19. La passione è l'ossigeno dell'anima

1.3K 80 9
                                    

Samuele

"Lo hai lasciato da solo e ora sei qui con me?". Mi domanda e posso sentire l'ilarità nella sua voce. 

Niente di tutto ciò ha senso eppure questa è la situazione in cui mi trovo. Con l'uomo che dovrei sposare a casa mia da solo mentre io sono a cena dal ragazzo innamorato di me. "Volevo mangiare pollo". Metto il broncio. 

"Puoi venire qui a mangiarlo ogni volta che vorrai". Le parole che escono dolci dalla sua gola mi accarezzano lievemente. 

"Anche quando sarò sposato?". Ho il cuore in gola e anche se so di fargli male ho bisogno di sentire la sua risposta. 

Lo vedo crearsi un momento, prende la birra e ne beve un sorso prima di rispondermi. "I miei sentimenti non svaniranno solo perché sarai di un altro". 

Sarebbe tutto così semplice, così bello. Ma quanto di tutto questo potrebbe essere vero? 

"Vuoi che mi cerchi un altro posto di lavoro?". Gli chiedo, ma da egoista spero rifiuti questa mia proposta.

"Ti metto a disagio?". 

No, assolutamente no. Sono solo io che ho paura di perdermi. "Mi piace stare con te". 

"Io e te arriviamo sempre alla boa. Ci giriamo intorno e poi torniamo indietro. Ma non sarebbe bello continuare e nuotare in quel mare infinito?". 

Ha ragione. Flirtiamo, ci stuzzichiamo e poi facciamo marcia indietro. Ma questo è quello che posso dargli perché la verità è che non sono capace di lasciare Elia. "E se ci fossero degli squali?".

Sbuffa sorridendo. Non posso lasciargliela passare così e lo sa anche lui. Non sarebbe da me assecondarlo e dargli ragione perché noi stiamo bene anche quando siamo così, in disaccordo. 

Mangiamo e lo ascolto mentre mi parla di quello che lo aveva trattenuto a lavoro, lasciandolo sfogare di tutto ciò che lo tortura in ufficio. E dovrei essere stanco di sentir parlare di lavoro eppure prendermi cura e carico dei suoi problemi mi fa sentire importante. 

"Ti do una mano". Gli dico quando si alza per mettere via gli involucri ormai vuoti della cena. 

Lo aiuto a mettere nel lavello i bicchieri e le posate e proprio mentre sto per aprire l'acqua per lavarle, vengo fermato. Una sua mano sopra la mia sul rubinetto mentre l'altra si appoggia delicatamente sul mio fianco facendomi voltare verso di lui.

"Non farlo". Mi dice, non per la prima volta. 

"Perché? Un amico non può darti una mano?". Domando alzando le sopracciglia. 

"Secondo te due amici farebbero questo?". 

La mano che prima era posata sulla mia ora mi accarezza la schiena e basta una leggera pressione del suo palmo per farmi fare quel mezzo passo che mi divideva da lui. Tra i nostri corpi in questo momento non passerebbe nemmeno un foglio di carta e il cuore impazza così forte che potrebbe far tremare il pavimento se solo mi uscisse dal petto. 

"Allora perché non dovrei farlo?". La voce che fatica a uscire. 

"Perché quando vieni qui a casa dovresti essere viziato da me e non messo a lavorare". La mano che si aggancia all'elastico dei capelli sfilandolo. "È da quando ti ho visto la prima volta che volevo farlo". 

Lunghe ciocche che ricadono sul mio viso e che prontamente vengono spostate dal suo tocco delicato mentre passa le dita tra la mia chioma. E ogni terminazione nervosa si mette sull'attenti facendomi chiudere gli occhi e seguire il movimento della sua mano come farebbe un gatto in cerca di coccole. Ed è tutto così bello da non sembrare vero. 


Jonathan

Lo guardo mentre tiene gli occhi chiusi e si passa la lingua sulle labbra, senza rendersi conto dell'effetto che mi fa. "Sei così erotico". La voce bassa che vorrebbe prenderlo e inghiottirlo. 

Il desiderio denso e pesante cola dai nostri corpi per spargersi sul pavimento ai nostri piedi ed è così travolgente che basterebbe solo un altro gesto per trasformarlo in sabbie mobili pronte a inghiottirci. 

"È sbagliato?". Sussurra, il fiato caldo che mi accarezza le labbra schiuse. 

"Affatto, ma sei una tentazione continua". Con la punta del naso sfioro una sua guancia, la pelle morbida e profumata. 

"Basterebbe così poco". Mi dice seguendo i miei movimenti al posto di respingerli. "Eppure non ti spingi mai oltre". 

Sorrido alle sue parole. "Qualcuno potrebbe dire che anche questo è sbagliato". Dico al suo orecchio, come se gli stessi confidando un segreto. 

"Quel qualcuno un giorno mi ha detto che se bastasse una scopata per farmi avere il lavoro che voglio potrebbe anche chiudere un occhio". La voce suadente che mi attira ancora di più a sé. 

Siamo ancora stretti uno all'altro, il calore dei nostri corpi che ci infiamma e i nostri cuori che ormai saltano la corda assieme. E assieme a loro la salto anche io. In un gesto rapido mi abbasso e afferrandolo per le cosce lo prendo in braccio e in un silenzio pieno di promesse cammino verso la camera da letto. 

Tremo e la presa si fa incerta, ma tengo duro e non appena arrivo ai piedi del letto lo lancio sul materasso, per poi raggiungerlo gattonando sopra di lui. 

Le braccia tese ai lati della sua testa, le ginocchia piegate lungo i suoi fianchi. Occhi negli occhi che si intrecciano e accarezzano sensuali pieni di aspettative proibite. 

"Quindi posso scoparti se ti cambio di reparto?". Accarezzo il suo collo e poi scendo sul suo torace forte sentendo ogni suo respiro. 

Vedo il suo pomo d'Adamo andare su e giù, impaziente e quasi in attesa. "Ti basterebbe una scopata?". 

"Assolutamente no". Gli dico alzandomi e sedendomi a cavalcioni su di lui. Le mani aperte sul suo ventre. "E a te?". 

"Quindi non lo faremo". Nessuna domanda, ma solo un affermazione che porta un sapore di delusione. 

"Mi piaci e ti rispetto, ma se ti assaggiassi una volta ne diventerei dipendente nell'immediato e tu non sei disponibile". 

Chiude gli occhi, sbuffa e con un gesto di frustrazione butta le braccia a stendersi sopra la sua testa alzando il maglione e lasciando scoperto una striscia di pelle. E senza pensarci troppo con la punta dell'indice accarezzo quella strada peccaminosa. 

Si inarca al mio tocco e il gemito che si fa scappare dalla gola si conficca dentro la mia testa come una freccia scagliata da un arciere professionista e che fa indurire ancora di più il mio membro. 

"Cazzo". Butto fuori e poi mi lancio sul materasso stendendomi accanto a lui. 

"Non va bene". Dice fissando il soffitto della mia camera. 

"Non va bene per niente". Rimarco fissando lo stesso punto. 



QUALCOSA IN PIÙDove le storie prendono vita. Scoprilo ora