Capitolo ventisette

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FEDERICO

«Spero che ti sia piaciuto il mio regalo.» esclamai sorridendo, mentre camminavo in compagnia di
Claudia in direzione della biblioteca.
«Stai scherzando? E’ meraviglioso.» rispose lei, accarezzandomi la schiena con un gesto delicato.
Le avevo comprato una chitarra acustica e un piccolo set di plettri, sotto consiglio delle sue amiche.
Ero molto indeciso al momento dell’acquisto, poiché conoscendo la sua grande passione per la
letteratura inglese, mi era venuto in mente di poterle regalare anche qualcosa di Shakespeare o di qualche altro autore, ma avevo abbandonato in fretta l’idea. Ci sarebbero state sicuramente altre
occasioni, ne ero sicuro.
«Grazie per accompagnarmi in biblioteca. Sfortunatamente i miei due compagni di corso sono ammalati, l’influenza sta ricominciando a girare con le temperature che si abbassano.» dissi felice.
Daniele e Martino erano sani come dei pesci in realtà, quella era solo una semplice scusa per
passare più tempo con Claudia.
«Hai ragione. Non so te, ma io adoro questo periodo dell’anno. L’autunno è ormai alle porte e non
potrei che esserne più felice. E’ assolutamente la mia stagione preferita.»
Io strabuzzai gli occhi.
«Come diavolo fa a piacerti? Vuoi mettere essere in estate, col caldo, il mare, la sabbia, feste ogni
sera?»
«Tu caro mio non hai capito nulla dalla vita. I colori dell’autunno sono insuperabili e intramontabili.
E poi il caldo è insopportabile.» replicò lei, con decisione e fermezza.
«Siamo proprio diversi io e te eh!»
Eravamo giunti all’entrata della biblioteca, perciò Claudia si limitò semplicemente ad annuire
mentre iniziavamo a salire le scale, per raggiungere le aule studio. Potei giurare di aver visto
qualcosa nei suoi occhi, fare capolino per un millesimo di secondo, come un velo di tristezza e una strana consapevolezza. In un battito di ciglia però il solito luccichio le tornò a contornare gli occhi.
Scrollai le spalle, dando la colpa alle poche ore di sonno che avevo in corpo: Matteo era venuto a
farmi visita.
Prendemmo posto ad un tavolo e iniziai a svuotare il mio zaino, quando mi chiesi cosa avrebbe fatto
Claudia in quelle ore di studio. Le posi quindi tale domanda e lei, con totale nonchalance ed uno
sbuffo impercettibile, rispose: «Credo proprio che andrò a cercare un libro e lo leggerò. Poi andrò a
prendermi un caffè e ti punzecchierò un po’ per distrarti dai tuoi appunti. Ci stai?»
Sorrisi come un ebete, mentre annuivo.
Eccome se ci sto, mia cara Claudia.
Poco a poco cominciavo a capire quanto i miei sentimenti per lei stessero iniziando a crescere
sempre di più, stava ormai iniziando a diventare essenziale per me. Il mio umore cambiava
completamente anche semplicemente quando il suo nome veniva menzionato. Quando la vedevo, il
mio cuore batteva così forte che ero spaventato che potesse sentirlo pure lei.
«E sentiamo, che libro leggeresti?» la osservai curioso, sapendo già in cuor mio il genere su cui
avrebbe puntato.
«Mh, vediamo...Penso che chiederò i classici inglesi in lingua, Jane Austen fa sempre bene. Non
trovi?» esclamò lei, facendo l’occhiolino.
«Non ti facevo una ragazza da Orgoglio e Pregiudizio. Sei sempre piena di sorprese mia amata Cla.»
«La mia risposta a questo tuo commento potrebbe essere interpretata in un modo non molto gentile
ed altruista, perciò mi limiterò a sorridere ed annuire. Tu inizia a studiare Dottore.»
Si alzò dalla sedia e si recò nella sala dedicata ai Libri in lingua, io potevo osservarla molto bene.
Era di spalle, la maglia azzurra che indossava le fasciava meravigliosamente il corpo, facendo
risaltare i suoi capelli castani, che ormai raggiungevano le spalle. Notai, con particolare stupore, come toccava i libri, uno ad uno, come se volesse capirli, entrare dentro di essi, farli suoi. Quando giunse al titolo che cercava, lo prese in mano, girandosi di profilo e si portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli. Si trovava vicino a una finestra e un raggio di sole le illuminava il viso: con quel sorriso straordinario e gli occhi che ridevano, era la ragazza più bella che avessi mai visto. Mi persi a guardarla, non rendendomi conto che lei stava lentamente tornando verso di me.

Se esistessero altri milioni di universi, Federico darebbe il suo cuore sempre e solo a Claudia. In
ogni mondo parallelo a questo io e te staremmo insieme. Ti donerei il mio amore ad occhi chiusi e a braccia aperte. Tutte le storie d’amore ci invidierebbero, perfino quelle che leggi tu. Shakespeare scriverebbe di noi, se solo ci vedesse. Romeo e Giulietta sarebbero gelosi del nostro amore, così grande e puro.

«Non pensavo fossi anche un poeta. Ti ringrazio per le parole.» esclamò la mia musa, sedendosi di
fronte a me, sorridendo fiera per il volume che aveva tra le mani, e che custodiva con grande cura.
«Ho detto ciò che pensavo a voce alta, vero?» dissi io, grattandomi la nuca, mentre le mie gote
iniziavano a dipingersi leggermente di rosso.
Lei annuì, ridendo a causa della mia reazione.
«Dio che stupido! Scusami, le parole sono uscite senza che io potessi permetterglielo.»
«Non serve che ti scusi, anzi, è stato molto carino. Mi sei piaciuto.» esclamò lei, appoggiando il
volume sul tavolo e prendendomi la mano, stringendola.
Io sorrisi di risposta e ci guardammo per qualche minuto, non interrompendo quel contatto così
intimo eppure semplice.
In quegli occhi riuscivo ad immaginare un’intera vita con lei, in una bella casa, a Roma o magari in
qualche altra parte del mondo. E qualche animaletto a farci compagnia, magari un cagnolino o un gattino. Anche se avrei preferito di gran lunga un cane. In quegli occhi potevo leggere tutta la nostra storia, scritta per filo e per segno,
Chissà se ero solo io ad avere quei pensieri o se, in parte, erano ricambiati. Chissà se anche Claudia
poteva vedere un futuro insieme, magari non troppo lontano.
Sospirai, ponendo fine a quel contatto così intimo, per iniziare a studiare.
«Buono studio Fede.»
«Buona lettura Cla. Poi raccontami qualcosa del libro, conosco la trama, ma molto frammentata.
Puoi chiaramente capire che i classici non sono il mio forte.»
Cominciai a ridacchiare, seguito dalla ragazza di fronte a me.
«Ora ci conviene stare zitti, sennò ci vengono a cacciare. Sarebbe pessimo. Fighissimo, ma pur
sempre un peccato, visto che tu devi studiare.»
«Non hai la minima idea di quante cose stupide, e non solo, vorrei fare con te. Potrei fare una lista
lunga metri e metri.» esclamai, cercando di tenere un tono basso di voce.
«Non voglio minimamente pensare ai doppi sensi presenti in questa frase, Fede. Dai inizia a
studiare che qua si sta facendo tardi, e io ho un libro da leggere. Anzi direi proprio rileggere!»
Io sbuffai, pensando dentro di me che in realtà avesse ragione, perciò svuotai distrattamente lo
zaino, posizionando di fronte a me il computer e il quaderno dove prendevo gli appunti, con
l’obiettivo di organizzarli meglio. Purtroppo la mia mente non ne voleva saperne di concentrarsi,
ogni qual volta che avevo la possibilità, i miei occhi danzavano leggeri verso Claudia, che
racchiudeva la bellezza più disarmante che ogni persona potesse desiderare. Fortunatamente, lei non alzava mai gli occhi dal libro che aveva davanti, e che l’aveva completamente catturata.
Avrei voluto scattarle una fotografia, per poter racchiudere quell’istante in uno stupido pezzo di
carta, per poi conservarlo sempre nella tasca del mio cuore, al sicuro e protetto. Per sempre.
Mi spaventava davvero molto quella espressione, non avevo mai riposto troppa fiducia nel
cosiddetto per sempre, era un concetto fin troppo astratto per me, molto difficile da comprendere,
forse anche fin troppo.
«A che pensi?» mi chiese Claudia, appoggiando il libro sul tavolo.
Presi coraggio e parlai.
«Non ti spaventa il per sempre di cui si sente parlare così tanto? Nei film, nei libri, nella vita reale. Io non so se riesco a crederci o meno. Dopotutto chi mi riesce a dare la certezza che sia davvero per sempre?»
Mi resi conto del mio tono di voce troppo alto a causa delle occhiatacce che le altre persone mi
mandarono, perciò mi schiarii la voce, cercando di fare finta di nulla. In realtà non riuscii a
diminuire il rumore che avevo dentro: i miei pensieri stavano urlando e il mio cuore stava correndo ininterrottamente, senza limiti, era impazzito. Parlare con Claudia di quel particolare argomento mi stava rendendo nervoso, estremamente agitato. Speravo con tutto il mio cuore che lei non lo riuscisse a notare.
«Ci stiamo spostando sul filosofico Fede, mi sorprendi.»
Accennai un sorriso, aspettando impaziente una risposta.
«Secondo me i giovani di oggi sono troppo ossessionati da questo per sempre. Magari esiste, è vero, ma non dobbiamo passare tutta la nostra vita a rincorrerlo. Sarebbe una mossa insensata. Ormai la società ha fatto sì che ogni storia d’amore debba essere vissuta in funzione del per sempre,
dell’eternità, di un amore duraturo, che non si sgretolerà mai. Sai cosa ti dico Fede? Fanculo tutto.
Se una cosa deve succedere, allora succederà, che sia nel bene o nel male. Non credo nel per
sempre, non ci ho mai creduto. E’ una impresa troppo grande per l’essere umano. Cercare la
perfezione in tutto, perfino nel tempo? E’ una follia di carattere utopico, solo i pazzi ne sarebbero
capaci.»
«Due pazzi con un cuore grande.» esclamai, mentre una fiammella di speranza nasceva timidamente
nei miei occhi.
«Non credo nel per sempre Federico. Nessuno mai ti potrà assicurare che la nostra storia sarà
infinita, senza limiti e sempre felice. Nessuna storia d’amore lo è, nemmeno le migliori. Io voglio
vivere al meglio ogni momento insieme a te, non voglio soffermarmi sul futuro, non ho intenzione
di usare il mio tempo pianificando progetti nella mente, per poi vedere tutto andare in frantumi.
Voglio rimanere con i piedi per terra, e con le nostre mani intrecciate. Voglio vivere il qui e ora, con
te. Voglio cogliere al meglio gli attimi che vivo, insieme a te, senza farci pressioni, senza metterci
fretta o ansia.»
Non sapevo cosa dire. Di certo non era la risposta che mi aspettavo, ma riconoscevo che il
ragionamento di Claudia non faceva una piega.
Eppure, nel profondo del mio cuore, potevo leggerlo nei nostri volti, un piccolo abbozzo di per
sempre. Forse era necessario che cambiassi il mio punto di vista, non pensando al futuro.
Mi sentivo amareggiato e deluso, sebbene sapessi perfettamente che la ragazza dinanzi a me aveva
ragione.

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