Capitolo tre

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CLAUDIA

Il tragitto in macchina fu silenzioso e veloce, io non avevo ancora realizzato del tutto quello che era successo. Federico prima di salire in macchina aveva acceso una sigaretta silenziosamente, non aveva proferito alcuna parola e continuava a osservare il suo accendino rosso, decorato con un piccolo adesivo di una stella. Aveva fatto qualche tiro, poi aveva buttato la cicca per terra, pestandola subito col piede. Notai con piacere che a differenza della maggior parte dei ragazzi, non indossava delle scarpe eleganti, ma un paio di vecchie Vans, ormai rovinate. Chissà quanti passi avevano fatto quelle scarpe, quali luoghi avevano scoperto, quali terreni avevano calpestato. Questo piccolo particolare mi fece ridacchiare, beccandomi un'occhiata confusa del ragazzo, alla quale risposi con una piccola alzata di spalle. Stetti assorta nei miei pensieri per due minuti, poi la voce del ragazzo mi riportò alla realtà,

«Allora, sali? Non vorrei lasciarti qui da sola, con tutti questi malintenzionati, comunemente chiamati teste di cazzo, che ti potrebbero dare fastidio .»

«Chi mi dice che tu non sia uno di questi?» esclamai portando il mio sguardo su di lui, che mi guardava dall'alto al basso, divertito. Subito divenne serio quando si accorse che dal mio tono di voce non traspariva nessuna nota di ironia.

«Non ti farei mai nulla ce ti potrebbe ferire o infastidire. Te lo giuro Claudia.» esclamò, preoccupato del mio stato d'animo. Distolsi lo sguardo dal suo, poi salii in macchina, allacciandomi la cintura.

Nessuno dei due parlò, in un certo modo trovai quel silenzio rassicurante, perché mi avvolgeva, come una coperta, scaldandomi. Avevo quindi passato quei dieci minuti fissando il paesaggio fuori dal finestrino, ammirando la mia amata Roma. Ero stata parecchie volte in altre grandi città italiane, come Milano o Napoli, ma nessuna riusciva a farmi sentire a casa come Roma. Era semplicemente la città dove viveva anche il mio cuore. Eppure ultimamente stava iniziando a starmi stretta, a volte la sentivo opprimente, mi sembrava minuscola. Sentivo spesso la necessità di andarmene, fare un viaggio al di fuori dell'Italia, respirare una nuova aria.

Percepivo lo sguardo di Federico addosso, ma non ci diedi troppo peso, continuando a guardare attraverso il vetro trasparente del finestrino, di tanto in tanto accendevo il cellulare per controllare che ore fossero. Quando arrivammo davanti a casa mia, erano appena scoccate le 02:16. Vidi mia madre sbirciare dalla finestra, come suo solito. Quel suo fare invadente non sarei mai riuscita a superarlo. Imprecai, sbuffando pesantemente e alzando gli occhi al cielo. Federico mi guardò perplesso, chiedendomi implicitamente delle spiegazioni per il mio comportamento. Mentre ragionavo mentalmente, cercando una soluzione possibile, illustrai le motivazioni dl mio repentino cambio d'umore al ragazzo.

«Mia madre mi sta osservando dalla finestra. Si aspetta di vedermi arrivare da sola, nella mia auto e con un'aria divertita e di certo non nelle condizioni in cui sono in questo momento. Sto cercando una spiegazione plausibile da dire, ma non mi viene in mente niente. Lei non sa tutta la storia di Fabio, ho paura della sua reazione se la venisse a sapere.» esclamai tutto d'un fiato, mentre il mio respiro diventava sempre di più irregolare. Federico si avvicinò a me, mi mise con delicatezza una mano sulla guancia, con un certo timore. Io chiusi gli occhi cercando di non scoppiare a piangere di nuovo, perché se avessi iniziato, probabilmente mi sarei fermata dopo tanto, tanto tempo. Non volevo dimostrarmi ulteriormente vulnerabile di fronte a Federico, che nel frattempo mi stava scrutando con attenzione, cercando di prevedere la mia prossima mossa. Continuava ad accarezzarmi delicatamente la guancia, sembrava che avesse quasi paura di rompermi. Sembrava quasi che stesse toccando una bambola di porcellana, e forse era proprio quello che ero, in quel momento, pronta a cadere e rompermi, sgretolandomi in mille pezzi.

«Claudia guardami bene. Ora tu ti calmerai, farai un bel respiro profondo, anzi lo facciamo insieme, poi scenderai dalla mia macchina, entrerai in casa e racconterai tutta la storia a tua madre. Si merita di sapere la verità, non lo pensi anche tu? Sono sicuro che andrà tutto bene, anzi non vedo nessun motivo per cui io debba rassicurarti. Tua madre ci sarà sempre per te, specialmente in questa situazione.»

Anche le stelle parlano di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora