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Guardò Eli allontanarsi: voleva richiamarlo indietro, accarezzargli i capelli ancora corti, dirgli quanto le era mancato, ma poi avrebbe dovuto spiegare perché non si era fatta sentire e, a quel pensiero, le parole le rimasero in bocca, bloccate da un muro invisibile, vuote.

Il dorso della mano della signora Moskowitz le sfiorò una guancia, così Viviane si rese conto di averla umida.

«Povera ragazza...» le sussurrò, sincera.

A quel punto il cellulare di Viviane vibrò nella sua tasca. Era Miguel.

«Rav! Accendi la TV sul 7!» le gridò nell'orecchio.

«Sei da Eli, vero?» aggiunse.

«Si!»

La signora si affrettò ad accendere la televisione e selezionare il canale. Stavano passando un servizio su Viviane: non avevano proprio nulla di meglio da fare?!

«A breve, si svolgerà il processo che decreterà se Viviane Adams, diciassettenne, potrà ottenere l'emancipazione dai genitori! La ragazza, scappata dalla casa in Oregon settimane fa, ha recentemente fatto domanda! Sentiamo il parere di qualche concittadino!» diceva l'intervistatore. Viviane strinse i pugni, la signora Moskowitz l'avvicinò a sé.

«Contronatura! I ragazzi di oggi non sanno accontentarsi! Se una sera mi scordavo di cucinare la cena, mio padre mi prendeva a cinghiate!» affermava un'anziana.

«Beh, è una ragazza! Si aspettava di starsene con gli amici tutto il giorno?» affermava un uomo, suscitando indignazione nelle due.

«Vai Viviane! Non le ho mai parlato, ma sappiamo tutti che vive con un amico, a scuola! Se ha fatto richiesta deve avere qualche buona ragione!» ammise una ragazza, che riconobbe come Hilary Winston, una ragazzina del secondo anno che a volte bazzicava al suo tavolo con le nuove "reclute di Yasmine", come diceva qualche ragazzina crudele che non raggiungeva la sua aspirazione.

«Mi può dare un passaggio a casa?» quasi supplicò la donna, che annuì gentile.

A casa, acceso il cellulare, si ritrovò piena di messaggi dai suoi amici e da numeri sconosciuti.

Se i numeri sconosciuti dicevano cose del tipo «Vai Viviane! Siamo con te! Sei coraggiosa!», quelli degli amici condividevano con lei l'indignazione.

«Come si permettono?!» chiedeva Sam.

«Orribili. Beh, mio padre non manderà la sua donazione annuale.» affermava Yas.

«Adesso metto un talismano maligno in quegli uffici» asseriva Moon.

«Vecchi inutili» si inseriva Dimitri.

Sorrise amara. Voleva credere che fosse tutto un sogno e che presto si sarebbe svegliata.

«Rav?» era Miguel, che la chiamava da un po', ma non lo aveva sentito, tanto era assorta nei propri pensieri.

«Migui?» sorrise amara.

«Stai bene?...» chiese incerto.

Lei si limitò a scuotere la testa per negare.

«Il Sensei ti ha lasciato questa. Dice che è un'emergenza» sorrise, porgendole una lattina di birra. Lei non riuscì a trattenere una risatina.

«Ho paura a uscire di casa...i vecchietti mi attaccheranno con le mazze» ridacchiò amara, sorseggiando la birra.

«Infatti andremo insieme...»  le posò una mano tra le scapole.

«Migui...sono stanca» ammise, lanciando a terra la lattina vuota e accartocciata.

«Lo so, lo so...» sembrava che ormai non sapesse più come aiutarla. In effetti l'unico modo era lasciar correre.

«Abuelita sta preparando il tuo piatto preferito» le confidò, per tirarla su di morale.

«Quella donna deve essere fatta santa» sorrise.

«Vieni con me» aggiunse, alzandosi di scatto.

«Dove andiamo?» chiese lui confuso, ma senza esitare a seguirla.

«Alla fabbrica, no? Ho bisogno di sfogarmi» alzò le spalle. Che altro poteva fare?...

Sulla strada, si accorse di persone che la fissavano o la indicavano. Come se non ci fosse altro da fare che parlare di lei.

Ignorò tutti, continuando imperterrita a parlare con Miguel e ridere, come se loro due fossero isolati in una bolla.

Finché un uomo non si parò loro davanti, sbarrando la strada.

«Ragazzina, lasciatelo dire, sei proprio ingrata verso le persone che ti hanno messa al mondo»

«I cazzo suoi?» rispose secca, per poi prendere la mano di Miguel e aggirarlo. Quello rimase lì, immobile, sconvolto.

«La gente dovrebbe imparare a trovarsi degli impegni» commentò il ragazzo, avvolgendole un braccio attorno alle spalle e avvicinandola a sé.

«Tu come stai?» gli chiese, per distrarsi.

«Bene...» alzò le spalle, un sorriso a mascherare mille altre parole che Viviane si aspettava.

«Bene» sorrise: la fabbrica abbandonata si stagliava davanti a loro, pronta ad accoglierli con le loro confidenze dette in lunghi silenzi pieni di colpi e significati.

Giuro che oggi pomeriggio vi faccio uscire un altro capitolo, se carica...
Poi sabato faccio uscire un nuovo video, anche se cambierò editor...
Come state? Dai, raccontate!

Wings -bird's souls sequel-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora