12. Alcuni amori sono solo dei ponti

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Jonathan

Alzo lo sguardo dalle bozze che mi sono appena state portate e lo rivolgo verso la sua scrivania, senza però trovarlo. Mi indispettisco perché ormai il mio cervello ha bisogno di ricevere la sua dose di Samuele, per cui mi alzo e vado a cercarlo. 

Nell'ufficio non c'è e sapendo che non esce senza prima avvisarmi l'unico altro posto in cui può essere è lo sgabuzzino che ho trasformato in sala da caffè. Cammino verso quella direzione e mentre mi sto avvicinando lo sento canticchiare. 

È di spalle, non mi vede e trovo incredibile che abbia avuto il coraggio anche di infilarsi le cuffiette spegnendo così il mondo esterno. Ma onestamente non mi interessa più di tanto dato che ogni giorno il suo lavoro lo porta sempre a termine e quando lo cerco per me c'è sempre. 

Adoro la sua tranquillità, quel suo essere quasi ingenuo e innocente, sempre disponibile e mai scortese e sempre più spesso mi domando se sia veramente così anche nella vita vera, quella di tutti i giorni. Finendo col domandarmi se ci sia anche solo una possibilità che possa andare bene, per poi ricordarmi che è fidanzato. 

Ma è davvero così sbagliato desiderare che i suoi occhi si posino su di me? È sbagliato pensare che l'amore che potrebbe darmi lui è diverso da quello che ho ricevuto da Zac? Perché se così fosse, non ho almeno il diritto di provarci? Di osare e chiedere? 

Faccio un passo come se fosse una spinta e mi piace pensare che sia il mio ex ragazzo che da dietro mi obbliga ad agire, a prendermi finalmente di nuovo qualcosa per me. 

Mi fermo dietro le sue spalle, appoggio una mano sul bancone dove c'è la macchinetta del caffè bloccandolo così da un lato e con la mano libera gli sfilo una cuffietta infilandola nel mio orecchio, ascoltando quello che stava canticchiando. Il suo corpo a pochi centimetri dal mio è fermo immobile, consapevole che se solo provasse a muoversi toccarci sarebbe inevitabile. 

"Questa canzone è...". Inizio a dire, ma poi mi fermo bloccando le parole nella bocca. Perché esprimere in questo preciso istate il pensiero che mi è passato per la mente sarebbe forse troppo per la situazione. E mi stupisco quando è Samuele a parlare. 

"Perfetta per due che vogliono fare sesso". 

Il tempo continua a scorrere, ma dentro il mio corpo tutto sembra aver aumentato il ritmo. "Occhi blu e jeans neri". Recito la canzone osservando com'è vestito oggi. "Non puoi dire così". 

Si volta tra le mie braccia, i nostri visi a pochi centimetri di distanza, la pelle che si sfiora. "Perché no?". 

E mi chiedo quanto scosso sia quel mare calmo in questo momento sotto la superficie. "Perché potrei chiudere la porta". 

"Ho forse detto per noi?". Provoca. 

Non so a che gioco stia giocando, se stia solo testando la mia pazienza o se voglia tradire, ho paura a chiederglielo perché adesso non sarei pronto per un rifiuto. 

"Quando meno te lo aspetti ti prenderò e ti sbatterò contro il muro così velocemente che non farai nemmeno in tempo a capire quello che sta succedendo che avrò la lingua già infilata nella tua gola". 

"Sembra una minaccia". Mi guarda assottigliando lo sguardo. 

"È un avvertimento". Mi tolgo la cuffietta e gliela rimetto nell'orecchio e per l'ennesima volta lo lascio lì con i suoi pensieri in subbuglio. 


Samuele

Nella testa le sue ultime parole che continuano a vorticare in circolo come se fossero in una centrifuga, sparpagliando pezzi del suo desiderio per tutto il mio corpo provocandomi un leggero tremolio che fa vacillare per la prima volta i sentimenti che provo verso Elia. 

Torno a casa a piedi sperando che un po' di aria fresca rimetta in riga i miei pensieri perché la paura di commettere un errore sta diventato altissima. 

"Sei arrivato presto". La voce del mio compagno mi accoglie non appena entro in casa. 

"Non mi avevi detto che saresti passato". Gli dico appendendo la giacca e andandogli incontro. 

"Così da permetterti di tradirmi?". Mi dice, il sorriso sulle labbra e dentro di me mi domando quanta verità ci sia però in questa sua battuta. Era questo a cui si riferiva l'altra sera quando abbiamo litigato? O è riuscito a leggermi in faccia quello che ho pensato solo poche ore prima?

"Ho il frigo vuoto". Lo bacio come sempre, ma la verità è che questa sera sono alla ricerca di quel qualcosa in più, dello stesso brivido che in ufficio prima mi ha devastato. 

"Ordiniamo qualcosa?". Mi abbraccia e oltre al calore però questa sera non sento nulla.

Annuisco. "Vado a farmi una doccia". 

Lo lascio al telefono mentre cerca qualcosa dal menù e nel frattempo vado in bagno. Mi spoglio e poi entro nel box. Metto il getto dell'acqua forte e lascio che mi colpisca la pelle quasi da farmi male perché è quello che mi merito in queso preciso istante. 

Ingoio a vuoto un groppo di delusione per me stesso e poi batto un pugno sul muro sfogando tutta la frustrazione che sento lasciando che la confusione più totale prenda ancora più spazio dentro di me. Scivolo a terra e con l'acqua che continua a bagnarmi mi prendo il viso tra le mani e inizio a imprecare. 

Non è giusto. Quello che ho oggi mi basta, quello che ho ora è perfetto, ma allora perché all'improvviso sto così male? Perché per la prima volta in tre anni sento che potrei avere dalla vita più di quello che ho già? 

"Sam?". La voce di Elia si affaccia sulla porta del bagno. "Mi aspetti?". 

Mi asciugo il viso come se fosse possibile. "Sì". Dico cercando di risultare credibile e poi mi rialzo da terra. 

Quando mi raggiunge viene subito avvolto dal vapore caldo. "Il getto assassino?". Mi dice prendendo il soffione e regolandone la velocità. "Sei pazzo?". 

"Giocavo". Mento, contro ogni mia abitudine. 

"Cosa ne dici di giocare con me invece?". Si avvicina e premendo il suo corpo contro il mio inizia a baciarmi la pelle bagnata. 

Cerco di svuotare la mente e di concentrarmi solo su di lui e sul piacere che mi regalerà a breve, ma direi una cazzata se ammettessi che è facile, che è come sempre, perché quella nebbia che mi offusca la mente non si è diradata del tutto, lasciandomi più dubbi che risposte. 

Chiudo gli occhi e lascio che la sua bocca compia una magia, cercando di rimandare a domani ogni pensiero. Mentendo perfino a me stesso.  

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