Samuele
"Anche se il futuro ha dei muri enormi, io non ho paura e voglio innamorarmi, non amarmi per il gusto di qualcosa di diverso..."
Lo sento cantare dal suo ufficio e non appena riconosco la canzone batto la testa sulla scrivania, incredulo. Mi chiedo se si renda conto di quello che mi sta facendo, ma ho paura a chiedere per cui faccio finta di nulla e continuo a lavorare.
"Samu!". Mi sento chiamare.
Alzo la testa di scatto non appena sento uscire dalla sua bocca il mio nome abbreviato e una cascata di acqua gelida mi fa rizzare i peli delle braccia, perché non può assolutamente piacermi il modo in cui mi ha chiamato.
"Usciamo". Mi dice fermandosi davanti la scrivania.
"Dove?". Domando prendendo la giacca appesa dietro di me.
"A casa mia". Mi fa l'occhiolino e senza pensarci due volte prendo la matita che stavo usando e gliela lancio dietro, facendolo ridere.
"Ritenta". Lo affianco.
"A lavorare. Mi manca il fotografo e stavo per chiamare uno dei ragazzi che lavora saltuariamente per noi, ma poi mi sei venuto in mente tu".
Lo guardo interdetto mentre aspettiamo l'ascensore. "Non credo d'aver capito".
"Lavoro sul campo".
Entriamo e nella discesa mi volto a guardarlo.
Si gira anche lui e quando fa un passo verso di me accorciando la nostra distanza sono sicuro che non ci sia più ossigeno in questo cubicolo perché la testa inizia a girarmi troppo in fretta.
"Voglio vederti con una fotocamera al collo". La voce bassa e suadente, come se stesse pronunciando qualcosa di sexy.
E anche se è sbagliato lo faccio lo stesso. "Solo con quella?". Sfacciato e provocatore, qualità che non mi appartengono, ma che lui è in grado di tirarmi fuori.
"Ti piace, vero?". Mi domanda avvicinandosi ancora di più. "Questa cosa strana tra di noi ti eccita?".
Lo guardo assottigliando lo sguardo. "A te?". Domando senza rispondere.
Si avvicina ancora di più facendomi fare due passi indietro fino a sbattere la schiena contro la parete, le mani appoggiate entrambe sulla lamiera fredda all'altezza della mia testa. Il viso a pochi centimetri dal mio come pochi giorni fa e il suo fiato caldo sulle mie labbra.
Metto le mani in tasca per impedirmi di aggrapparmi a lui come un disperato e stringo le labbra per non baciarlo. Tutto completamente sbagliato e allo stesso tempo giusto.
La situazione, noi, il desiderio di ricevere un suo tocco. C'è tutto.
"A me fa paura. Chissà cosa ne pensa il tuo ragazzo". Mi ricorda e subito dopo si tira indietro, allontanandosi e ripristinando la distanza tra di noi facendomi sentire una merda nei confronti di Elia.
"Perché lo fai?". Gli chiedo però, ignorando la freccia che si è appena incagliata nel petto.
"Perché ho scoperto da poco che non voglio avere rimpianti".
Il campanello ci avvisa dell'arrivo al piano e subito dopo davanti a noi si aprono le porte, nessuno dei due però si muove. "Lui pensa che dovrei cambiare lavoro".
"Perché?".
"Dice che sto cambiando". Confesso a voce alta.
"Ha ragione?". Il silenzio che si propaga tra di noi e le porte che si richiudono.
Penso al me di pochi mesi fa, prima di iniziare questo lavoro. A come ero solito essere monotono e abitudinario e al me di oggi. "Penso di non piacergli tanto così".
Jonathan
Una sola frase, ma che mi fa infuriare come se fosse stato un discorso di mille parole.
Lo guardo mentre con un sorriso splendido sulle labbra fotografa una coppia di modelli seduti su una panchina, cercando di far risaltare i vestiti che indossano per il marchio a cui stiamo facendo pubblicità. Ed è così immerso nel suo mondo da non rendersi nemmeno conto di quanto sia affascinante in questo momento.
È vero che da quando è arrivato è cambiato, ma chi sarebbe riuscito a rimanere se stesso quando si trova all'interno di ciò che ama fare? Chi riuscirebbe a restare in piedi sul bordo del marciapiede mentre tutti gli altri ballano in mezzo alla strada? È così sbagliato ammettere che quel cambiamento lo ha solamente reso la persona che dovrebbe essere?
Mi avvicino a uno dei ragazzi con cui è solito lavorare Ludovico e osservo le immagini che sono appena state scattate.
"Non lo conosco". Mi dice facendo un cenno della testa verso Samuele.
"È la sua prima volta". Confesso, sperando si tenga per sé questa informazione.
"Non si direbbe". Conclude e poi torna a salvare le foto mano a mano che appaiono sullo schermo.
I capelli raccolti nel suo solito codino, i jeans che gli fasciano le gambe, una giacca pesante a coprirgli un corpo perfetto e gli occhi che guardano attraverso un obiettivo quello che ha sempre desiderato fare.
E sì, forse non è come fotografare la vita, come lui stesso l'ha definito, ma credo che anche questo piccolo squarcio lo stia rendendo felice e saperlo tale accende in me quella voglia di dargli di più, senza però averne nessun diritto.
Quanto in là posso spingermi però? Fino a che punto mi è concesso farlo tremare? Quanto sono disposto a perdere di me in tutto questo?
Perché so perfettamente che non gli sono del tutto indifferente, ma so altrettanto bene che lui mi vede solo come un fuoco di bengala. Una luce accecante all'inizio, ma destinato a spegnersi dopo poco, soprattutto perché il suo fianco è già occupato da qualcuno.
"Tieni". Gli sporgo un bicchiere di caffè bollente per riscaldarsi finché aspetta che i modelli si cambino.
"Grazie". Lo vedo portarsi quel liquido caldo alle labbra e mai come prima desidererei scoprire se sono morbide come appaiono.
"Stai facendo un buon lavoro". Gli dico portando una mano ai suoi capelli per spostare una ciocca sfuggita al codino dietro l'orecchio.
Lo vedo che abbassa lo sguardo, imbarazzato probabilmente. "È uno dei tuoi metodi per rimorchiare?". Mi domanda, riferendosi all'opportunità che gli ho dato di far apparire il suo nome sull'articolo.
"Tu più di tutti dovresti sapere che non ho bisogno di questi giochetti".
"È che non posso crederci stia succedendo davvero". Dice, indicando la fotocamera che ha appesa al collo e poi verso il resto dei ragazzi.
"Hai studiato per questo". Gli ricordo, sapendo benissimo che tipo di corso ha frequentato.
"Sì, ma nessuno mi ha mai dato un posto di lavoro". Mi fa presente. "Mentre tu ora mi butti dentro così come se niente fosse".
"Avresti voluto un tappeto rosso ad accoglierti?". Sorrido.
Alza gli occhi al cielo e adoro il modo teatrale in cui lo fa, sbuffando. "Cosa ne ricavi?".
Alzo le spalle. "Più tempo con te".
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QUALCOSA IN PIÙ
RomanceL'amore che Samuele conosce e condivide con Elia è fatto di rinunce e accettazioni, portandolo a credere che quella sia la vera faccia di quel sentimento ambito da molti. Jonathan invece l'amore l'ha toccato con mano, ma l'ha anche perso per sempre...