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La gelosia era una di quelle poche cose che provavo raramente. Ero sempre stata molto sicura dei miei legami, anche se pochi erano sufficienti per me e soprattutto non erano necessarie parole aggiuntive per sapere quanto valessero. Vivevamo la nostra quotidianità insieme, giorno per giorno, facendoci compagnia attraverso ogni nostra decisione.

Quella mattina però, sentii un lacerante nodo allo stomaco che si stringeva progressivamente fino a farmi piegare in due: era una sensazione opprimente, sconosciuta.
Il telefono di Ran era accanto al mio, convinta che mi fosse arrivato un messaggio mi sporsi verso il comodino per controllare, ma qualcos'altro catturò la mia attenzione. Prima che mi fossi potuta rendere conto che non era un messaggio per me, era troppo tardi; capii solamente dopo aver letto quelle parole che sarebbe stato meglio non aver fatto nulla.

"Mi libererò verso le sette di sera, penso di fare in tempo per arrivare dove avevi detto tu."

All'apparenza poteva essere un messaggio innocuo, magari un incontro informale di lavoro o un appuntamento tra amici; ma non appena il nome di Kaori comparve per segnare che era lei la mittente del messaggio, la mia temperatura corporea aumentò di colpo.
Per quale motivo si dovevano vedere? Non si erano lasciati?
In una situazione normale non avrei trovato nulla di strano, date certe premesse era possibile avere un rapporto normale con i propri ex, ma quella donna non rientrava in quella categoria: era la personificazione del male.

Ero convinta che Ran avesse cancellato dalla sua vita una persona così tossica una volta per tutte, mentre invece a quanto sembrava lei era ancora presente nel quadro.

Perché?

Riposi il telefono al suo posto originario, mentre poggiavo la schiena contro la testiera del letto; emisi un respiro profondo e mi girai verso l'uomo accanto a me, ancora totalmente avvolto da un sonno profondo.
Le tende impedivano alla luce di entrare in camera, tranne che per una sottile fessura da cui si poteva intravedere il sole già alto nel cielo. Riposava tranquillo come un bambino, ignaro del disastro che a breve sarebbe scoppiato. Mille paranoie iniziarono a vorticarmi nella mente, soprattutto il perché di tenermi all'oscuro di tutto.

Restava pur sempre la sua vita e come tale spettava a lui fare le sue decisioni, nonostante ciò una parte di me si sentiva partecipe in quella situazione e il fatto di non esserne al corrente mi causava una strana tristezza nel petto, che si mescolava aggressivamente con la collera che ardeva in me.

"Se aggrotti così le sopracciglia ti verranno le rughe."

Mi girai di scatto, incontrando in quel modo gli occhi semi aperti di Ran, con il viso adorno di un sorriso assonnato.
"Buongiorno." Dissi seccamente, ancora turbata da ciò che avevo appena letto.
Fortunatamente Ran non si accorse del mio tono distaccato, infatti ricambiò il saluto mentre la sua bocca si allargava per emettere uno sbadiglio.
"Cosa vuoi fare oggi?"
"Devo lavorare, non che abbia altre opzioni comunque."
Sbuffai.
"Forse anche io dovrei andare in ufficio, farmi vedere ogni tanto sarebbe anche da fare."

Il silenzio che seguì lo mise in allerta, la mia completa indifferenza ad un suo commento era qualcosa di anomalo; non una parola, nemmeno un sorriso o uno sbuffo uscì dalla mia bocca, rimasi ferma in uno spaventoso stato meditativo.
Il suo sguardo preoccupato si posò sul mio viso, cercando di decifrare le linee che corrugavano la mia faccia. La situazione era tesa, percepivo i suoi occhi analizzare attentamente ogni mio minimo movimento, per poter capire cosa avesse mai fatto di male quando non era nemmeno sveglio.

Lo sentii che apriva la bocca per parlare, ma poi la richiudeva subito perché sapeva che tirare fuori qualcosa a caso sarebbe stato solamente controproducente.
"È successo qualcosa?"
"Posso sapere qual è la necessità di vedere Kaori dopo tutto quello che ti ha fatto?"

| Affinità predestinata | Haitani brothersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora