15. Chi non osa afferrare le spine non dovrebbe mai desiderare la rosa

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Samuele

Ha ragione e non so perché continuo a comportarmi così, ma è come se con lui fossi nel giusto. "Non andare". Il cuore che all'improvviso si fa impavido non appena lo vedo alzarsi dalla sedia. 

"Non farlo". Mi ripete per la seconda volta in brevissimo tempo, la voce un sussurro. 

"Cosa?". Domando questa volta alzandomi anche io incapace di restare fermo. 

"Trattenermi". 

Lo stomaco che balza alle sue parole. Scelta di pancia. "Non stiamo facendo niente di male". Leggo l'indecisione sul suo viso, combattuto tra quello che è più giusto per lui e quello che lo è per me. E lo capisco quel suo volermi, quel suo girarmi intorno perché sono io che spesso lo provoco avvicinandolo a me. "È vero che è sbagliato, ma resta per piacere". Tremo nel chiederglielo, la testa nel pallone. 

Si passa la mano sul viso, probabilmente combattuto. "Te l'ho già detto che ho già avuto il mio grande amore, ma con te è come se ci fosse una forza che continua a spingermi per venirti addosso, rimettendo in gioco il mio cuore". Si risiede sulla sedia e lascia cadere le mani sulle sue gambe. "E ho paura". 

Le sue parole sono come un palloncino che scoppia all'improvviso, dove salti, ti intimorisci, ma allo stesso tempo sorridi di sollievo. Perché è così che mi sento in questo momento. Sono egoista perché non dovrei provare questo tipo di emozione eppure il gusto del proibito rende tutta questa situazione più appetibile. "Perché paura?". Gli chiedo sedendomi di nuovo accanto a lui.

"Il mio ragazzo è morto". Nelle mie vene un gelo improvviso. "L'amore era la sua felicità più immensa e quello che so su questo sentimento è merito suo perché prima che mi mettesse in riga ero esattamente come mi hai conosciuto. Poi senza che ce ne rendessimo conto si è ammalato". 

Non so cosa dire e forse è perché non c'è niente che possa alleggerirgli questo peso che semplicemente allungo una mano per coprire la sua. 

"Ho accettato la sua morte". Mi dice guardando le nostre mani unite. "Ma da quel giorno amare mi fa paura e mi fa sentire in colpa". 

"Non dovresti". Azzardo, ripensando al mio me innamorato. 

"Già. Anche Ludo me lo dice". Incrocia i miei occhi. "E forse è per questo che ora sono ancora qui". 

L'insicurezza lo stringe forte eppure ha l'ardore di tentare. "Quindi cosa faresti?". Domando, più per togliere quel fantasma che per provocarlo.

"Ci siamo già conosciuti quindi il nostro incontro lo abbiamo già avuto per cui ti chiederei un appuntamento, poi ti bacerei, poi ancora farei l'amore con te e alla fine ti chiederei di stare assieme". 

Ripeto tutti i punti più volte nella mia testa sentendomi sempre di più un figlio di puttana nei confronti di Elia che non si merita niente di tutto ciò che gli sto facendo, ma la mia mente non è in grado di bloccare questo attacco che arriva silenzioso e che sta causando una perdita considerevole del mio buon senso, lasciandomi invece con la voglia tra le mani di prendermi quello che di effimero ho davanti agli occhi e che so potrebbe devastarmi. Jonhatan non mi conosce come il mio ragazzo ed è per questo che credo riesca a farmi brillare in modo diverso e penso sia per questo motivo che lo sto desiderando così tanto. La testa che esplode e le lacrime nel cuore. 

"Non posso darti quello che mi stai chiedendo". Dico, una decisione che mi costa fatica, ma che so essere la migliore per lui. Perché non posso e non voglio prendere in giro nessuno. 

Annuisce. "Potrei prendermelo però". 

Lo guardo intensamente riempiendomi l'anima di lui ancora una volta soltanto. "Potresti provarci". E alle mie stesse orecchie sento la debolezza di questa proposta.

Jonhatan

Accetto le sue parole come se fossero portatrici di speranza, quando in verità sono solo un rifiuto mascherato da una patina dolce. Ma non mi arrendo, non ancora, perché dopo tutto una parte di lui, quella che ho imparato a conoscere, so che vorrebbe liberarsi in volo. Ed è in quel cielo infinito che mi troverà.

"Hai voglia di guardare un film?". Mi domanda sfacciato, sapendo molto bene quali siano i miei desideri. 

"Ho voglia di guardare te". Ribatto. "E non farò passi indietro". 

Sostiene il mio sguardo e faccio fatica a non stringerlo tra le braccia. "Cosa vorresti dire?". 

"Che anche se il tuo è un no, per quanto mi riguarda ogni occasione che avrò la userò per farti capire cosa ti stai perdendo a non stare con me". 

Dondola sui piedi, probabilmente messo all'angolo dai suoi stessi pensieri e dopo un momento di esitazione in cui non so cosa gli sia passato per la testa, afferra la scatola di cioccolatini e va a sedersi sul divano. "Sono curioso". Mi dice battendo il posto sul divano accanto a se. "Vediamo cosa potresti offrirmi". 

Sorrido e lo raggiungo in silenzio conscio che questo suo giochetto non farà altro che farmi impazzire, sperando solo di riuscire a fermarmi prima della sconfitta che so arriverà. Lo osservo mentre cerca un film che gli piaccia e una volta posato il telecomando si rannicchia sul divano chiudendo le braccia attorno alle gambe. 

"Lo ami davvero?". Domando mentre la luce dello schermo rimbalza sui suoi occhi, intuendo che quello che ha ora non sia più così forte dato che flirta con me. 

"Lo amo". Non si volta. "Ma a volte fa male". 

Appoggio il braccio sullo schienale, piego una gamba sulla seduta e mi rivolgo verso di lui. "Le ferite si rimarginano".

"Le ferite quando piove sono dolorose". Si gira verso di me. 

"Potrei diventare il tuo ombrello". 

Sbuffa, ma solo per nascondere un sorriso. "È così che rimorchi?". Domanda rivolgendosi del tutto verso di me. 

"Non guardi il film?". Non gli rispondo. 

"Lo so a memoria". 

"E perché hai scelto questo?". Sono curioso. 

"Avere con me qualcosa che conosco in situazioni in cui c'è qualcosa di nuovo mi conforta e mi aiuta". Parla piano, quasi timidamente per paura d'essere deriso, quasi. 

Allungo una mano sulla sua e con il pollice accarezzo la sua pelle. "Di cosa hai paura?". 

Abbassa lo sguardo come se volesse nascondersi, fuggire via da me. "Sono solo un fiore allo specchio, una luna riflessa nell'acqua". Gira la mano e ora le mie dita si ritrovano ad accarezzare il suo palmo. 

Osservo il suo gesto e poi penso a quello che mi ha appena detto. "Perché?". Gli chiedo non appena capisco cosa intende dire. Qualcosa che può essere visto, ma non toccato. Qualcosa che è bello, ma irraggiungibile come un miraggio. "Lo senti?". Prendo la sua mano tra la mia. "Io sono qui, davanti a te". 

Il suo mare chiaro si incatena alla mia terra. Occhi negli occhi. "Non posso darti quello che stai cercando, non voglio illuderti". 

"Non possiamo sapere oggi quello che accadrà domani". Mi avvicino un po' di più. "Chi ti dice che non ti innamorerai di me?". Ho il cuore in gola e parlare quando l'unica cosa che vorrei fare è baciarlo mi sta venendo piuttosto difficile. 

"Non credo accadrà". Mi dice stringendo la presa. 

E anche se non lo dice vedo tutta la tristezza che cerca di celare dietro il suo sguardo e non me la sento di insistere, non quando so che non è disposto ad accettare il mio affetto incondizionato. "Posso solo chiederti una cosa?". Tremo perché è la prima volta che faccio una richiesta del genere e un po' mi sento scoperto. 

Annuisce. "Pensami. Non sempre, non per lavoro, ma nel tuo cuore, quando vuoi". 

Stringe le labbra e annuisce ancora senza dire nulla. 

"Ora lasciami guardare questo film che sai a memoria". Gli dico, cercando di riportare l'atmosfera densa a una qualità più leggera, meno satura di aspettative e promesse. 

Ci giriamo entrambi verso la televisione e con lui che parla come se stesse recitando, ce ne restiamo fianco a fianco sul suo divano, come se questa scena facesse parte della nostra routine. 



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