❀ Attenzione

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29 Maggio 2021

Era una mattina come un'altra, o almeno questo era quello che pensavo. Non mi immaginavo che quel giorno avrebbe cambiato tutto.

Mi ero svegliata prima del suono della sveglia ma, per qualche strana ragione, ero comunque riuscita ad arrivare in ritardo a lezione.

Non sapevo se dare la colpa al phon che si era guastato, o all'acqua della doccia che tardò a scaldarsi.

Una volta entrata in aula però, mi apprestai a cercare un posto libero tra le prime file, e ne trovai solo uno, in fondo.

Bingo. Non c'era cosa che odiavo più di quella. O forse sì, se contiamo il traffico quando sei in ritardo, il caffè che esce dalla moka troppo lentamente quando sei di fretta e il rumore delle motociclette.

Chiusi gli occhi velocemente, solo un momento, e mi diressi verso quel posto prima che la lezione di filosofia iniziasse.

Dovevo essere pronta prima che l'insegnante entrasse. Mi sedetti dopo aver poggiato la borsa sul tavolo, aprii il libro e iniziai a far scorrere il dito sulle pagine che avevo memorizzato nei giorni precedenti.
Poi ad un tratto una voce mi distrasse da quel flusso di pensieri.

"Quel posto è libero?"

Continuavo a ripetermi mentalmente i concetti principali della filosofia di Nietzsche quando alzai la testa trovandomi di fronte il ragazzo dagli occhi scuri del supermercato. Non so se fu il profumo del caffè che aveva in mano o quello del suo dopobarba, ma qualcosa non sembrava essere al suo posto quando gli sorrisi. Nemmeno io.

"Sì." Scossi la testa prima di tornare con gli occhi sul libro.

Il filosofo sosteneva quanto fosse inutile spiegare l'esistenza di Dio, perché era il mondo stesso con la sua crudeltà e il suo caos a confutarne la presenza. Era stato semplice studiare il suo pensiero, visto che era così affine al mio.

Posai il dito sulle frasi che spiegavano il concetto di superuomo e provai una profonda e sincera invidia. Avrei voluto essere una persona diversa, 'l'uomo oltre la nostra conoscenza' perché secondo me, solo un superuomo sarebbe stato in grado di capire ciò che valeva la pena, solo lui sarebbe stato in grado di percepire il mondo com'è veramente.

Facevo sempre così. Ero una perfezionista ed era proprio quello, per ironia, il motivo per cui avevo deciso di abbandonare qualsiasi attività che mi interessasse davvero.

Era una paura infondata, ma persistente. L'avevo fatto a cinque anni con il nuoto, a sette con la danza e ad undici con il Karate.

Pensavo che facendo così mi sarei tenuta alla larga dalla delusione e non c'era delusione più grande di quella che provavo per me stessa. Scossi la testa quando qualcosa o meglio, qualcuno, mi distrasse per la seconda volta.

Mi voltai appena notando i capelli scuri ricadergli sul volto mentre mi fissava.
Aveva detto qualcosa?

"Come?" Chiesi aggrottando le sopracciglia, lui scosse la testa guardando in basso solo un momento prima di farmi un piccolo sorriso ed indicare il mio libro.

"Il libro. Ho lasciato il mio a casa, mi chiedevo se..." Si grattò la nuca continuando a guardare quello che avevo custodito così gelosamente di fronte a me.

Ho già menzionato che niente, quella mattina sembrava essere al suo posto. Non avrei mai permesso a nessuno di avvicinarmi, o parlarmi.

Non importa quanto gentile questa persona potesse essere. Non importa quanto in alto fosse lo scaffale che avrei dovuto raggiungere.

Non l'avrei permesso perché non avevo gli strumenti per fidarmi delle persone. Non più. O forse non li avevo mai avuti.

Il ragazzo continuava a guardarmi diventando sempre più nervoso, mentre si stringeva nelle spalle. Aveva un'espressione che trovai buffa, o quasi.

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