsetta nera.

Quando arrivammo al locale, era già pieno di gente, ma nel momento in cui Lorenzo, che era fuori a controllare che non ci fossero persone indesiderate, ci venne subito incontro, ad abbracciarci.
«Paolo dove lo hai lasciato?» chiese con un sorrisetto, rivolgendosi a Laura.
«E' via con suo padre, motivi di lavoro.» disse, alzando le spalle, come se niente fosse, ma sapevo bene che questa cosa la faceva soffrire, non riusciva a controllare la mancanza e la distanza la distruggeva. Le accarezzai una spalla e lei mi sorrise, ringraziandomi a voce bassa.
Quando fummo all'interno dell'edificio, le mie amiche ed io fummo subito contagiate dall'atmosfera. Io e Vittoria andammo ad ordinare i drinks, mentre le altre due cominciarono a ballare, dando del meglio di loro stesse in pista. Le guardai sorridendo, cercando con lo sguardo alcune persone che conoscevo e con grande gioia, mi accorsi che erano presenti molti miei compagni di classe, alcuni dei quali salutai con un cenno della testa.

Trascorsi le successive quattro ore a ballare, divertirmi, cercare di non pensare allo studio, alla scuola, alla maturità, alla mia scelta dell'università e per un po' ci riuscii, ma quando vidi una figura fin troppo familiare che si stava recando al bancone del bar, con accanto una ragazza mai vista prima d'ora.
Le mie amiche si accorsero subito del mio cambio di umore e guardandosi un po' intorno individuarono la causa del mio stato d'animo, che se ne stava lì in piedi, tenendo per mano una ragazza bionda, riccia, leggermente più bassa di lui. Non ero totalmente sicura che fosse lui, magari la mente mi stava giocando un brutto scherzo, eppure lui era così familiare!

Decisi di avvicinarmi ai due, e quando fui non troppo lontana, ebbi la certezza che fosse lui.
Cosa ci faceva Federico alla festa? Chi era quella ragazza che teneva per mano?
Erano questi i pensieri che mi girovagano in testa, sempre più veloci e vorticosi, incessanti. Presi coraggio e annullai ulteriormente la distanza che ci separava, sperando di capire qualcosa di tutta la situazione.
«Avevo capito che non potessi venire.» esclamai con tono duro, per ripagarlo del modo con cui mi aveva parlato solamente poche ore prima.
Quando si girò verso di me, potei notare dagli occhi rossi e gonfi che aveva pianto molto, ma cercai di non scompormi, non volevo mostrarmi sensibile di fronte a lui, non in quel momento.
«Sì beh, l'incontro è finito presto, quindi sono passato per bere qualcosa. Lei è mia cugina Stefania, mi ha accompagnato qui lei.» mi disse, con lo sguardo rivolto verso il basso, mollando la presa dalla sua mano.
«Ma di che incontro stai parlando?»
Ero molto confusa, non mi aveva mai accennato a questi incontri a cui partecipava, probabilmente non li riteneva essenziali.
Quando si accorse di aver detto qualcosa di troppo, cominciò ad agitarsi, il respiro diventò affannoso e gli occhi lucidi. Stefania, che aveva il suo stesso colore di occhi, cercò di calmarlo, ma il suo tentativo fu vano, perciò Federico fece per andarsene, ma la mia voce lo bloccò.
Ero furiosa dentro di me, non riuscivo a comprendere cosa stesse succedendo nella sua testa e il suo essere così sfuggente mi irritava.
«Non scappare Fede, non ignorarmi per favore. Io vorrei aiutarti, vorrei capire cosa c'è che ti turba, ma se tu non me lo permetti, se tu mi tratti di merda come oggi pomeriggio, non riesco a fare nulla e rimango solo ferita, scottata.» dissi, in preda a una crisi di pianto.
Non sopportavo di vederlo così e non poterlo nemmeno aiutare.
Lui, che mi dava le spalle, strinse i pugni e si girò.
«Ci sono cose della mia vita Claudia, come di quelle di tutti i presenti, che sono difficili e dolorose da ricordare. Oggi ho dovuto rivivere una morte di una persona a me carissima, poiché esattamente due anni fa è successo un incidente che gli ha tolto la vita. Se ti ho trattato male, se mi vedi scontroso, è perché non voglio coinvolgerti in questa sofferenza. Preferisco rimanere nella mia bolla, guardandoti felice, mentre ti diverti con le tue amiche.»
Mi avvicinai nuovamente a lui, appoggiai una mano sul suo viso e gli sorrisi, la rabbia che provavo pochi minuti prima si era dissolta.

«Permettimi di aiutarti Federico.»
In risposta, lui mi strinse tra le sue braccia, ringraziandomi in un sussurro.

Spazio autrice <3
Eccomi tornata, mi dispiace un sacco per la mia lunga assenza, d'ora in poi cercherò di aggiornare regolarmente! Cosa ne pensate di questo capitolo?

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