Capitolo IX

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Quel sabato Seraphina trascinò di nuovo John per negozi. Era facile spendere quando si aveva la carta di credito dei genitori con un acconto pressoché illimitato. Seraphina comprò due paia di pantaloni in pelle giustificandosi con il fatto che quelli che aveva erano tutti consumati. John pensò che fossero solo scuse ma non fece obiezioni quando lei gli chiese di fare un giro anche in un negozio di  borse chiamato "Vezzosità da Rosa". La cosa strana era che Seraphina usava quegli affari raramente. Era più un tipo da taccuino ficcato nelle tasche dei jeans, un maschiaccio da quel punto divista.

«Stasera ceniamo fuori, hanno aperto un nuovo posto, voglio vedere com'è» Disse lei decidendo come al solito tutto da sola.

«Va bene».

«Che te ne pare di questa?» Chiese Seraphina mettendosi al braccio una borsetta argentata ricoperta di brillantini. Appariscente quanto pacchiana.

«Uhm... carina».

«Non sembri convinto».

«L'importante è che piaccia a te».

«Preferirei un parere onesto».

«Non è la migliore del negozio ma io che ne so di queste cose, non sono mica una femmina» Seraphina sorrise come soddisfatta per qualcosa che John non capì e rimise la borsa a posto.

«Infatti è orribile» Affermò e afferrandogli il braccio lo trascinò fuori dal negozio. John si chiese cosa ci fosse entrata a fare se non intendeva comprare niente. La sosta seguente fu davanti a una vetrina di oggettistica per la casa. Altro posto inutile visto che Seraphina non aveva una casa propria dove mettere i propri acquisti.

«Quel vaso là è carino» Disse indicando una grossa anfora color giallo limone. John preferì rimanere in silenzio per non esprimere la propria opinione totalmente contraria. Questa volta Seraphina non insistette per una sua risposta ed entrò nel negozio. John emise un sospiro silenzioso. Tutti quei giri lo stavano facendo impazzire. I piedi gli facevano male a forza di camminare a vuoto.

Seraphina passò tra le mensole osservando i soprammobili. John non era sicuro se fosse cambiata improvvisamente durante la sua assenza acquisendo gusti particolari oppure se fosse solo un modo per dargli fastidio. Propese per la seconda ipotesi quando uscirono dal negozio senza aver comprato nulla.

«Guarda, la gelateria. Vuoi un gelato?» Chiese John nella speranza di riuscire a fermarla. Seraphina piegò le labbra in una specie di ghigno.

«Prima vorrei andare in un altro paio di posti. Sempre che a te vada bene» Quindi era vero, voleva solo farlo ammattire! John deglutì a vuoto.

«Nessun problema».

«Perfetto allora, andiamo!» Fu così che entrarono in un negozio di scarpe, poi in una boutique di abiti di marca, poi in un altro negozio di scarpe, poi di nuovo nella boutique precedente, poi in un buco che vendeva bigiotteria, in una cavolo di profumeria soffocante, e per finire in un cazzo di negozio di trucchi dove Seraphina perse un'ora solo perché era indecisa tra due smalti dello stesso identico colore. Usciti da lì John aveva esaurito tutte le forze ma per fortuna arrivarono le paroline magiche.

«Andiamo a prenderci un gelato» Disse Seraphina scompigliandogli i capelli con la mano.

«Finalmente» Si lasciò sfuggire John. Lei ridacchiò.

«Dovevi dirmelo prima che avevi bisogno di una pausa» Come no. Voleva solo distruggerlo, ecco la verità. Nonostante tutto quello che gli aveva fatto passare John le offrì comunque il gelato. Uscirono all'aperto per mangiarlo e si sedettero su una panchina lontano dall'affollamento del centro commerciale.

«È stato divertente» Disse Seraphina.

«Che cosa?».

«Vederti pregare in silenzio che ce ne andassimo da quei negozi».

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