Capitolo 8.

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25 settembre

Harry POV

Guardò l'ora dalla sveglia sul comodino, segnava le sei e trenta. Era ancora presto.
Si stiracchiò trattenendo un gemito, era indolenzito dalla notte precedente.

La notte precedente.

"Porca puttana."

Si era messo nei casini, lo sapeva, ne avrebbe pagato le conseguenze, ma quella era stata una delle notti migliori della sua vita.

Si girò nel letto e lo vide, l'uomo che gli aveva fottuto il cervello, quello che aveva messo tutto in discussione.

I capelli arruffati, gli spostò delicatamente il ciuffo dalla fronte e sorrise.
La bocca chiusa e i respiri regolari.
Le mani nascoste sotto il cuscino, quelle stesse mani che solo poche ore prima gli avevano regalato il piacere migliore che avesse mai provato, quelle mani che lo avevano fatto sentire voluto, desiderato.

Si chiese se si fosse reso conto di quanto piacere gli avesse fatto provare, di come si fosse sentito ad essere guardato da quegli occhi ora chiusi, come nessuno aveva mai fatto.

E quegli occhi lo spaventavano anche, perché sotto il suo sguardo si sentiva messo a nudo, spogliato da tutte le sue difese.

Sospirò nel sonno e una piccola ruga si formò tra le sopracciglia, avrebbe voluto sapere cosa stesse sognando.
Represse la voglia di passargli un dito su quella piega per cancellare qualsiasi cosa lo stesse turbando nel sonno, ma si trattenne.

Si alzò provando a fare meno rumore possibile per non svegliarlo.
Erano a casa sua, quindi non poteva nemmeno sgattaiolare fuori di nascosto, ma probabilmente non lo avrebbe fatto in ogni caso.

Era confuso, non sapeva cosa fare.

Fece scorrere l'acqua nella doccia e si mise sotto il getto caldo, provando a rilassarsi anche se con scarsi risultati.

Sentiva le labbra ancora sul suo corpo, le mani dentro di lui, il suo respiro ovunque.

Stava impazzendo.

Era impazzito dalla prima volta che lo aveva visto.

Era bellissimo, di una bellezza che spesso cercava ma che poche volte aveva visto.

Uscì dalla doccia con la testa incasinata da mille pensieri, si infilò i boxer, una tuta e una maglietta, e tornò in camera.

Louis stava ancora dormendo e lui, per quanto si sforzasse di ritenere sbagliato quello che era successo, vedendolo li vulnerabile tra le sue lenzuola, sorrise.

Ma per quanto avesse sentito il cuore battere dopo tanto tempo, per quanto si fosse sentito coccolato e importante anche se solo per qualche ora, sapeva che avrebbe dovuto chiudere quella storia prima di fare qualcosa di irreparabile, e Louis non lo meritava.

Andò in cucina, preparò il caffè e si accoccolò sul divano, le ginocchia al petto e il mento appoggiato sopra e, mentre sorseggiava la sua tazza di caffè, i passi del maggiore interruppero i suoi pensieri.

«Buongiorno.»

«Buongiorno, hai dormito bene?»

«Si, scusami se ho dormito fino ad ora ma ero davvero stanco» si scusò il maggiore quasi imbarazzato. Lo aveva capito già dalla sera prima che lo fosse, aveva delle occhiaie scure sotto gli occhi.

«Non devi scusarti, tieni» rispose Harry passandogli la sua tazza di caffè ancora caldo che l'altro accettò volentieri.

Calò un silenzio imbarazzante. Cosa si dice dopo la notte di sesso migliore della propria vita?

Harry non lo sapeva, non era abituato a quel genere di cose, e tanto meno a quelle sensazioni che stava provando accanto al maggiore.

Era preoccupato e spaventato, ed Harry proprio non voleva che lui soffrisse.

Non a causa sua.

«Harry, per quanto riguarda ieri notte... Ecco, è stato-»

«Un errore. È stato un errore, mi dispiace» lo interruppe distogliendo lo sguardo perché, se avesse guardato quegli occhi, sapeva che avrebbe visto delusione.

«Cosa?»

Una fitta allo stomaco, come glielo avrebbe spiegato? Semplicemente non poteva.

«I-io... io non posso, okay? Ora ti prego, vai via.»

Louis non si mosse, restò in silenzio, i pensieri lo stavano opprimendo.

«Guardami» gli ordinò facendo trasalire il più piccolo che aveva capito che, quando gli dava ordini in quel modo, non riuscisse più a ragionare.

Alzò la testa e incrociò il suo sguardo e lo sapeva, sapeva che non avrebbe dovuto farlo, perché ancora una volta si sentì vulnerabile sotto lo sguardo indagatore del maggiore.
Aveva una paura fottuta che da un momento all'altro avrebbe scoperto tutto, perché aveva capito che fosse perfino più intelligente di lui.

«Dimmi perché è stato un errore. Dammi un motivo valido e ti giuro che vado via.»

Harry tremò, un brivido lungo la schiena, non sapeva cosa rispondere, ma non poteva dire la verità.
E aveva paura che mentendo il maggiore lo avrebbe capito, perché Harry aveva capito che non avesse creduto alla bugia che aveva inventato sul suo lavoro.

Prese un respiro profondo e pregò che quella conversazione finisse al più presto, che Louis non obiettasse e facesse finta di credergli, come aveva fatto le altre volte.

«Mi dispiace averti dato un'idea sbagliata di me. Io non sono il tipo da giorno dopo, faccio sesso e basta. Avrei dovuto essere chiaro fin dall'inizio, mi dispiace, però ora prendi le tue cose e vattene.»

Harry si sforzò di mantenere il contatto visivo, doveva farlo, anche se mentire non era mai stato il suo forte.
Il maggiore restò impassibile, lo stava studiando, ma non disse nulla.
Si alzò senza replicare, e pochi minuti dopo uscì dall'appartamento sbattendo la porta alle sue spalle.

Harry sospirò sollevato, ma si sentiva anche ferito e si era umiliato.

Aveva fatto qualcosa che non gli apparteneva, lui non era così e non lo era mai stato, ma sapeva che fosse la cosa migliore da fare.

Non voleva ferire Louis.

Criminal minds [L.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora