Jonathan
Sono davanti l'ascensore, una cartellina sotto il braccio e un piede che batte a terra impaziente.
"Qualcuno sembra felice di venire in ufficio".
La voce di Ludovico accanto a me che si insinua nella testa facendomi sorridere. "Lo sono, ma allo stesso tempo no".
Siamo solo noi due eppure c'è qualcun altro tra di noi.
"Zac ti tirerebbe un pugno se fosse qua".
Ingoio un groppo amaro fatto di ricordi dolorosi. Non me ne tirerebbe uno, ma una raffica se potesse ancora sentire i miei ragionamenti, certo però che se lui fosse ancora qui con noi io non avrei nessuna esitazione su chi amare. "Dare ancora il proprio cuore a qualcun altro è rischioso".
"Jo". Mi chiama il mio amico. "Lo sai che amare può solo farti del bene".
Lascio che le sue parole sedimentino nella mia mente prendendomi tutto il tempo che mi serve per rispondergli. "Ho già amato".
Io, Ludo e Zac siamo sempre stati uniti. Stesse passioni, stessi interessi. Praticamente siamo cresciuti assieme fin da quando ho memoria e assieme abbiamo fondato il With us con la promessa di non separarci mai, ma poi è arrivato quel giorno.
Sentivo che nell'ultimo periodo sembrava esserci qualcosa che non andava, ma avevo incolpato il troppo lavoro che ci stava soffocando con i dati che non erano in positivo e il rischio di dover chiudere la rivista per sempre. Eravamo sotto pressione e lo stare in settori diversi mi ha impedito di vedere chiaramente i cambiamenti che stavano avvenendo nel mio ragazzo.
Alla fine si era dichiarato lui, io non ne avevo coraggio per paura di rovinare la nostra amicizia, avevamo una relazione stabile, eravamo felici e tutto per noi due sembrava andare nella giusta direzione fino a quello svenimento in ufficio.
"Zac non vorrebbe vederti così".
Vero. "È stato lui a insegnarmi cos'è l'amore e senza di lui non so se posso amare ancora". Perché la verità è che se da un lato voglio donare ancora il mio cuore a qualcuno, dall'altra ho una paura fottuta di ritrovarmi nella stessa situazione.
"Perché invece non ti chiedi: e se fosse questo il mio destino?". Mi sfida.
Non dico altro, sono incazzato con quello che ha appena detto perché sminuire quello che avevamo non è da lui e quando le porte si aprono mi affretto a scendere salutandolo quando arriviamo al mio piano.
"Smettila di scopare ogni essere vivente disposto a condividere il letto con te e vatti a prendere quello che sai di volere fin dal primo istante che l'hai visto".
"È fidanzato". Gli faccio sapere, mettendo da parte il mio fastidio e lasciando al primo posto la nostra amicizia.
"Ma se siete destinati...". Lascia in sospeso la frase.
Sbuffo e dopo aver preso un respiro attraverso le porte del nostro reparto.
Ho il capo chino e sto per superare la sua scrivania senza nemmeno salutarlo quando lui senza alzare la testa da quello che sta leggendo, appoggia un termos sul desk rialzato.
Osservo quel bicchiere colmo di caffè che so essere stato messo lì per me.
"C'hai sputato dentro?". Gli chiedo, cercando di far passare il suo gesto carino in qualcosa di subdolo.
"Abbiamo mangiato dallo stesso cucchiaio per cui non credo che ti farebbe schifo anche se ci avessi sputato dentro".
Alza la testa guardandomi e nel suo mare immenso vedo chiaramente la mia paura di affogare. "A quanto pare non ha schifato nemmeno te".
Sostiene il mio sguardo e un po' mi lascio andare. Guardo la sua bellezza che non ha nulla a che fare con quella dei modelli della rivista, guardo i suoi occhi e ricordo quel bagliore che li illuminavano solo ieri quando mi parlava delle modifiche che si potevano fare sul lavoro che gli ho sottoposto, guardo la sfrontatezza che ha tirato fuori dopo quella sera passata assieme e infine guardo dentro la sua anima chiedendomi quanto possa essere pura e disposta a ricevere amore.
"Se non lo vuoi basta dirlo". Evita di rispondermi, preferendo una via di fuga.
Prendo il bicchiere ancora caldo. "Lo voglio". E lo lascio lì così, probabilmente a maledirmi.
Samuele
Sono passate due settimane da quel nostro ultimo scambio e da quel momento ha sempre cercato di mantenere le distanze da me, senza però evitarmi. Semplicemente le battute, i tocchi accidentali, le mail a sera tardi hanno cessato di esistere, creando nuovamente quell'ordine iniziale al quale non ero più abituato, senza però le sfuriate contro di me.
Lo guardo seduto dietro la scrivania, la matita sospesa su un foglio mentre valuta se depennare qualche articolo inutile, la camicia slacciata sul collo e le maniche arrotolate fino al gomito dopo che è tornato da un pranzo di lavoro. È affascinante con quell'aria sfatta e stanca e mi domando cosa passi per quel cervello che ha deciso di allontanarsi da me. Alzo la testa verso l'alto e butto all'indietro tutto il peso dei miei pensieri. Li lascio affogare in quel mare liquido che è diventata la mia mente mentre fisso il muro bianco davanti a me e seguo una crepa che corre lungo il soffitto.
Quando suona il telefono dell'ufficio rispondo come sempre. "With us, ufficio del signor Narri". Dall'altro capo una voce che ho imparato a conoscere.
"Non si è più fatto vivo". Mi dice.
Riporto lo sguardo sul mio capo e come se si sentisse osservato ricambia la mia occhiata. "È molto occupato ultimamente".
Credevo avesse iniziato a chiamare lui stesso i suoi amanti, ma a quanto pare non è così dato che uno di questi ora è al telefono con me. Jonathan inclina la testa continuando a mantenere il contatto visivo con me facendomi notare che un po' mi mancava.
"Me lo potresti passare?".
Lo vedo alzarsi e venire verso di me. "Al momento non è in ufficio". Rispondo mentre con un dito attorciglio il filo della cornetta e con gli occhi guardo il ragazzo che ora mi è di fronte.
"Sapevo che era difficile," mi dice, "ma non credevo che avrei passato del tempo a parlare di sesso con il suo segretario. Puoi dirgli almeno di tenersi libero una sera?".
"Per parlare o per scopare?". Domando incatenato al suo sguardo che si fa languido non appena mi vede inumidire le labbra.
Lo sto provocando solo per avere una reazione, qualunque essa sia sebbene sia consapevole che sto giocando con un fuoco che non mi appartiene e che tanto meno dovrei accendere.
E sto aspettando una risposta dall'amante quando lo vedo allungare un braccio verso di me per poi posare il suo palmo sulla mia guancia e il pollice sul mio labbro inferiore per liberarlo dai miei denti.
"Non puoi giocare, sei impegnato". Mi dice sottovoce tirandosi indietro.
La pelle rovente dove è stato il suo tocco e il cuore che corre come se ne andasse della sua sopravvivenza.
"Riferisco". Rispondo al ragazzo che nel frattempo aveva continuato a parlare senza sapere cosa stava succedendo e dopo averlo salutato, riaggancio.
"Una scopata". Dico al mio capo che è ancora fermo davanti la mia scrivania.
"Io e te?". Alza le sopracciglia, ci prova.
E non per la prima volta, portandomi a pensare se sia ancora solo una presa in giro o meno. "Mi hai appena detto che non posso giocare". Rigiro le sue parole a mio vantaggio.
"Allora no". Fa un passo indietro. "Credo che scopare non mi si addica più".
"Cosa vuol dire?". Chiedo alla sua schiena e anche se so che mi ha sentito non mi risponde.
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QUALCOSA IN PIÙ
RomanceL'amore che Samuele conosce e condivide con Elia è fatto di rinunce e accettazioni, portandolo a credere che quella sia la vera faccia di quel sentimento ambito da molti. Jonathan invece l'amore l'ha toccato con mano, ma l'ha anche perso per sempre...