Suo padre, nel periodo successivo, tornò a cena solo un paio di volte a settima e, in quelle due volte, quando andava a letto, lo sentiva discutere pesantemente con sua madre.
Una sera, stanca di quell'atmosfera da film passato di moda, si decise a parlare con sua madre.
Uscì dalla sua stanza e la bloccò in corridoio.
«Mamma, non ho mai visto papà fare una visita e vi sento sempre discutere. Dimmi la verità, per favore»
La donna la guardò male, poi sbuffò sonoramente.
«Sei così fastidiosa! Sai, vuoi la verità? Eccola: tuo padre mi tradisce. Capito?!»
Viviane rimase immobile. Non si aspettava una cosa del genere.
«E io che c'entro?» chiese subito, cogliendo la palla al balzo.
«Oh...quando ci siamo trasferiti mi piaceva tanto stare senza di te. Mi mancavi, ovvio, ma avevo tuo padre tutto per me...ma poi, ha iniziato ad allontanarsi sempre di più. Nei suoi vestiti sentivo l'odore di altre e ha smesso di darmi quelle piccole attenzioni che mi riservava di solito. Allora ho capito: gli mancavi tu. Come avrei potuto farti tornare? Carmen diceva che eri felice, e poi avevi il karate e un ragazzo...ed eccoti qui...»
«Mamma...tu sei pazza! Io...chiamò Carmen! Me ne vado da qui!» era spaventata. Non riconosceva la donna che aveva di fronte.
«Oh no, non credo proprio, cara...» le prese il telefono e lo buttò in terra, per poi schiacciarlo e ridurlo in frantumi.
Viviane gridò per lo spavento. Gli occhi di sua madre avevano lo sguardo di un folle.
La afferrò per un braccio e la trascinò nella sua stanza, tolse la chiave dalla toppa interna e la chiuse dentro.
«Tu resterai qui!»
Viviane non riusciva a smettere di piangere. Dov'era finita?
Rovistò tra le sue cose e trovò uno zaino. Nel portafoglio aveva soldi sufficienti per qualche biglietto dell'autobus e un paio di colazioni.
Infilò alcuni abiti nello zaino e attese la notte.
Scrisse un biglietto: mi dispiace, ma dovrete risolvere da soli i vostri problemi coniugali. Firmato, la un tempo vostra unica figlia.
Sentì sua madre andare a dormire, quindi aprì piano la finestra. Fortuna che la casa si sviluppava su un solo piano, perché la scavalcò e corse, lontano da quel manicomio.
Non pioveva, ma sì congelava. Raggiunse la prima stazione e comprò un biglietto per Medford.
Dopo un viaggio di parecchie ore, raggiunse una seconda stazione e acquistò un biglietto per San Francisco.
Non aveva nulla per distrarsi, ma riuscì a rimanere sveglia tutto il tempo.
Quando raggiunse la città, era ormai ora di cena. Raggiunse un bar e comprò due fette di cheesecake. Doveva avere un aspetto orrendo.
Riuscì a prendere un biglietto per l'ultima corsa e raggiungere Los Angeles, ma non le rimasero altri soldi. Doveva raggiungere a piedi la Valley.
Non c'era molto, ma aveva due notti insonni a gravarle sulle spalle e un solo pasto, addirittura scarso, sullo stomaco.
Aveva bisogno di una pausa. Notò un minimarket ed entrò.
«Scusi? Potrei usare il telefono?»
«Prima devi comprare qualcosa» rispose la vecchia commessa, annoiata.
«Non ho soldi, la prego, mi aiuti...»
«Ragazzina, non prendermi per il culo»
Ma Viviane aveva fame. Inoltre, se non poteva chiamare Johnny o Daniel per farsi venire a prendere, aveva bisogno di energie.
Prese tre o quattro barrette energetiche e corse via.
Raggiunse una zona abbastanza lontana e mangiò con foga.
Si guardò intorno: entro sera avrebbe raggiunto la Valley.
Erano mesi che non rivedeva nessuno e, nonostante il suo aspetto e la stanchezza, si fece forza per continuare.
Ma il suo passo fu più lento del previsto, perché era già buio quando raggiunse la North Valley.
Conosceva un minimo il luogo, quindi si avviò verso lo skate park. C'era stata una volta con sua cugina, un paio di anni prima.
Si sedette con la schiena appoggiata alla rete metallica. Stava per chiudere gli occhi quando una voce maschile la riportò alla realtà.
«Ehy, bellezza! Quanto prendi?» le chiese un grosso omone in giacca e cravatta.
«Mi lasci stare, non sono una...»
Ma l'uomo la afferrò. Con le ultime forze che le restavano, gli sferrò un calcio potente dove non batte il sole.
Quello si accasciò a terra e lei né approfittò per correre lontano.
«Aiuto!» gridava con voce spezzata, mentre il sole iniziava a sorgere.
Una sagoma familiare che si avvicinava le rese la speranza.
«Robby! Aiuto! Sono Viviane! Raven!» gridò. Il ragazzo la raggiunse con uno scatto.
«Che ti è successo?»
«Aiuto...» sussurrò, prima che tutto attorno a lei si facesse buio e cadesse tra le braccia del ragazzo, sfinita, ma al sicuro.
Raga, non so quanto si capisca, ma è passato parecchio tempo da quando era andata via eh ahahaha
Comunque, ecco qua un nuovo capitoletto