Capitolo ventotto

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«Montagna, io e te, il prossimo weekend. Ci stai?»

«Scusa ma quante cose hai messo in una valigia così grande? Io avevo parlato di weekend, non di mesi e mesi.» esclamò il mio ragazzo, quando mi vide uscire dalla porta di casa con il mio amato trolley blu acceso, fedele compagno di tante avventure.
«Non si sa mai. E poi magari fa freddo, che ne sai?» dissi cercando di trascinare la valigia dietro di me, la quale, in effetti, forse pesava un po' troppo per la durata di tempo stabilito. Ovviamente non avrei mai dato ragione a Fede, quindi rimasi ferma sulla mia posizione.
«Fidati che non farà così freddo come pensi tu. Non andiamo di certo al Polo Nord, scema.» disse ridendo Federico.
«Questo lo dici tu. Mi aiuti a caricare la valigia nella tua macchina per favore? Grazie.» esclamai sbuffando, leggermente infastidita dal tono del ragazzo.
Quando finalmente fu tutto pronto, partimmo, alla volta di Monte Livata.

«E' un posto meraviglioso fidati, ti piacerà, ne sono sicuro. Ho trascorso lì tutte le mie estati quando ero piccolo, insieme ai miei fratelli e ai miei nonni. Forse quel posto lo considero più casa mia di quanto non lo sia l'appartamento a Roma.»
Io ascoltavo quelle parole appoggiata al finestrino, mentre il mio sguardo vagava, concentrandosi sul paesaggio che si stava aprendo di fronte ai miei occhi.

In quei giorni avevo riflettuto molto, specialmente dopo il discorso che avevo fatto a Fede sul famoso "per sempre". Ero consapevole di averlo ferito, avevo letto la delusione e il dolore negli occhi di Federico, e mi era dispiaciuto . Purtroppo ci trovavamo in disaccordo, e il fatto che l'argomento fosse una cosa così grande e importante, mi aveva un po' scombussolato. Fino a quel momento ci eravamo sempre trovati sulla stessa linea di pensiero, per la maggior parte delle questioni. Mi spaventava l'idea di entrare in conflitto con lui in quel modo, ma dopotutto in amore non sempre tutto è rose e fiori, giusto?

«A che pensi Cla?» chiese il mio ragazzo, vedendomi particolarmente distratta.
«Mh? Nulla di che, a dire il vero.» esclamai sorridendo, voltandomi verso di lui, cercando di essere il più convincente possibile. Ormai stava imparando a capire quando mentivo, a causa del mio tono di voce che fin troppo spesso mi tradiva.
«Sicura? Hai lo sguardo un po' triste. E' successo qualcosa e non vuoi dirmelo?» mi rispose lui, preoccupato.
Io appoggiai la mia mano sulla sua, saldamente ferma sul cambio, e gli accarezzai dolcemente le dita.
«Stai tranquillo, sono solo stanca, ho dormito un po' male stanotte. Non preoccuparti.» dissi sorridendo, mentre i miei occhi diventavano sempre più umidi, e il mio tono di voce iniziava a tradirmi.
Per evitare che Federico se ne accorgesse, riportai la mia attenzione al paesaggio fuori, che lentamente stava cambiando, offrendomi delle viste mozzafiato. Percepii chiaramente una lacrima scivolare sulla mia guancia, ma la ignorai. Non avevo intenzione che i brutti pensieri prendessero il sopravvento, distruggendo quel weekend. Avevo intenzione di rilassarmi e di passare un po' di tempo da sola con il mio ragazzo; volevo conoscere il vero Fede, quello che si celava dietro i suoi occhi, a volte troppo seri e spenti.
«Puoi dormire se vuoi, abbiamo ancora un'ora di strada, più o meno.» mi disse con tono dolce, allungando la mano per accarezzarmi delicatamente la gamba. Io sussultai al suo tocco, troppo assorta tra i miei pensieri.

«Claudia sei sicura che vada tutto bene? Ti vedo un po'...preoccupata?» esclamò lui, mentre con il pollice tracciava dei segni circolari sulla mia coscia, come se volesse in qualche modo tranquillizzarmi.
Ormai mi conosceva quasi alla perfezione, e per quanto ci provassi, non riuscivo a tenergli nascosto nulla.
«Sono un po' pensierosa, ma non voglio che ciò rovini il nostro weekend. I pensieri brutti possono aspettare.»
Mentre pronunciavo quelle parole, Federico iniziò a decelerare, per poi fermarsi del tutto in un piccolo spiazzo sulla destra.
«Claudia ora devi ascoltarmi bene.» esclamò con tono serio, slacciandosi la cintura velocemente. Si girò verso di me e mi prese il viso tra le mani, continuando a parlare sottovoce, come se avesse paura a farsi sentire troppo «sei la cosa più preziosa che ho, ora come ora sei la persona più importante della mia vita, e non riesco a sopportare di vederti triste.»
Le mie lacrime purtroppo avevano deciso di uscire allo scoperto, rincorrendosi veloci e felici sulle mie guance.
«Parlami Cla. Sono qui, davanti a te, pronto ad ascoltarti. Non ho intenzione di fare finta di niente, sarebbe puro egoismo, e in una relazione l'egoismo deve andare a farsi fottere. Sono qui, sono con te.»
«Ho solo tanta paura. Ho paura che finisca tutto, tra me e te, che non esista più un noi.» esclamai con la voce spezzata, sentendomi una bambina indifesa davanti allo sguardo dolce di Federico.
«Da quanto tempo ti senti così?»
«Più o meno da quando abbiamo avuto quel piccolo diverbio alcuni giorni fa. Mi ha un po' scombussolato il fatto che le nostre posizioni su una cosa così grande e importante fossero così diverse.» dissi abbassando lo sguardo, per paura che il ragazzo mi leggesse troppo dentro, rendendosi conto della tempesta che si stava plasmando nel mio cuore.
«Cla io penso che è proprio in situazioni come quella che il nostro amore esce davvero allo scoperto. Sì, è vero, abbiamo opinioni contrastanti sul concetto di "per sempre", ma non sarà per questo che io e te ci lasciamo. E' più che normale avere dei punti di contrasto in una relazione, sennò dove starebbe il divertimento?» affermò, agitando le mani con fare scherzoso e ironico mentre pronunciava le ultime parole.
«Forse hai ragione. Mi sto facendo troppo paranoie. Mi dispiace.» esclamai, sentendomi improvvisamente stupida ad aver pensato a quello cose.

Fede ed io stiamo insieme e ci amiamo, questo è ciò che conta.
Stavo forse cercando di autoconvincermi che stesse andando tutto bene? No, certo che no. Scacciai tutti quei pensieri dalla testa e sorrisi a Fede, che mi stava guardando curioso, come se volesse capire cosa mi passasse per la mente.
«Non vedo l'ora di passare questi giorni con te.» dissi, dandogli un leggero bacio sul naso, gesto che lo fece ridere.

«Eccoci arrivati a destinazione, signorina.»
«La ringrazio, mio cavaliere.»
Scendemmo dalla macchina velocemente, e constatai che avevo decisamente messo in valigia troppi vestiti, specialmente date le mie pessime capacità di organizzazione.
«Come ti avevo detto Cla, non fa affatto freddo. Una felpa può benissimo bastare per combattere questa leggera aria fresca.» disse Federico, mentre scaricava le valigie.

Posai il mio sguardo sulla casa che si stagliava di fronte a me. Era una classica casa di montagna, con alcuni mattoni in vista, e le terrazze in legno. Semplice e minimalista, proprio come Fede. Capivo perché quell'abitazione gli piacesse così tanto: rispecchiava al meglio il suo essere.
«Sei ferma a fissare la casa con la bocca aperta da due minuti. Stai cercando di pianificare il mio omicidio? Oppure una fuga improvvisa?»
«Beccata!» dissi ridendo, guardando il ragazzo che nel frattempo mi aveva affiancato.
Quel giorno sembrava ancora più bello del solito.
I suoi capelli scuri erano stati pettinati con cura, e non c'era alcuna traccia della leggera barba che spesso aveva. Perfino il suo profumo sembrava più intenso e piacevole.
«Fede lo sai che ti amo vero?» gli chiesi, voltandomi verso di lui, in modo da poterlo guardare negli occhi.

«Onorato di saperlo. Tutto ricambiato, sia chiaro!» esclamò lui, facendo un leggero inchino, come per ringraziarmi. Io in risposta gli diedi un leggero pizzicotto sul fianco, che lo fece allontanare di mezzo metro.
«Ahia cazzo! E questo per cos'era?» continuò con un tono più acuto, massaggiandosi la zona ferita.
La scena mi fece particolarmente ridere, che dovetti tenermi la pancia per il male che mi faceva.
«Ridi pure, però sappi che chi arriva primo al portone di casa ha diritto a cinque minuti in più nella vasca idromassaggio.»
Vasca idromassaggio? In effetti mi aveva accennato alla necessità di dovermi portare via dei costumi, ma io non mi ero fatta troppe domande. Lui stava già correndo verso la porta con la sua valigia in mano, mentre io lo stavo ancora guardando imbambolata.
«Maledetto!»
«Mettiti pure in posa che ti faccio una bella foto, perdente. E' un momento da incorniciare, non trovi?» affermò lui, tirando fuori il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni, mentre io gli facevo dito medio.

Ovviamente era riuscito a guadagnarsi un leggero vantaggio per la vasca idromassaggio, ma gliela avrei fatta pagare senza dubbio. Avevamo ancora tre lunghi giorni davanti a noi, e la mia mente avrebbe escogitato un piano molto divertente, ne ero certa. Con mia grande sorpresa notai che i pensieri ossessivi di prima se ne erano andati, fuggiti via. Finalmente, un po' di pace nella mia mente.
Sorrisi compiaciuta, mentre indossavo il costume e mi spazzolavo i capelli, osservando la mia immagine riflessa nello specchio del bagno. Mi piaceva la ragazza che mi sorrideva. Era felice. Dopo alcuni secondi presi una copia di Una vita come tante dalla mia borsa e proclamai iniziato ufficialmente quel weekend.

«E tu mi vorresti dire che hai intenzione di leggerti tutto quel tomo in questi pochi giorni?» esclamò meravigliato il mio ragazzo, comodamente disteso in acqua, quando mi vide arrivare.
«Non sottovalutare mai le capacità di una lettrice, mio caro. Mai.» risposi io, cercando di imitare un tono nobile e intimidatorio.
Lui alzò le mani in segno di resa, e chiuse gli occhi. Io lo raggiunsi, appoggiando il mio telefono e il libro su una sedia lì vicino, e gli regalai delicatamente un bacio sulla fronte, cercando di infondergli tutto il mio amore. Ero stata davvero una stupida a pensare che le cose tra noi due potessero andare male. Non avevo mai provato nulla di simile per nessuno, prima di allora. Le emozioni che quel ragazzo, anche con un semplice sorriso, mi faceva provare, erano impossibili da descrivere.

«Ti amo anche io Cla. Molto più di quanto tu possa immaginare.» 

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