27.Luciérnaga

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POV:[T/N]

Erano passati alcuni giorni dalla conversazione con Bruno ed io ero tornata a casa mia, da mio padre.
Ero in camera mia, affacciata alla finestra, stava per tramontare.
Riuscivo a vedere la Casita dei Madrigal da lì, non abitavamo tanto lontano; la brezza leggera della sera mi accarezzava gentilmente le guance, era piacevole... presto sarebbe arrivata l'estate.
Sospirai e aprendo la mano guardai la statuina che mi aveva donato Bruno, me la rigirai tra le mani.
Quel piccolo Camilo di legno nascondeva così tanti segreti, ogni volta che provavo a ricordare quel giorno, ogni volta che mi sforzavo, la testa incominciava a pulsare forte...
Perché Bruno aveva menzionato la magia, cosa era accaduto quel giorno?
Strinsi la statuina fra le mani, come avrei potuto fare a ricordare se nessuno poteva aiutarmi?
Vidi il sole inziare a tramontare.
Volevo andare alla Casita...
Era l'unico luogo in cui potessi avere una risposta alle mie domande e stando in camera mia non avrei trovato nulla, se non altre domande.
Misi la statuina di camilo in una tasca della gonna a balze magenta e uscì dalla mia stanza, scendendo le scale.
<Vai da qualche parte?>
Chiese mio padre curioso, vedendomi prendere lo zaino col cambio e tutto l'occorrente per dormire fuori casa.
Annuii.
<Si Papa... stasera vorrei dormire da Mirabel.
È un problema?>
Chiesi, sperando non mi fermasse.
Scosse il capo, sorridendomi dolcemente, mentre posava il libro che stava leggendo, seduto sul divano.
<No, per nulla.
Salutami tutti!>
Annuii ancora una volta, andai da lui e gli diedi un bacio sulla guancia.
<Buona notte.>
Andai poi verso la porta e uscii, incamminandomi verso la Casita.
Il sole era calato ormai, quando arrivai davanti alla porta d'ingresso, esitai un attimo... non avevo avvisato nessuno che sarei arrivata lì per l'ora di cena.
Sapevo che non ci sarebbe stato nessun problema, che mi avrebbero invitato a sedermi, ma il solo fatto di vedere Camilo... davanti a me, mi faceva chiudere lo stomaco.
Sarei entrata più tardi, decisi.
Guardai il bosco dietro la casita, quante volte mi ero avventurata da piccola, insieme agli altri componenti della famiglia Madrigal.
Ricordai che in quel periodo si potevano vedere le lucciole.
Sorrisi e mi addentrai nel bosco, chissà se sarei stata fortunata quella sera.
Lentamente mi feci strada tra le piante e gli alberi, scansavo cespugli, riconoscendo la strada che mi avrebbe portata al fiume.
Era metà Maggio, ma le serate non erano più fredde e col poncho era piacevole restare fuori.
Una volta arrivata alla riva del fiume mi sedetti sotto un grande albero, presi un lumino e lo accesi per farmi luce.
Non avevo paura di esser sola in quel posto, conoscevo quei luoghi come le mie tasche.
Alzai lo sguardo verso la riva del fiume e timidamente le vidi, quelle piccole scie luminose che si libravano nell'aria dolcemente, erano incantevoli.
Ne vidi qualcuna palesarsi pure vicino a me, ne feci accomodare una sul mio dito, era così bella.
Sorrisi e mi ritrovai a pensare che sarebbe stato bello vedere quello spettacolo in compagnia, mi alzai appoggiandosi al tronco dell'albero e andai incontro alle lucciole, proprio dove ce ne erano di più: si poggiarono sui capelli, sulla gonna, sul poncho viola, era bellissimo.
Ruotai su me stessa lentamente, facendone sollevare qualcuna per aria, sembrava quasi una magia.
Sorrisi, fin quando non sentii uno scricchiolio verso gli alberi.
Mi fermai spaventata, aguzzando lo vista.
<Chi è là?>
Chiesi intimorita.
Vedevo un piccolo lumino acceso.
<Non ti spaventare...>
Vidi uscire la figura dall'oscurità del bosco.
Camilo.

-

POV[CAMILO]

Mi feci avanti lentamente, cercando di non spavetarla.
<Ti ho visto dalla Casita... ero affacciato ad una finestra.>
Avanzai lentamente verso di lei, alcune lucciole mi si posarono sulla spalla, altre volarono via.
<Ero preoccupato.>
La vidi rilassarsi in viso, mano mano che mi avvicinavo, l'avevo sicuramente fatta spaventare.
<Eri tu allora...>
Annuii, rimasi a guardarla con tutte quelle lucciole addosso, era meravigliosa...
Lasciai scivolare il mio sguardo dalla sua gonna, fin su, accarezzandola lentamente con gli occhi, fino ad arrivare al suo viso.
<Ero io.>
La sentii deglutire rumorosamente e potei notare nell'oscurità le sue guance colorarsi, mentre alcune lucciole svolazzavano tra di noi, illuminandoci ad intermittenza.
<Perché non sei venuta a casa?>
Abbassò lo sguardo.
<Non volevo disturbare, non avevo avvisato nessuno... sarei venuta dopo cena.>
Era imbarazzata, prima degli eventi di Natale mi aveva sempre parlato senza peli sulla lingua e adesso... era così diversa, eppure aveva mantenuto la stessa bellezza nei suoi modi.
C'era tensione fra di noi, non una tensione qualunque, chi avrebbe fatto il primo passo, dopo ciò che era successo nella mia stanza qualche giorno prima?
Io sentivo già di star cedendo, la brezza serale mi stava portando addosso tutto il suo profumo di lavanda, un richiamo così dolce... come avrei potuto oppormi?
Quanta forza pensavo di poter avere da resisterle così a lungo?
<Ti va di ballare?>
Fu la prima cosa che mi venne in mente.
Forse un'idea stupida, ma desideravo toccarla.
La vidi sbattere le palpebre stupita, mentre le porgevo la mano aspettando me la prendesse.
Che idea stupida pensai.
<Ma... non c'è la musica.>
<Non ce n'è bisogno.>
Mi guardò ancora incerta e alla fine mi prese la mano.
Fu un attimo e la attirai a me, fasciandole gentilmente la vita con un braccio; sentii il suo sussulto e si irrigidì per un attimo.
<Rilassati.>
Le sussurrai calmo ad un orecchio, sentendo il suo profumo di lavanda invadermi.
Lentamente inizia a muovermi e lei mi seguì, fra le lucciole e lo scrosciare del fiume.
Il suo respiro era così caldo, lo percepivo sulle mie labbra, feci qualche lenta giravolta, attirandola a me sempre di più, volevo sentire il calore del suo corpo contro il mio, mi faceva girare la testa.
Chiusi gli occhi, sentendo il suo capo poggiarsi sulla mia spalla, il respiro farsi lento e profondo, il mio cuore batteva all'impazzata, di contro i movimenti lenti del mio corpo.
La vidi alzare lentamente il capo.
Mi guardò con quegli occhi lucidi, il chiarore della luna che si rifletteva, le guance rosse e le labbra... fremevano, voleva essere baciata, lo capivo... la conoscevo.
Il suo corpo e il suo cuore mi volevano ancora.
Era innegabile, per quanto la magia potesse essere forte, il suo amore per me era ancora lì.
Abbassai il capo verso il suo e catturai le sue labbra dolcemente, come fossero miele.
La sentii sospirare pesantemente, il suo respiro caldo e profumato, le sue labbra si staccavano e riattaccavano alle mie, toccandomi piano.
Lentamente dischiuse la bocca e io andai ad accarezzare le sue morbide labbra con la mia lingua, insinuandomi dentro di lei, stringendola a me ancora di più.
Le lucciole intorno a noi si posavano sui nostri abiti, riprendendo il volo subito dopo, sfarfallando tutto intorno, sembrava un sogno.
Sentii le sue gambe cedere improvvisamente, ma riuscii a tenerla salda a me e lentamente ci accasciammo contro l'erba della radura.
La mano che non le cingeva la vita andò ad accarezzarle la nuca, mentre percepii le sue poggiarsi sul mio petto, dolcemente; una proprio sul mio cuore impazzito.
Approfondii quel bacio che mi stava togliendo il fiato.
Mi resi conto che non mi bastava, non più, desideravo altro... ma come avrei potuto chiederglielo?
Lentamente mi staccai dalla sua bocca e la vidi aprire gli occhi languidi, le labbra gonfie e frementi, il respiro veloce, il suo petto che si alzava e si abbassava per riprendere aria.
<C-Camilo...>
Mi chiamò con un filo di voce, l'aria trasognata.
Dio quanto l'amavo e non avrei potuto dirglielo.
Lo tenni per me.
Lentamente calai sul suo collo, iniziando a baciarlo e morderlo teneramente, la sua carne era così morbida... la leccai, sentendola fremere sotto quelle attenzioni, la sentii affondare le dita fra i miei capelli, accompagnando la mia testa in quei movimenti, mentre annusavo la sua pelle, baciandola, leccandola, risalendo fino al suo orecchio.
Tremò, sentendomi respirare.
<Sei bellissima...>
Riuscii solo a dire.
Avrei voluto dire molto altro, ma le parole erano tutte bloccate in gola.
<Che altro?>
Mi chiese con un filo di voce, allungando il collo per darmi più spazio.
Continuai a baciarla, scendendo sulla clavicola.
<Sei perfetta, dolce...>
Sospirò quando sentii i miei denti morderla sull'osso.
Risalii nuovamente, volevo baciarla ancora e ancora e ancora, volevo consumare le sue labbra, se non potevo avere altro, avrei avuto quelle tutte per me.
<Sei sempre nella mia testa... non riesco a dimenticarti... non riesco ad allontanarti... perché mi fai questo?>
Gli chiesi sulle sue labbra, lei mi guardò spaesata, non sembrava credermi.
Rimasi a fissarla così, senza ancora baciarla, mentre la stringevo forte a me, avrei voluto prenderla lì, su quel prato, sentivo che lo voleva pure lei, ma non potevo rischiare così tanto.
<Non voglio perderti.>
Contintinuai, andando ad accarezzarle il viso dolcemente, scendendo sul mento.
<Non di nuovo, non lo sopporterei.>
La vidi strizzare gli occhi per un attimo, attesi preoccupato e alla fine fu lei a gettarsi sulle mie labbra, come un'onda che si abbatte contro gli scogli.
Sospirai contro quello slancio, urgente, voluto, la sentii prendere possesso della mia bocca, mentre le sue mani scendevano sulle mie spalle, cingendomi poi il collo con le braccia, attirandomi a sè ancora di più.
Se quello era un sogno, non mi sarei mai più voluto svegliare.
Ricambiai ogni singolo bacio con la medesima passione, affondando le mie dita nel suo corpo.
Mi insinuai sotto il suo poncho, non resistevo...
Non ci riuscivo...
Mi staccai da lei con uno schiocco e poggiai, ansimante, la mia fronte contro la sua.
<Ti prego...
Ti prego...
Andiamo a casa...>
La vidi agganciare lo sguardo al mio, ansante, rossa.
<Ti voglio, ti desidero... ti prego.>
La stavo implorando.
Non mi interessava quanto le potesse sembrare assurdo quel mio comportamento.
Ero arrivato al limite, sarei impazzito.
Per tutta risposta lei si tolse il poncho e tornò a baciarmi ancora e ancora, sentii le sue mani insinuarsi sotto il mio, iniziando a sbottonarmi la camicia.
Si staccò da me quando ebbe finito.
<Non voglio tornare a casa... non voglio.>
Prese i lembi del mio poncho e me lo lasciai sfilare.
<Ho paura che se torniamo a casa...>
Non resistette oltre e torno a baciarmi, in modo appassionato, sembrava tutto così perfetto, come prima del disastro, sembrava essere tornata lei.
Quanto sarei potuto durare?
Insinuai le mie mani sotto la sua maglietta con le balze e risalii fino ai seni, la sentii sospirare mentre la toccavo, accarezzandola.
<Se questo è un sogno... non mi voglio svegliare.>
Sussurrai staccandomi dal suo bacio.
Lentamente la feci sdraiare sull'erba fresca, tornando a baciarla.
Sentii una sua mano sul mio petto e la sentii afferrare il pendente con l'ambra.
Strattonò forte e lo gettò via.
Un gesto chiaro.
La sua gelosia mi fece infiammare.
Il fatto che pensasse che il mio cuore fosse per un'altra e non suo...
<Ci sei solo tu.>
Dissi staccandomi nuovamente, guardandola negli occhi intensamente.
<Ci sei sempre stata solo tu.>
Lentamente cercai nella tasca una delle protezioni.
<Se non mi fermi adesso...>
<Non... non ho nessuna intenzione di fermarmi adesso.
Se non lo fai... non ti parlerò mai più.>
Non me lo feci ripetere due volte.
Mi aprii i pantaloni senza alcuna vergogna, mostrandole quanto la volessi, la vidi sfilarsi l'intimo e quando fui nuovamente su di lei, dopo essermi messo la protezione, entrai in un'unica spinta, senza riuscire a resistere.
Si inarcò, lasciandosi andare ad un gemito di piacere.
Il profumo di lavanda accecava i miei sensi ed il calore di essere finalmente dentro di lei... mi mandò in estasi.
Sentii le sue labbra sul mio collo, baciarmi delicatamente.
Iniziai a muovermi impaziente dentro di lei, spinte su spinte, lente e veloci, il suo intero corpo a mia completa disposizione, nessuna difesa alzata, nessuna paura: solo passione, desiderio, amore.
Quanto avevo desiderato tutto ciò?
La guardai, in estasi mentre accompagnava le mie spinte, inarcando il suo bellissimo collo.
Il ritmo si fece più serrato, la sentii gemere ancora e ancora e all fine toccai l'apice del piacere.
Lentamente mi accasciai su di lei, sfinito.
L'amavo, l'amavo con ogni singola cellula del mio corpo e non potevo dirglielo.

Chrysalis [CAMILO X READER]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora