Capitolo XXXIX

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Era talmente presto che non c'era dubbio che sarebbe arrivato in classe per primo anche quel giorno. I corridoi erano deserti perciò non ebbe nemmeno bisogno di spararsi la musica a tutto volume nelle orecchie di prima mattina. Anche in bar non aveva dovuto sopportare la presenza di altri studenti. John percorse con sicurezza il corridoio al piano terra abbastanza di buon umore quel giorno. Se le giornate fossero cominciate tutte in quella maniera – soprattutto senza fastidiosi disturbatori che parevano esistere solo per tediargli l'animo – ci avrebbe messo la firma perché le cose continuassero così per sempre.

Arrivato davanti alle scale però vide la sua compagna di classe con i codini rosa salire davanti a lui portando tra le mani un grosso scatolone e tre lunghi cartoncini arrotolati in tre tubi. La vide ondeggiare pericolosamente un po' a destra e un po' a sinistra come se stesse per cadere da un momento all'altro. Evie si chiamava, ricordò John. Salì dietro di lei cercando di trovare uno spazio per passare oltre. La ragazza ad un certo punto ondeggiò all'indietro perdendo l'equilibro. John frenò la caduta sul nascere posandole una mano sulla schiena e spingendola lievemente in avanti per raddrizzarla. Recuperata stabilità la ragazza si voltò sorpresa. Prima che potesse aprire bocca però – e prima che John riuscisse finalmente a superarla – la scatola si aprì sul fondo rovesciando l'intero contenuto sulle scale. John non aveva mai incontrato una persona così goffa – o sfortunata – tutte le volte che a incontrava sembrava avere qualche problema.

«Oh no, che imbarazzo» Mormorò Evie arrossendo e si inginocchiò per raccogliere i fogli. Li rimise dentro la scatola dimenticandosi che si era rotta e quando se ne accorse diventò ancora più rossa, comprese le orecchie. John si lanciò un'occhiata attorno. Non c'era nessuno a parte loro. Ridiscese le scale e raccolse gli oggetti rotolati sul fondo. C'erano dei gomitoli di lana di colori diversi, un astuccio giallo, alcune riviste di cucito e altri oggettini vari che sembravano delle decorazioni.

Evie cercò di sistemare la scatola con dello scotch.

«G... Grazie» Balbettò quando John le portò gli oggetti.

«Non credo che quella si possa sistemare» Le disse John osservando i pezzi di cartone che Evie cercava di rimettere insieme. La ragazza sospirò sconsolata.

«Sono un disastro» Mormorò. Era come un piccolo pulcino che stava appena imparando a camminare. John corrugò la fronte confuso da quella strana immagine che gli era venuta in mente.

«Dove devi portare questa roba?» Le chiese.

«In magazzino» Rispose Evie «Puoi poggiarla a terra, la porterò a mano» Aggiunse poi lanciandogli un'occhiatina incuriosita. John immaginò che si stesse chiedendo perché si era fermato ad aiutarla. Bella domanda. Non lo sapeva nemmeno lui. Forse era per il fatto che si erano già parlati altre volte o forse perché Evie non aveva mostrato particolare timore verso di lui.

«Ti dò una mano» Disse John.

«Non ce n'è bisogno, io... uhm...» Evie si interruppe perché John si si era già incamminato. La ragazza si affrettò a raccogliere le cose restanti e poi lo raggiunse. «Ti ringrazio» Gli disse guardandolo ancora con curiosità. Proseguirono lungo il corridoio fianco a fianco ma non si scambiarono più una parola. Dovettero fermarsi diverse volte perché Evie continuava a lasciarsi sfuggire dalle mani qualche oggetto ogni quattro passi ma John non si mostrò spazientito. Finalmente raggiunsero un'aula che fungeva da magazzino, Evie trovò un'altra scatola dove riporre gli oggetti. John li rovesciò dentro alla rinfusa ringraziando il cielo di aver finito.

«Perché avevi tutta questa roba?» Chiese.

«Ho preparato dei piccoli pensierini per Remi, Blyke e gli altri del Rifugio» Rispose Evie arrossendo nuovamente. Era incredibile come il suo colorito cambiasse ogni volta che gli diceva qualcosa. John si domandò se se ne rendesse conto. «Sono dei portachiavi. Ehm... volevo ringraziarli in qualche modo per l'aiuto che stanno dando a noi bassi livelli. Ma forse ho fatto una sciocchezza, voglio dire, perché dovrebbero volere dei portachiavi? Quindi non so più se darglieli o no».

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