Capitolo quattordici

164 69 53
                                    

 FEDERICO

«Ti vedo migliorato Federico. Hai avuto altri incubi, altri leggeri attacchi di panico?» mi chiese gentilmente la donna che mi stava di fronte. Era sulla cinquantina, aveva i capelli di un biondo acceso, un paio di occhiali neri le incorniciavano gli occhi verdi, che mi stavano scrutando attentamente, in cerca di una risposta.
«Federico?» mi richiamò, subito alzai lo sguardo, guardandola negli occhi, con espressione assente.
«Sì sì, non ne sto avendo molti ultimamente.» risposi frettolosamente, enfatizzando la risposta con un gesto della mano.
«Mi sembri assente, sta succedendo qualcosa ultimamente?»
La dottoressa Rocchi mi osservava curiosa, con un piccolo sorriso sul volto.

«Diciamo di sì. Ho una ragazza accanto a me, è davvero bella dottoressa, dovrebbe vederla. Mi sta aiutando parecchio con l'ansia, con gli attacchi di panico, è come se fosse un mio piccolo calmante. Ecco vede, lei ha finito quest'anno il Liceo Classico e proprio in questo momento sta sostenendo l'esame orale. Ieri sera le ho augurato buona fortuna, ora sono un po' in pensiero, perché si è impegnata davvero molto per la maturità e vorrei sapere come sta andando. Dopo questa seduta vado a salutarla a scuola.» dissi sorridendo.
«Il mazzo di rose che hai posato sul tavolino è destinato a lei allora?» chiese raggiante la dottoressa.
Io annuii, contento.

Dopo circa un'ora di seduta, uscii dallo studio con i fiori in mano, un sorriso stampato sulla faccia e, una volta salito in macchina, mi recai davanti alla scuola di Claudia. Parcheggiai l'auto velocemente, in modo distratto, l'importante era essere lì fuori alla sua uscita. Vidi che c'erano i suoi genitori e anche le sue amiche, che salutai con un gesto della mano.
«Ciao Federico, anche tu qui?» chiese Stefano, passandosi una mano tra i capelli grigi.
«Non potevo certo perdere questo grande momento di Claudia. Per caso ha programmi per il resto della giornata?» chiesi curioso, sperando in una risposta negativa, che ottenni.
«Allora per oggi ve la rubo, la voglio portare in un bel posticino.» esclamai.
«Basta che ce la riporti a casa sana e salva.» continuò lui.
«Sarà fatto, non si preoccupi.»
Appena pronunciai la frase, sentii un boato di fianco a me: segno che Claudia era uscita. La guardai rapito, indossava un completo elegante lilla, con una camicia bianca leggera sotto la giacca e scarpe nere col tacco. Era semplicemente bellissima, rimasi incantato a guardarla mentre abbracciava i suoi genitori, mentre salutava le sue amiche e buttava per aria tutti i fogli che aveva in mano.

«Ciao Fede, non pensavo riuscissi a passare. Com'è andata?» chiese, con gli occhi che sorridevano.
«Ma non è importante come è andata a me. Come è andato l'esame Cla?»

Le porsi il mazzo di rose con un sorriso che valeva più di mille parole, lei lo prese in mano e annusò i fiori, per poi abbracciarmi stretto. Parlammo un po' dell'esame, intervennero anche i suoi genitori, le sue amiche, passammo circa una mezz'ora a parlare allegramente.
«Cla ti va di venire con me in un posto? E' una piccola sorpresa per festeggiare questo giorno.»
La ragazza mi guardò con occhi sognanti e luccicanti, annuendo contenta. Salutammo quindi i presenti e la presi per mano, facendola salire dolcemente in auto, accorto che non si rovinasse o sporcasse il meraviglioso completo che aveva addosso.

«Dove si va?»
«Al lago di Bracciano. Ho preparato una sorpresa, ce l'ho in mente da giorni, ne ho parlato anche prima con la psicologa.» dissi, mentre accendevo il motore, dando una veloce occhiata al cesto che si trovava nei sedili posteriori.

Per fortuna non faceva troppo caldo, quindi riuscimmo ad arrivare non troppo accaldati in riva al lago. La vista era davvero bella, presi per un fianco Claudia e la avvicinai a me, baciandola dolcemente.
«Mi rendi fierissimo Cla, davvero. Sei una forza della natura.»
Trascorremmo alcuni minuti così, la mia fronte appoggiata alla sua, mentre ci guardavamo negli occhi, senza dire nulla ma sorridendo e basta.
«Allora, qual è questa famosa sorpresa?»
«Apri il cesto e capirai.»
Dentro ad esso avevo messo due calici di vetro, una bottiglia di Prosecco Rosé, alcuni panini preparati frettolosamente alcune ore prima e un dolce al cioccolato. Ovviamente mi ero ricordato all'ultimo di prendere una coperta, a quadri, rossa e blu.
«Non potevo di certo non festeggiare insieme a te questo giorno così memorabile. Hai finalmente finito l'esame di maturità Cla, ti rendi conto? Pensa che se hai avuto ansia per questo, l'università sarà ancora più difficile cara mia.» dissi, cercando di nascondere inutilmente una risatina.

«Sappi che non sei simpatico a prendermi in giro eh!» mi rispose lei, mettendo quel broncio che la rendeva la ragazza più adorabile del mondo.
«Dai scema, stendiamo la coperta e iniziamo a mangiare. Nel caso non volessi bere alcolici c'è dell'acqua naturale.»

Passammo delle ore stupende insieme, più stavo con lei, più trascorrevo tempo con lei e più entravo nel suo piccolo universo, e mi innamoravo di ogni singolo pianeta, galassia, stella che ne facevano parte.
Come promesso ai suoi genitori, la riportai a casa verso l'ora di cena. Prima di scendere dalla macchina mi ringraziò nuovamente per la bellissima giornata passata assieme e mi diede uno dei baci migliori del mondo. Le sue labbra erano così morbide, così pure, ogni volta che la baciavo mi sentivo in paradiso.

Tornato a casa poggiai le chiavi sul tavolino in soggiorno, davanti al divano, dopodiché con molta calma e tranquillità mi tolsi le scarpe, andai in camera e mi misi la solita tuta che usavo quando dovevo stare in casa. Era di mio padre, era una delle poche cose sue che mi aveva lasciato, dopo la morte di Matteo. Era da parecchi giorni che non si faceva più sentire, né lui né mia madre. La ritenevo una cosa positiva, ma dentro di me soffrivo molto per questa loro assoluta indifferenza nei miei confronti.

Avevo cercato inutilmente di spiegare loro miliardi di volte com'era successo, le dinamiche dell'incidente, avevo provate in più occasioni la mia innocenza, ma da parte dei miei genitori neanche un cenno, mi guardavano con occhi vitrei e aria assente, colorata solamente da una punta di disprezzo che lentamente si stava facendo spazio nei loro cuori.
Ero rimasto appoggiato allo stipite della porta per alcuni minuti, mentre questi pensieri e ricordi mi fluttuavano nella mente, fino a quando la mano di Giulia, che mi scuoteva la spalla, mi risvegliò.

«Tutto a posto?» mi chiese con aria preoccupata.
Io annui semplicemente, passandomi una mano sul viso, mentre iniziavo lentamente a sentire la stanchezza invadermi.
«Oggi non ceno, vado direttamente a dormire se per te non è un problema.»
«Non fartene una colpa Fede, non ascoltarli. So per certo che ti vogliono ancora bene, non sono ancora pronti a superarlo, è questione di tempo.»

Quella piccola frase mi fece esplodere.
Colpii con cattiveria la porta vicino a me, che sbatté contro il muro.
«Pensi che per me sia facile superarlo? Pensi che ogni volta che chiudo gli occhi non rivivo la scena, dettaglio per dettaglio? Non sai cosa si prova Giulia, non lo saprai mai, non ti permettere di dire a me che è questione di tempo per due persone che mi considerano il colpevole della morte del loro figlio. Quello che non sanno e che non riescono a capire, è che quella volta ne hanno perso un altro, di figlio. Mi hanno pugnalato dritto al cuore, mi sono sentito tradito, senza nessuno. Le persone che più ammiravo al mondo mi hanno voltato le spalle e ora tu mi dici che mi vogliono bene e che ci vuole tempo? Mi dispiace ma non ti credo per niente.»

Urlai con tutta la forza che avevo in corpo, mentre dolci lacrime scendevano dai miei occhi, bagnandomi le guance e poi la maglia.
Mi chiusi in camera e mi buttai sul letto, con il volto appoggiato al cuscino, pronto a raccogliere tutte le mie sofferenze.

Spazio autrice <3
Ecco il nuovo capitolo! Che ne pensate?

Anche le stelle parlano di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora