Capitolo diciannove

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CLAUDIA

Ho sempre odiato i cimiteri, non mi sono mai piaciuti. Erano così grigi, così spenti, così spogli, che talvolta mi facevano bloccare il respiro in gola. Avrei voluto vomitare tante di quelle parole per rassicurare Federico, quando entrai mano nella mano con lui, ma non ci riuscii; la mia mente era paralizzata, annebbiata.
«E' tutto a posto?» mi chiese lui, preoccupato dal mio silenzio.
«Certo, non vorrei risultare invadente parlando. So che è il vostro momento e non voglio intromettermi.» dissi cercando di adottare un sorriso rassicurante; forse fallii nel mio intento, ma Fede non disse nulla. Speravo di non sembrare una stupida, in quella situazione: il mio ragazzo stava andando a visitare la tomba del suo fratellino e quella che si sentiva irrequieta ero io.

Camminammo molto lentamente, io in mezzo tra Giulia e Fede, che si stavano facendo forza a vicenda attraverso semplici sguardi; avevano un legame indissolubile, il loro affetto era infinito e impenetrabile. Li ammiravo molto, ma allo stesso tempo provavo pietà per loro due. Erano semplicemente due ragazzi giovani che avevano perso una persona a loro cara troppo presto, portando con loro il peso di quel lutto e delle conseguenze, specialmente nella relazione con i loro genitori.

«Siamo arrivati.» esclamò velocemente la ragazza alla mia sinistra, forse per non farmi capire che il dolore stava prendendo possesso su di lei.
Io decisi di lasciare alcuni minuti da soli i due ragazzi, poiché non volevo invadere il loro momento di intimità, perciò rimasi alcuni passi più indietro rispetto a dove si trovava la lapide.
«Claudia vieni qui?» mi supplicò con voce tremolante Federico, mentre i suoi occhi lucidi cercavano disperatamente i miei, come se volessero trovare un'ancora a cui sostenersi per non cadere.

Io annuii sorridendogli e lo affiancai, guardando le scritte sulla lapide, troppo piccola per quel posto enorme, troppo piccola per il cuore grande che Matteo doveva aver posseduto. Inconsciamente incrociai le braccia, cercando di rimanere stabile, mentalmente e fisicamente; era una visione molto commovente e allo stesso tempo dura, mi toglieva il fiato. A due passi da me, Giulia e il fratello stavano diligentemente sistemando i fiori che avevo comprato poco prima di arrivare. Volevo che una parte di me facesse capire a Matteo che, allora, anche io ero a conoscenza della sua storia.
«Ti ringrazio per averli comprati.» esclamò Giulia, toccandomi il braccio con due dita.
Sospirai, cercando di risponderle con un sorriso. Le sue dita erano molto fredde, i suoi occhi erano molto stanchi, mi stavo chiedendo quanto male potesse farle quella visita inaspettata, non programmata, al suo fratellino.

Decisi di lasciare a Federico tutto il tempo di cui aveva bisogno e iniziai a parlare con Giulia, che mi sembrava la più forte emotivamente tra i due.
«Gli saresti piaciuta tantissimo, fidati. Il suo carattere era molto simile a quello di Fede, lui era altruista, vivace, sorrideva molto spesso. Gli volevamo molto bene, è una disgrazia che se ne sia andato così presto. La cosa che più mi addolora è pensare che Federico si sente responsabile per la sua morte, si incolpa ogni giorno. Tento con tutte le mie forze di fargli capire che non è così, che è stato un terribile incidente, eppure lui è convinto che sia lui il colpevole.»
La guardai negli occhi, che esprimevano sincerità e tristezza e la abbracciai di getto, sperando di dirle tutto quello che non riuscivo a far uscire dalle mie labbra, chiuse a chiave dal dolore di quel momento.

Passammo un'altra mezz'ora nel cimitero, durante la quale vidi Fede piangere, lo vidi arrabbiato con se stesso, lo vidi mentre cercava di togliersi il peso di colpa di dosso, non avendo però alcun successo. Quando uscimmo dal cancello, percepii gli animi degli altri due ragazzi farsi più leggeri, sentii un grande sollievo farsi strada anche dentro di me, scorrendomi nel corpo come linfa vitale. Ero felice di averli accompagnati e di aver avuto la possibilità di vedere la lapide di Matteo; l'esperienza però mi aveva rattristata particolarmente e allora desideravo solamente tornare a casa e fare una doccia fredda, per togliermi dalla pelle quel senso di sofferenza e malinconia, che con i suoi artigli affilati e robusti si era aggrappato a me e non voleva più darmi pace.

«Claudia vuoi fermarti con noi a prendere un caffè? Sono dell'idea che possa essere utile per tutti noi.» disse con fare svogliato Giulia, come se in realtà, quella bevanda calda fosse l'ultimo dei suoi pensieri.
«No grazie, ho promesso a mio fratello che avremmo letto insieme un libro.» dissi velocemente, inventandomi una bugia.
Federico non aveva pronunciato nessuna parola, il che mi stava iniziando a preoccupare.

«Stai bene?» gli chiesi, andandogli vicino, toccandogli il braccio.
«Sono solo un po' stanco, niente di che. Tu vai pure a casa, ci sentiamo.» disse lui, scrollando le spalle.

Sospirai ed esclamai le parole che gli volevo dire sin dal momento in cui avevamo varcato l'entrata del cimitero.
«Sono sicura che nei giorni di pioggia ci sia lui lassù a proteggerti, con il suo ombrellino preferito.»
Mi guardò con gli occhi lucidi e mi strinse tra le sue braccia, mentre i singhiozzi cominciavano ad emergere sempre più forti. Gli accarezzai la schiena, con fare dolce e delicato, sperando di non aver fatto un danno con quella frase.

«Grazie Cla, grazie. Non tutti avrebbero accettato di accompagnarci, ho sentito fin da subito la tua angoscia, ma nonostante ciò non te ne sei andata. Sei rimasta per me e per Giulia, e te ne sono infinitamente grato. Sono fortunato ad aver incontrato una persona come te, che hai un'anima così pura e genuina.» disse, poi abbassò la voce, in modo tale che lo sentissi solo io e continuò: «Ieri sera ho guardato il cielo e ho sentito le stelle parlare, sai? Penso si stiano innamorando anche loro di te...d'altronde non posso biasimarle.»
Sorrisi a sentire queste parole e lo strinsi ancora di più, sentendomi estremamente amata e apprezzata, come mai mi era successo.
«Sono io quella fortunata, insieme a te.»

Quando tornai a casa, salii distrattamente le scale per andare in bagno, ma la mia mente si trovava da tutt'altra parte. Ero infatti ancora concentrata su quello che mi aveva detto Fede, quelle poche parole con un così grande significato, che mi avevano fatto tremare il cuore. Non riuscivo a smettere di sorridere, mi sentivo al settimo cielo insieme a lui. Passai davanti alla camera dei miei genitori e il mio stato d'animo non passò inosservato a mia madre, che mi guardò con occhi indagatori.
«Come mai tutta questa felicità, signorina?» disse, appoggiando una mano allo stipite bianco della porta.
«Federico.»
«Dove vai con tutta questa fretta?» continuò lei.
«Voglio farmi una doccia e mi è venuta in mente un'idea per una nuova canzone alla chitarra. E' da un sacco che non la suono, voglio riprenderla in mano, ora che ho terminato ufficialmente con la scuola.»
«Claudia, devi pensare seriamente all'università, lo sai.» disse mia mamma, con tono serio.
Evitavo quell'argomento come la peste, non ero per niente sicura delle mie possibili scelte, avrei potuto provare Lettere, ma in cuor mio sapevo che non era quello che volevo davvero. Sbuffai, roteando gli occhi al cielo.
«Ne abbiamo già parlato mamma, sai come la penso.» esclami, cercando di concludere velocemente la conversazione.

Mia madre fece un gesto con la mano, ormai rassegnata e mi lasciò andare, borbottando qualcosa che non riuscii a capire. Per quanto le volessi bene, a volte era davvero troppo invadente ed insistente; avevo quasi diciannove anni e volevo acquisire una mia autonomia.
Prima di entrare in bagno, mi urlò dal corridoio: «Se quando esci con Federico torni a casa così felice, allora vedilo ogni giorno! Mi riempie di cuore vederti sorridente, la cosa a cui tengo di più di tutte è la felicità dei miei figli, lo sai.»
Corsi subito ad abbracciarla, pentendomi di ciò che avevo pensato solo pochi secondi prima. Mia mamma era la mia forza e la ammiravo moltissimo, era una donna favolosa e straordinaria.

«Non potevo chiedere mamma migliore.» dissi, sorridendo ancora di più.

Anche le stelle parlano di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora