25.

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"Akira?"

Attraverso le auricolari sentii il suono ovattato di una voce che mi chiamava, quella di un uomo che mi suonava parecchio familiare. Mi fermai e lentamente mi girai verso la persona che avevo alle mie spalle. Appena incrociai il suo sguardo non lo riconobbi, analizzai attentamente i suoi tratti per poi fermarmi ad un particolare inconfondibile e mi ricordai all'instante di lui.

"Haruchiyo?" Lì per lì mi sembrò quasi innaturale pronunciare il suo nome dopo così tanto tempo, una parola che non veniva detta da tanto e che riportava a galla un passato molto lontano.

"Sei incredibilmente diverso, quasi irriconoscibile."

"Tu invece sei rimasta uguale, per fortuna sei cresciuta un po' in altezza." Scoppiai a ridere, causando una reazione simile anche al mio interlocutore, più divertito da me che dalla sua battuta. Una volta ripresa, ci avviammo verso un bar per aggiornarci su ciò che era capitato nelle nostre vite.

Conobbi Haruchiyo molto casualmente, quando lo incrociai nel salone di casa intento a giocare con mio fratello. Non appena feci caso alle sue cicatrici ne fui immediatamente innamorata, tanto che le volevo anche io: anni dopo, quando appresi come se le procurò, mi sentii immensamente ingenua ripensando alla me stessa da piccola.

Era un amico di Akihiro, ogni tanto uscivo con loro e passavamo del tempo insieme. Ci divertivamo ad ogni nostra uscita, ma il suo carattere nascondeva delle stranezze, le quali dopo essere esplose incontrollate decidemmo tutti quanti di tagliare i ponti. All'epoca non eravamo abbastanza maturi da capire le malate dinamiche che muovevano quelle gang di teppisti, benché meno la mente contorta di Haruchiyo: era chiaro che gli serviva un esempio positivo a cui appoggiarsi, ma né io né Akihiro eravamo nella posizione di farlo.

Ogni tanto mi capitava di ripensarci e chiedermi se era stata la cosa giusta da fare: con il senno di poi, forse sarebbe stato meglio rimanergli accanto, mostrandogli almeno un po' di stabilità, ma eravamo ancora dei ragazzini che muovevano i primi passi verso un mondo di grandi, nessuno di noi era mentalmente pronto per potersi assumere una tale responsabilità.

Avercelo davanti a me, ormai adulto, mi faceva un effetto strano; aveva un portamento dignitoso, un fascino dall'aria misteriosa che veniva alimentato dal suo bell'aspetto, ma c'era qualcosa nei suoi occhi che non mi convinceva e capii che i suoi problemi non erano stati risolti, anzi ero certa che in un modo o nell'altro erano peggiorati.

La conversazione si mantenne su termini semplici, come lavoro, famiglia, relazioni e reminiscenze del passato. Parlammo un po' anche di mio fratello, l'anello che ci teneva congiunti, ma nulla di entusiasmante.

"Ran?" Dissi tra me e me quando vidi il cellulare illuminarsi. Lessi il messaggio che mi era arrivato, scrissi una breve risposta e poggiai il dispositivo con lo schermo rivolto verso il tavolo, per evitare ulteriori distrazioni.

"Il tuo ragazzo?"

"Si, ogni tanto mi scrive cose totalmente inutili che mi fa impazzire." Ridacchiai mentre scuotevo la testa al pensiero dell'uomo.

Di fronte a me, Haruchiyo si sporse in avanti poggiando il mento sui dorsi delle sue mani congiunte; un sorriso pigro gli decorava il viso, assieme ai suoi occhi chiarissimi coperti dalle sue palpebre calanti, come se si potesse addormentare lì da un momento all'altro.

"Per caso parliamo di Ran Haitani?"

Mi drizzai per la sorpresa, di certo non potevo aspettarmi che il mio amico di infanzia avesse potuto conoscere il mio fidanzato. Annuii ancora incredula, mentre una risata gutturale uscì dalle sue labbra sottili.

"Lavoriamo insieme e ho notato un cambiamento nei suoi modi di fare, a quanto pare il merito è tuo. Solo, non avrei mai pensato un possibile incontro tra voi due."

| Affinità predestinata | Haitani brothersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora