Capitolo trentatre

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FEDERICO

Finalmente era arrivato Halloween, festività che mi portava da sempre uno strano senso di nostalgia e amarezza, mischiate alla perfezione con la gioia di tornare bambino e al gusto dolce dei ricordi.
Quando io e Giulia eravamo più piccoli, ogni anno i nostri travestimenti preferiti erano sempre gli stessi: stregoni, mostri, vampiri. Lo ricordo tuttora come un tempo molto spensierato, leggero; eravamo molto uniti con i nostri genitori, e quando era arrivato Matteo quella ricorrenza era diventata ancora più memorabile.
Sospirai, lasciando che i ricordi mi accarezzassero i pensieri, mentre leggevo il messaggio che mi aveva mandato Claudia, un po' titubante riguardo la sua proposta.
Quella sera si sarebbe tenuta una festa in un locale abbastanza centrale di Roma, e ci saremmo dovuti travestire, ovviamente.
Era da anni che non lo facevo, e mi stavo concentrando con tutte le mie forze per trovare un giusto costume, ma ero certo che con l'aiuto di Cla una soluzione sarebbe saltata fuori.
Appoggiai il telefono su una delle mensole in bagno e mi guardai allo specchio, avevo un aspetto alquanto discutibile: capelli perennemente spettinati, occhiaie ben visibili, aria stanca.
Ultimamente lo stress per alcuni esami che si avvicinavano sempre di più, insieme all'agitazione derivante dalla situazione che era venuta a crearsi con la mia ragazza, stavano avendo la meglio su di me.
Sbuffai, aprendo il getto di acqua fredda, sperando che quella mi svegliasse un po'.
Avevo proprio bisogno di uscire un po' e divertirmi, senza pensare all'università, agli esami o a nient'altro; questo diventò dunque l'obiettivo della giornata.
Dopo essermi sistemato e vestito, chiamai Claudia per proporle di andare a comprare dei costumi insieme.
«Certo, mi farebbe piacere. Tra venti minuti sono da te e inizierà la nostra caccia, il costume migliore sarà nostro.» esclamò lei dall'altro capo del telefono, con quella sua voce sempre solare e felice che ormai era diventata parte della mia quotidianità.
Dopo quella piccola gita fuori porta a Calcata, avevo cercato di darle i giusti spazi e tempi, evitando di starle troppo appresso, e forse con calma il rapporto stava iniziando ad aggiustarsi.
Quando mi aveva accennato al fatto che sentisse un blocco tra noi, come se si fosse involontariamente costruito un muro, avevo riconosciuto immediatamente la familiarità della sensazione. Era infatti così anche per me, dopo quella pesante discussione, di cui continuavo a incolparmi.
Ero accecato dalla gelosia e dai miei pregiudizi su Leonardo. Non conoscevo bene quel ragazzo, ci eravamo scambiati solamente poche parole nel corso dell'anno precedentemente, ma avevo subito capito la tipologia di persona che avevo di fronte, il classico figlio di papà, con abiti firmati e quella comica ostentazione nel far vedere quanti soldi avesse ereditato dal paparino.
Si credeva superiore a tutto e tutti, e la sua strada nella carriera medica era già spianata da anni; la consapevolezza di ciò sembrava quasi dargli il diritto di trattare tutte le persone che aveva intorno come feccia.
Mi aveva perciò sorpreso particolarmente quando Cla mi aveva detto che aveva fatto subito amicizia con la sorella, il primo giorno di lezioni, e che addirittura era uscita a pranzo con lei e Leonardo.
Appena mi aveva visto a lezione aveva nominato proprio Claudia, facendo diversi apprezzamenti su di lei, ed ero andato su tutte le furie.
«Proprio bella quella tua amica, Brogni. Quando me la presenti?»
Avevo cercato di ignorare quei commenti e me ne ero andato.
Come si permetteva, con quale coraggio parlava di Claudia in quel modo? Della mia Claudia.

Dopo circa una ventina di minuti suonò il campanello e quando aprii la porta, il profumo inconfondibile alla rosa mi fece pizzicare il naso e nascere un sorriso spontaneo.
«Non vedo l'ora sia stasera! Non posso ancora credere che tutta la compagnia si riunisca: io, te, Laura, Arianna, Vittoria e perfino Lollo. Mi sono anche permessa di invitare Martina e Leonardo; so che non ti va a genio come ragazzo, ma in gruppo sicuramente la dinamica sarà diversa.» esclamò Cla entrando in casa, parlando a raffica, sempre sorridente e solare.
Appena sentii quell'ultima frase il mio sorriso sparì per qualche secondo, il suo posto venne rubato rapidamente da una smorfia di preoccupazione e gelosia.
Durò per fortuna solamente pochi secondi, non abbastanza affinché Claudia se ne accorgesse, ma anche troppi per cui il mio cuore sentì pesantemente il colpo.
Quindi feci un sorriso tirato, la abbracciai e condivisi con lei quella felicità: la sua gioia era la mia, non avevo motivo di andare in ansia o di farmi rovinare la serata.
Aveva ragione lei, ci saremmo divertiti tutti ed ero molto felice di poter rivedere anche il suo gruppetto, col quale inevitabilmente – e aggiungerei anche, per fortuna – nei mesi passati avevo legato molto.
Ero inoltre particolarmente curioso di conoscere Martina, la famosa sorella Sossori, per vedere se fosse effettivamente diversa dal fratello, o se avessero qualcosa in comune, oltre al cognome e la grande simpatia per la mia ragazza.
«Allora, pronto a essere i più belli questa sera? Io pensavo di travestirci da vampiri, sai un po' stile 'The Vampire Diaries', col sangue, i denti, le vene sotto agli occhi.» disse lei, prendendomi per il braccio e portandomi fuori dall'appartamento, fino alla sua macchina.
«Non ho assolutamente capito a cosa tu ti stia riferendo, ma si va benissimo. È sempre stato uno dei miei travestimenti preferiti da piccolino. Io, Giulia e Matteo eravamo i tre vampiretti più belli del mondo.» dissi, salendo in macchina.
Trascorremmo circa un'ora tra negozi, per comprare i giusti prodotti per la serata e poi ci fermammo in un piccolo bar a mangiare qualcosa.
«Come sta andando con l'Università? Ti sta piacendo?» le chiesi, ma subito mi morsi la lingua quando vidi che stava evitando in tutti i modi di guardarmi negli occhi e di rispondere.
Probabilmente avevo toccato un tasto dolente, anche se non capivo davvero il motivo.
Mi sembrava felice e convinta della Facoltà, così come dei corsi che seguiva...possibile che si fosse resa conto che non era quella la sua strada?
Non volevo considerarla come opzione, dopotutto era passato solo un mese circa dall'inizio delle lezioni, aveva ancora molto tempo per valutare la correttezza o meno della sua scelta.
«Mi trovo bene, sì.» disse lei, con tono neutro, senza far trasparire nessuna emozione.
Decisi di lasciare perdere l'argomento, e concentrarmi su altro.
Passammo quindi tra una chiacchiera e l'altra alcune ore all'interno di quel bar, fino a quando decidemmo di tornare a casa mia e iniziare a prepararci mentalmente per l'evento della sera.

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