20. l'amore di una madre e perché l'avete fatto?

1.4K 91 100
                                    


Mac


Non ho ricordi della Corea.
Uno dei miei primissimi ricordi risale a quando avevo più o meno quattro anni e mamma e papà ci avevano portati con loro ad una cena con dei loro amici, o almeno così ci avevano detto.

La maggior parte delle persone che erano presenti a quella cena, non le vidi mai più di persona, ma solo nei giornali.
Ricordo il volto di Gianluca Sava, che mi scompigliò i capelli non appena mi vide, che mi disse che a casa aveva due bimbe che avevano più o meno la mia età e che potevamo giocare assieme, ma sapevo che ciò non sarebbe stato possibile, perché mamma e papà non mi lasciavano giocare quasi con nessuno.
Accanto a Gianluca Sava c'era quella che poi riconobbi come Marina Niccolai, che passò tutta la serata a chiacchierare con tutti e a sfoggiare i gioielli compratele dall'allora marito.

Non so esattamente che cosa successe a quella cena, ma quando tornammo a casa, mamma scoppiò a piangere davanti all'ingresso. Papà ci disse di andare a dormire, ma rimanemmo tutti e tre sulle scale, a sentire quello che si dicevano.

"Sono i miei bimbi. Magari non li ho messi al mondo io, ma sono miei, Paolo, li cresco con tutto l'amore che sono in grando di dare, non è abbastanza, questo?" Chiedeva mamma a voce alta, senza chiedersi se noi potessimo sentirla o meno, probabilmente nemmeno se ne rendeva conto di star urlando.
Papà le diceva che era abbastanza, che andava bene così, che noi le volevamo bene e che era una madre perfetta, ma lei continuava a piangere e ad urlare.

"Con che coraggio mi guardano in faccia e mi dicono mi dispiace che tu abbia dovuto ricorrere all'adozione?"
Non mi ricordo altro, di quella sera.
Fu Maya la prima a reagire, fu lei che prese sia me che Mila per la mano e ci portò ognuno nella propria stanza.
Non parlammo mai di quella notte.
La mattina dopo facemmo colazione tutti insieme, con mamma che come sempre ci riempiva di baci e attenzioni e papà che con affetto ci ricordava di comportarci bene con Babuška.

Dopo quella cena, mamma e papà non si fecero più vedere pubblicamente.
La mia famiglia era rinomata, conosciuta da tutte le più importanti aziende d'Italia, ma i miei genitori tagliarono tutti i contatti, iniziarono a fidarsi solo della famiglia e tentarono in tutti i modi di dare a me e alle mie sorelle un'esistenza normale.

Ci iscrissero a scuole pubbliche, furono contenti quando diventammo amici di persone che non avevano nulla a che vedere col mondo da cui venivano loro, ma c'era sempre qualcosa che ci faceva ricordare chi eravamo.
Avevano ingaggiato un autista privato per venirmi a prendere a scuola, e per quanto fosse comodo, i miei compagni lo notarono subito, perché di certo essere l'unico ragazzo che veniva a scuola su una Porsche non passava inosservato.

"Dicono che sia stato adottato." Sussurravano delle ragazze per i corridoi, ma siccome io non confermavo mai nulla, nessuno ebbe mai davvero la prova che io ero quel Massimo Aleksej Chan Manetti.
E poi, mamma e papà avevano fatto sì che i miei nomi venissero nascosti alla maggior parte delle persone e Dario se ne uscì con il soprannome Mac.

Il giorno del mio diciottesimo compleanno io e Dario siamo andati da un tatuatore, e mi sono fatto il primo tatuaggio.
Sulla spalla sinistra campeggia ancora la parola amore scritta in coreano, e per quanto possa sembrare banale, l'ho fatto per un motivo ben specifico.
Mamma ce lo ricorda sempre: per essere una famiglia basta l'amore, e io me lo sono inciso sulla pelle.

Non riesco mai a definire chi sono. Sono Mac.
Sono Massimo.
Sono Aleksej.
Sono Chan.
Chan è tutto ciò che la mia madre biologica mi ha lasciato. Un bambino abbandonato davanti ad un orfanotrofio, nel bel mezzo di Seoul, e una lettera accanto.

Lui è Chan, non posso prendermene cura, pensateci voi.

Quella lettera l'ho bruciata.
Mamma e papà l'avevano conservata, ma io ho deciso di farla sparire, perché non me ne faccio niente di un pezzo di carta che conferma, ancora una volta, che mia madre non voleva che io la cercassi.

Ogni attimo di nulla [3]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora