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Quella mattina mi alzai controvoglia un po' come tutte le altre, quella volta con la sveglia alzata al massimo poichè mia madre era partita per l'ennesimo viaggio di lavoro di quel mese.
In quel momento mi sentii ancora più solo in quella casa immersa nel silenzio.
Mi sedetti all'angolo del letto e mi strofinai il viso, guardando la mia stanza con la mente persa nell'oscuro dei miei pensieri, per poi obbligarmi a fare una doccia.
Presi un jeans nero leggermente largo sulle gambe e che cadeva dritto insieme a una felpa oversize del medesimo colore, per poi andare in bagno appoggiando tutto sul ripiano di marmo del lavandino tra cui le mie braccia, appoggiate sul bordo e che fecero piegare leggermente la mia intera figura, scrutando la mia figura come era solito fare.
Analizzai per bene il mio volto, notando che come al solito fosse un disastro totale; gli occhi con delle gransi borse, occhiaie nere che prendevano colore man mano che continuavo a diminuire senpre di più ogni notte le mie ore di sonno per colpa dei miei pensieri intrusivi.
Ero un po' in ritardo e dovevo muovermi, quindi entrai velocemente nella doccia e aprendo l'acqua, indeciso se farla a temperatura tiepida o ustionante per darmi quel leggero dolore esterno che mi curava anche solo per poco quello interno.

Bollente!

Preso dalla fretta alla fine me la feci a temperatura ambiente, lavandomi con una velocità mai usata, sfregandomi il corpo con forza come a togliere il grasso in eccesso, e solo a pensarci qualche lacrima che si incastrò tra le ciglia rimanendo là senza scendere.
Il mio corpo era grasso, pieno di cellulite e smagliature, kili in eccesso che si riponevano in ogni angolo senza un minimo senso di pietà; le mie cosce si toccavano e io cercai di circondarle con le mani sperando di riuscirci, ma come al solito così non fu.

Come obbiettivo iniziale devi riuscire a circondarti le cosce con le mani.

Ce la farò.
Uscii dalla doccia coprendomi con un'asciugamano della grandezza apposita, rabbrividendo leggermente per la temperatura fresca nonostante i termosifoni a palla.
Mi rimisi le bende incazzato, non riuscendo ancora ad accettare le mie cicatrici, ma infondo ero sicuro che pian piano negli anni forse sarei riuscito a farmele piacere, magari con l'aiuto di qualcuno.
Cacciai in fretta l'idea di trovarmi qualcuno e mi concentrai sul mio lavoro, buttando le vecchie bende riempite di sangue secco accumulato durante la notte e iniziando ad avvolgermi le braccia con quelle nuove e pulite.

Corsi verso la scuola ormai quasi in ritardo, maledicendomi quando realizzai di aver scordato le cuffie dul letto, controllando l'orario e affermando a me stesso di essere in ritardo e di non poter tornare indietro.
Iniziai a camminare veloce, più per la scusa di bruciare calorie che per arrivare a scuola in anticipo per prendere l'ultimo posto.
Quando entrai in quei cancelli evitai di andare da Felix, non volendo un qualsiasi contatto umano, alzando per bene la sciarpa che avevo girata sul mio viso e sì, forse avevo iniziata ad apprezzarla.
I corridoi si stavano riempendo di corpi e di rumore, e la pura e semplice quantità di entrambe mi lasció stordito e confuso, mentre raggiungevo pian piano il mio armadietto camminando per i lati, ripetendomi di quanto fossi coglione per aver lasciato le cuffie a casa, cosa che peggiorò la mia ansia sociale.
Tutto intorno a me, centinaia di voci si sovrapponevano e si intrecciavano a strati, come una musica ma col ritmo tutto sbagliato, o stonato, più simile al jazz che al classico, e quando provai a isolare le differenti melodie, non trovai accordi, solo suoni e sillabe che non avevano senso.
Poi, grazie a dio, la campanella suonò, e io ero arrivato in tempo con un po' di corsa per prendere l'ultimo posto, con il brivido dal ricordo di Daeshim che mi bloccava al banco.
Quando vidi i ragazzi di quinto entrare, realizzai della famosa ora di matematica condivisa, facendo scendere in modo silenzioso qualche divinità a terra.
Il banco accanto al mio era vuoto, ma io realizzai troppo tardi.
E là come al solito la fortuna non era dalla mia parte.


C

amminavano a passo spedito verso gli ultimi quattro banchi vuoti, tra cui il mio, e quando realizzai che Minho stesse avanzando verso il mio banco, impallidii iniziando a tremare come una foglia, fando sicuramente colpa al freddo e attaccandomi con il mio corpo contro al muro, facendomi piccolo per evitare un qualsiasi contatto visivo o fisico.
Sentii il rumore della sedia alla mia destra spostarsi e rimettersi nella giusta posizione, e per controllare la mia ansia ficcai la testa fra le mie braccia, ancora schiacciato contro al muro, mentre iniziai pian piano a ficcare le unghie nel braccio da sopra la mia felpa.

Quando realizzai che il mio respiro era iniziato a diventare irregolare, spostai pian piano la mano nella taschina dello zaino, tastando la scatolina di carta ed estraendo da essa una piccola pillola dalla pellicola argentata, insieme alla mia bottiglietta di acqua.
Quando ritornai dritto con il mio bottino nascosto nel palmo della mano, notai gli occhi di Minho fissi sulla mia mano come se avesse capito, e io mi limitai a far finta di nulla, abbassando la sciarpa e rivelando il livido che aveva iniziato a essere verde, prendendo la pillola in fretta con l'acqua e rimettendo la sciarpa al suo posto tornando a nascondermi tra le mie braccia
Sentii delle piccole risate bloccate e mi girai, trovando gli sguardi di Daeshim e Jiyoung puntati su di me con un ghigno sul volto.

< E che medicine sono queste? Degli antidepressivi? Sfigato di merda. Minho, hai visto che bel livido gli abbiamo lasciato? >> Mormorò Daeshim in tono fiero, evitando di farsi sentire dalla prof.

Girai lo sgardo verso il nominato, che continuava a voltare lo sguardo tra me e Daeshim, con la bocca leggermente aperta e gli occhi un po' lucidi, riprendendosi l'attimo dopo e tornando con la sua solita maschera neutra in volto.

<< Daeshim, non farti cazziare dalla prof che rischi di farti bocciare di nuovo. >> Pronunciò con lo sguardo fisso sulle sue mani e un tono tagliente che lo fece subito ritrarre.

Non capii il perchè avesse detto quelle cose, ma la pillola iniziava a far effetto e io con le mani ancora tremanti tornai a ripormi sul mio banco, quest'ultime intorno alla nuca spiaccicato contro al muro mentre iniziavo a respirare regolarmente, sentendomi diventare sempre più stanco.

trust me -minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora