17.

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Nonostante l'ora, si respirava ancora un'aria pregna di umidità e una fastidiosa sensazione di appiccicoso mi pervase tutto il corpo.

Alcuni moscerini ronzavano intorno alle luci crepitanti dei lampioni, mentre sulla strada verso casa c'erano alcune finestre illuminate. Il contrasto di luce e buio permetteva ai passanti di osservare la vita privata dentro quelle abitazioni, chi si preparava per andare a letto, chi ancora si dilettava con qualche programma in tv.
Le strade erano pressoché vuote, se non per qualcuno che portava il cane per una passeggiata serale o altri che rincasavano dopo una lunga giornata di lavoro.

Ripensai subito ai fatti avvenuti poco fa: non riuscivo a scrollarmi via la sensazione delle mani di Ran che percorrevano il mio corpo, toccandolo delicatamente, ma con ardente passione; la sua umida bocca che lasciava tracce del suo desiderio, mentre io ero completamente sotto il suo giogo.

Nonostante tutto però, la sensazione peggiore era che non riuscivo a star male per Kaori.
Era tutto semplicemente sbagliato, ma comunque continuavo solo a pensare che mi era piaciuto, anche troppo.
Quella donna era spregevole, nessun altro aggettivo le calzava meglio, ciò non voleva dire che si meritava il tradimento, nessuno se lo meriterebbe. Lei lo amava e mi trattava male perché era gelosa di me e del tempo che Ran aveva passato con me in quel periodo; non potevo giustificare il suo comportamento nei miei confronti, perché era irrazionale e ingiusto, ma mi resi conto che i suoi sospetti erano fondati.

Più che colpa sentivo la vergogna avvolgermi come un mantello invisibile, solo io potevo vederlo e percepire il suo peso sulle spalle.

Sospirai rumorosamente, mancava solo quella nella lista delle cose da non fare assolutamente. Ero consapevole di ciò che era accaduto, ma comunque non potevo smettere di continuare a rivivere quel momento nella mia testa: aveva rievocato sensazioni latenti da molto tempo, riportandole in superficie in maniera incontrollata. Quei mesi passati a focalizzarmi solamente su di me e il mio benessere vennero gettati alle ortiche per colpa di quel misterioso uomo, che era riuscito a capire all'istante la mia persona, facendo leva sulla strana affinità che aveva con il mio carattere.

La nostra era una attrazione simile ad un circolo vizioso, più lui mi stuzzicava e più io lo aizzavo, così facendo eravamo spinti a provocarci a vicenda all'infinito, fino a far esplodere tutto nel caos più totale. Più che poli opposti di un magnete, eravamo la personificazione della dicitura "il simile scioglie il simile": una combinazione di sostanze analoghe che, mescolate insieme, si dissolvono fino a diventare un unico; eravamo due facce diverse della stessa medaglia.

Se con Rindou avevo potuto, bene o male, accettare quella situazione a metà, con Ran era diverso, il mio orgoglio e amor proprio mi spingevano a rifiutare il ruolo di amante, nonostante l'uomo mi avesse confessato l'attrazione fisica che provava nei miei confronti.

Come se fosse abbastanza...

Scossi la testa, non avrei accettato qualsiasi cosa avesse voluto iniziare l'uomo: era sbagliato in tutti i sensi e non c'erano delle basi solide per poter anche solo pensarlo.

Scrollai le spalle e sorrisi amaramente, mi era sembrato di vivere un costante viaggio indietro nel tempo, solo che i ruoli si erano invertiti, era Ran quello che eventualmente ci sarebbe stato male, io non ero affatto disposta ad accettare la sua proposta.

Rimuginandoci su, finii per chiedermi che fine avesse fatto Rindou, se mi avesse mai pensata almeno una volta, solo per un istante.

"Che illusa che sono..." Mormorai tra me e me. Era ovvio che dopo tutto quel tempo mi aveva dimenticata in un batter d'occhio, non avrebbe avuto nessun bisogno di ricordami o di rievocare i momenti passati assieme. E a me non serviva farmi quel tipo di problemi, ormai non era più parte della mia vita.

Alzai gli occhi verso il cielo e lo osservai: era nero pece, quasi opaco per l'inquinamento, che non permetteva di mostrare alcuna stella. Dritto davanti a me invece si stirava una lunga strada d'asfalto, illuminata qua e là, che si perdeva nel buio della notte. Il tempo continuava a scorrere con il suo ritmo, mentre io camminavo da sola, accompagnata solo dal rumore dei miei tacchi che battevano sulla strada.

Quel silenzio quasi confortevole mi diede l'illusione che si stesse dilatando il tempo, facendo rallentare tutto finché non sembrò essersi fermato completamente .

I ricordi del passato e gli avvenimenti del presente si stavano mescolando e dopo tutta quella confusione avevo bisogno di pensare ad altro, o meglio di non pensare a nulla in assoluto.

In quella situazione assolutamente insensata capii che era inutile pensarci troppo, le azioni altrui erano fuori dal mio controllo. Ciò che potevo decidere di fare era lasciarmi fuori da ogni impiccio, concentrandomi solamente sul mio benessere e sulla mia felicità, che dipendevano esclusivamente da me stessa, non da altri. Lasciarmi influenzare da circostanze esterne alla mia vita era solamente controproducente, al momento non mi serviva altro che tranquillità.

Quello era ciò che continuavo a dirmi nella mia testa, ma dentro di me avevo il presentimento che mi sarebbe tutto quanto sfuggito di mano: ed era quello che più mi spaventava.






Angolo autrice
Capitolo di transizione, non vorrei gasarvi troppo ma sta per arrivare qualcosa di interessante ;)
A presto!

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