8. L'inaspettato è sempre più bello del previsto

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Samuele

Stringo il pugno per non battere impaziente un dito sulla tavola, incapace di trattenere quella sensazione mista tra nervosismo e beatitudine che mi da la sua vicinanza inaspettata. 

Non siamo mai stati così intimi, non abbiamo mai pranzato assieme e tantomeno condiviso le nostre vite più del necessario e ora trovarmi a parlare di tutto tranne che di lavoro mi rende euforico, come se questo nostro incontro fosse in realtà un primo appuntamento. Solo che io ho Elia nella mia vita e l'amore non è tra i miei programmi futuri. "Cosa fai nel tempo libero?". Domando prendendo un boccone di pasta. 

"Non ne ho molto. Alle volte torno a casa per vedere la mia famiglia e mia nipote". Dice mentre arrotola gli spaghetti. 

"Era per lei il regalo che mi hai fatto prendere?". 

Annuisce con la bocca piena. "Poi esco a camminare. Stare sempre dentro l'ufficio mi uccide". 

"Anche io vado spesso in giro, mi piace fotografare la vita". Dico senza prima valutare i pro e i contro di questa affermazione. 

"So che hai frequentato un corso, ho letto il curriculum". 

Non mi chiede se sono andato a lavorare con lui per arrivare più in alto e per questo gliene sono grato, per non mettermi in imbarazzo. "Già. E poi ho fatto il cameriere". Cambio discorso. 

"Io ho fatto il bagnino quando ero giovane". Mette le posate sul piatto vuoto e poi riempie nuovamente entrambi i bicchieri, stupendomi ancora di questa piccolo gesto, di questa sua gentilezza. 

"Lo sei ancora, giovane". Perché mica penserà di essere vecchio. 

"Tu lo sei. Ho sette anni in più di te". 

Guardo la pelle del suo viso, osservo quelle piccole rughe d'espressione che ora sono surrogate sulla sua fronte, in attesa di una mia risposta. "Sette anni non sono tanti". Il viso torna a distendersi mostrandomi tutta la sua bellezza e mi manca il respiro come mai prima. 

"Quindi verresti a letto con me". 

Tossisco, incredulo. "Non sono per una botta e via". Non so dove trovo la voce, ma gli rispondo e quando sul suo viso appare un sorriso beffardo so che lo ha fatto apposta. E questo mi spinge a non tirarmi indietro. "D'altronde se iniziassi a conoscerti meglio ne potremmo riparlare". 

E questa volta è lui che incespica sul suo stesso respiro, facendomi segnare un punto su una lavagna immaginaria. 

Scuote la testa e poi attira l'attenzione del cameriere. "Lo mangi il dolce?". Mi domanda mentre il ragazzo si avvicina al nostro tavolo. "Io non posso rinunciarci". 

Sorrido e sebbene sia tardi ne ordino uno anche io, più per fargli compagnia che per voglia. 

Mi parla di quello che gli piace e dentro di me annoto quello che dice per la spesa della settimana prossima, così da renderlo felice e questo pensiero mi manda in confusione perché non ha alcun senso che io voglia renderlo così. Quando i piatti vengono appoggiati davanti a noi vedo i suoi occhi dilatarsi. "Meglio di una scopata?". Chiedo.

"Le scopate che faccio non sanno quasi mai di niente". 

E nel vederlo mettere in bocca un pezzo di tiramisù mentre chiude gli occhi e mugugna mi procura brividi lungo la schiena che non dovrei provare. 

"E perché continui?". Domando prendendo un pezzo di torta al limone. 

"Perché sono pigro per farmi una sega". Scherza.

Mi va per traverso il dolce e ringrazio d'avere il bicchiere colmo d'acqua. 

"Assaggia questo". E passando sopra il tavolo si allunga verso di me con un cucchiaio pieno del suo dolce. 

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