Capitolo XXXI

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John aveva passato l'intera notte a controllare che nessuno studente uscisse dai dormitori assieme agli addetti alla sicurezza. Sinceramente aveva dei dubbi sul fatto che questo fosse compito del Re della scuola ma Keene gli aveva chiesto di farlo e lui aveva acconsentito perché sperava che così facendo il capo della sicurezza sarebbe stato disponibile a dargli altre informazioni, se lui o quelli dell'Autorità avessero scoperto qualcosa. Quelli dell'Autorità naturalmente si erano stanziati a scuola e controllavano ingressi, uscite, corridoi e cortile. Non avevano ancora trovato alcuna traccia del colpevole e avevano iniziato a interrogare tutti quanti, che fossero studenti, insegnanti o personale scolastico. Le due esplosioni erano state causate dall'abilità di qualcuno abbastanza potente da ferire il Preside – non c'era da stupirsi dunque che le Autorità prendessero il caso molto sul serio – si trattava con tutta probabilità di un'abilità legata alla pressione di acqua bollente ma era difficile saperne di più visto che nessuno di quelli presenti sul luogo del disastro poteva riferire nulla. Questo era quello che John era riuscito a scoprire fin'ora. Lui comunque credeva che ci fosse almeno un'altra persona complice di colui o colei che aveva fatto esplodere l'ufficio di Vaughn. Non poteva più avvicinarsi là comunque, l'intero edificio scolastico era chiuso, controllato da membri delle Autorità che temevano lo scoppio di un'altra esplosione. Le lezioni erano sospese a tempo indeterminato e gli studenti avevano l'obbligo di rimanere chiusi nelle proprie stanze almeno per quel giorno mentre, chi viveva fuori dal campus, naturalmente non poteva tornarci fino a nuovi avvisi. Ovviamente questo non valeva per John. Non se ne sarebbe rimasto chiuso nemmeno se lo avessero costretto, aveva delle cose da fare, prima di tutto recarsi in ospedale e controllare le condizioni di Cecile. Per questioni di privacy nemmeno Keene aveva potuto dirgli qualcosa sulla ragazza. John sperava di trovarla sveglia e disposta a parlare di quello che era successo. Fu così che appena fu mattina avvertì Keene che intendeva uscire dal campus. Il capo della sicurezza esitò per un lungo istante. John non si aspettava che lo accontentasse facilmente.

«Voglio andare in ospedale, tutto qui» Spiegò John pazientemente.

«Vuoi vedere Cecile, capisco. Non credo che fuori dal campus tu o altri possiate correre qualche pericolo, perciò va bene».

John si sentì piuttosto soddisfatto. Il solo fatto di allontanarsi da scuola che adesso era sotto il controllo dell'Autorità gli dava un senso di sollievo. Odiava vedere quelle facce fredde e arroganti ovunque in giro. Più stava lontano da loro meglio era.

«Notizie sul Preside?» Domandò.

«Non posso dire nulla su questo» Rispose Keene fissandolo con uno sguardo penetrante. John non insistette. Di Vaughn non gli avrebbe detto nulla in ogni caso.

John prese un taxi per andare in ospedale. Lungo il tragitto tirò fuori il cellulare dalla tasca. Lo aveva preso prima di uscire ma non essendo tornato in camera quella notte non lo aveva messo in carica perciò ora la batteria era al 2%. Aveva ricevuto dei messaggi da Seraphina, gli aveva mandato anche una foto di lei su una canoa con il remo sollevato nella mano. John non fece in tempo a rispondere che il telefono si spense.

"Oh, be', la chiamerò più tardi" Pensò John rimettendosi il telefono in tasca. Avrebbe fatto meglio ad avvisare anche suo padre prima che sentisse la notizia al telegiornale e si preoccupasse. Pagò il taxista e scese dall'auto. Sollevò lo sguardo verso l'enorme edificio che aveva davanti. Era il più grande e migliore ospedale della regione. John però detestava gli ospedali. C'era una regola non scritta che prevedeva la priorità dei livelli più alti della società rispetto a quelli più bassi, indipendentemente dalla gravità delle loro condizioni. Era odioso. Una volta, quando John era piccolo era stato spinto da uno stupido bullo giù da un muretto ed era caduto su alcune travi di ferro e altre cianfrusaglie inutilizzabili. Uno spuntone gli si era conficcato nella gamba ma quando era arrivato in ospedale aveva dovuto aspettare ore prima che il personale medico si decidesse a fare qualcosa per lui. Ricordava bene un ragazzo di buona famiglia, probabilmente un élite, che lo aveva superato nella fila anche se lamentava solo un mal di pancia. John strinse i pugni con forza controllando a stento il nervosismo. Ecco perché detestava gli ospedali. Dovevano essere luoghi di cura per tutti ma la verità era che anche lì la gerarchia veniva prima della vita dei singoli. Gli alti livelli non solo avevano la precedenza ma ricevevano anche le cure migliori, i pochi guaritori presenti infatti riservavano la loro abilità a loro soltanto. E che dire dei bassi livelli che non potevano permettersi di pagare le cure? Loro in ospedale nemmeno potevano entrarci!

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