Durante la mia infanzia solitaria mi capitò più volte di vedere un ragazzino passare sulla spiaggia. Lo osservavo con curiosità percorrere lo stesso tragitto tutti i giorni alla stessa ora. Io mi nascondevo dietro le pesanti tende della mia stanza, appoggiavo una mano sul freddo davanzale di marmo e lo seguivo con lo sguardo. Aveva i capelli scuri e uno strano sorriso che gli piegava le labbra, come se avesse il mondo in mano. Era sicuro di sé e sprezzante come Chris.
Dalla finestra della mia stanza si poteva vedere anche il vecchio cimitero. Non era proprio la cosa più rassicurante del mondo, soprattutto nelle notti ventose, quando mi sembrava quasi di sentire gli ululati dei morti. Potrei raccontare mille strani episodi. Figure quasi trasparenti che sembravano passare tra le tombe. Strane voci. Luci che brillavano sospese a mezz'aria. La grande statua a forma d'angelo con le ali spiegate che pareva muoversi. Meglio non pensarci.
Non era raro che mi recassi al cimitero. Lì, tra le molte tombe, c'era la vecchia cripta, quella in cui si trovavano i miei antenati. Non sono mai stata all'interno, neppure quella volta all'anno in cui i miei genitori aprivano il cancelletto di ferro battuto.
-Sei troppo piccola- mi diceva sempre mio fratello.
-Non sono piccola- protestavo.
-Il prossimo anno- rispondeva per rabbonirmi.
E ogni volta il prossimo anno arrivava e passava senza nulla di nuovo. Io non potevo mai scendere nella cripta. Quando ero bambina ero convinta che dentro ci abitassero i fantasmi dei miei antenati. Oh, com'ero curiosa di conoscerli! Quante cose immaginavo! Credevo che un giorno avrei potuto discorrere con loro.
All'epoca il mio passatempo preferito era lanciare le pietre contro l'ingresso della cripta. Restavo quindi immobile, nell'angosciosa attesa di sentire una risposta dall'altra parte. Posso quasi dire con certezza che un paio di volte ricevetti dei colpi in risposta ai miei. Erano davvero gli spiriti? Oppure si trattava della mia immaginazione? O forse era mio fratello, sempre pronto a farmi uno scherzo? Non lo so. Non credo di volerlo sapere. Ogni tanto vado ancora alla cripta e lancio i sassi. Una cosa mi ha sempre impressionata. La statua della donna che avevano messo all'ingresso. L'unica cosa che sapevo di lei era che indossava il diamante azzurro.
Mia madre custodiva quel bellissimo diamante azzurro come il mare. Era un cimelio di famiglia, qualcosa che si vedeva circa una volta all'anno in occasione del Natale. La cosa strana era che nessuno lo indossava da anni e che semplicemente faceva bella mostra all'interno della sua scatola, su un cuscinetto di velluto nero. C'era una strana storia su quel gioiello.
Si narrava che il diamante fosse maledetto e che chiunque lo indossasse fosse destinato all'infelicità. Mia sorella Beth sosteneva che era stato preso in un tempio indiano e portato via di nascosto.
-Il nostro antenato ha ucciso molte persone per riuscire ad arrivare qua con il diamante- mi diceva –e così lo hanno maledetto e con lui il gioiello-
La moglie, che aveva indossato il diamante in un paio di occasioni, aveva finito i suoi giorni chiusa in un manicomio. La figlia si era buttata giù da una torre. Era forse una di queste sfortunate la donna rappresentata nella statua? Non lo so, non lo avrei mai saputo.
Ci fu un episodio che per molto tempo confusi con il sogno. Un pomeriggio d'estate io e mia sorella andammo a giocare poco lontano da casa nostra, dove c'era il conosciuto Pozzo delle Fate. In giro si dicevano molte cose su quel pozzo. Si sosteneva per esempio che dentro di essere ci abitasse il piccolo popolo, oppure che fosse il portale per un'altra dimensione. Alcuni giuravano di averci visto uscire esseri orribili, chiaramente non appartenenti a questo mondo. Beth mi costrinse ad avvicinarmi anche se lo temevo.
-Non crederai a queste sciocchezze, vero?- mi pungolò, fino a quando non accettai di giocare a palla con lei, lì vicino.
Il pomeriggio trascorse abbastanza tranquillamente, fino a quando mia sorella non decise che la palla doveva essere solamente sua.
-Non è tua- esclamai, stringendola forte contro il mio petto.
Beth, che era più alta e robusta di me, mi si lanciò contro, certa di vincere con lo scontro fisico quella battaglia. Lottammo per un po', con lei che ridacchiava. Non era la nostra prima lotta, come non sarebbe stata l'ultima. Quella volta però il tutto si svolse a pochi passi dal pozzo, così, a causa di una spinta di Beth io persi l'equilibrio e caddi all'indietro. I pochi secondi della caduta mi parvero secoli. Ero certa che mi sarei morta. Non so come ma non mi feci neppure molto male.
-Pania- mi chiamò mia sorella, la voce carica d'ansia, resasi contro di ciò che era successo e delle possibili conseguenze.
-Sto bene- urlai e la mia voce riecheggiò.
-Resisti- gridò Beth –vado a chiamare aiuto- e sentii i suoi passi allontanarsi.
Io restai immobile, nel buio quasi totale. Stavo tremando per il freddo e per la paura. E poi, non appena i miei occhi si abituarono all'oscurità, lo vidi. Era un ragazzino, magro e abbastanza alto, dai capelli scuri e dalla pelle bianchissima. Mi sfuggì un gemito di terrore. Chi era? Cosa ci faceva lì?
-Tranquilla- mi disse, il tono basso e tenero.
-Non farmi del male- sussurrai. Stavo tremando.
-Non ti farò del male- mi rispose, con voce calma.
Il ragazzino mi si avvicinò. Non doveva essere molto più grande di me e il suo viso era avvolto nelle tenebre.
-Sono caduta- mormorai, le lacrime agli occhi. Feci un passo di lato, ma barcollai.
Lui balzò in avanti e mi sostenne, prendendomi in braccio. Mi abbandonai contro di lui, la testa contro la sua spalla. Fu in quel momento che vidi i suoi occhi. Blu come il mare in tempesta. Il ragazzino mi portò fino a un basso letto, dove mi posò. Si prese cura di me con dolcezza, controllando che non avessi nulla di rotto.
-Credi che verranno a prendermi?- gli domandai.
-Certo che verranno... io non ti lascerei per nulla al mondo-
Queste parole mi strinsero il cuore.
Si sentivano delle orribili grida, provenire da lontano. Non so cosa fossero. Forse era solo la mia fantasia. Oppure no. Non chiesi al giovanotto cosa fossero.
-Non vorrai dormire per terra?- chiesi invece, quando il ragazzino si allontanò.
Lui mi fissò sorpreso. –Non posso dormire sul letto, ne hai più bisogno tu-
-Possiamo stringerci- proposi.
Il ragazzino mi scrutò con attenzione. Mi sentii quasi a disagio sotto il suo sguardo attento. Uno sguardo che riusciva a farmi tremare.
-Non posso stare qua sapendo che tu sei per terra- continuai –fa freddo lì-
-Grazie- disse lui, avvicinandosi con un fare quasi timido. Si sedette sul bordo del letto. Sembrava indeciso. Decisi di non dirgli nulla, ma di restare in silenzio, in attesa di qualcosa. E alla fine il ragazzo si lasciò cadere al mio fianco. Chiusi gli occhi, rassicurata dalla sua presenza.
Fui trovata la mattina seguente, svegliata dalla voce di Chris. Del ragazzo misterioso non c'era nessuna traccia. Io ero ancora sdraiata sul basso letto.
-Probabilmente hai sognato tutto- disse mio fratello.
-Come ho fatto allora ad arrivare fino al letto?-
Lui si strinse nelle spalle. -Ci sarai venuta da sola-
-E cosa ci fa un letto qua?- insistei -Ci deve abitare qualcuno-
-Un tempo ci abitava qualcuno- spiegò lui, rapidamente -ora però no-
Gli diedi ragione, pur sapendo che non ne aveva. Io ero certa che il ragazzino fosse reale e sapevo anche chi era. Il Reietto che girovagava per l'isola. Fu forse in quel momento che i Reietti non mi parvero più mostri? Non lo so, ma mi piace pensare che fu quella la svolta.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate? Il capitolo è un po' più lungo del solito, spero che non ci siano errori.
A presto!
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La sposa del mare
Ficción histórica❤️ Shortlist Wattys 2022 ❤️ (COMPLETA) "Si narra che la stia ancora cercando, che non si fermerà fino a quando non la stringerà tra le braccia. Quando il mare ruggisce significa che lui la chiama a sé. Vita dopo vita i due s'inseguono, s'incontrano...