❀ Arigato

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16 Agosto 2021

Il sole che filtrava dalla finestra illuminava il pulviscolo rendendolo visibile ai miei occhi ancora impastati dal sonno. Strizzai gli occhi prima di strofinarli biascicando un "Per quanto ho dormito?"

"Più di quanto fosse necessario."
Jun fece scoppiare il suo sorriso passandosi la lingua sopra il labbro inferiore e si sistemò meglio accanto a me permettendomi di posare la testa sul suo petto.

"Avresti dovuto svegliarmi." Il battito del suo cuore mi invase quando sentii le dita della sua mano intrecciarsi tra i miei capelli.

"Dovevo finire di studiare." L'intera cassa toracica rimbombò al suono di quelle parole. La sua mano passò dai capelli al collo sfiorandolo delicatamente con l'indice. Rabbrividii e lui se ne accorse perché lo sentii mentre cercava di trattenere una risata.

"Di leggere quel fumetto che ti porti dietro da giorni, vuoi dire." Alzai la testa dal suo petto per guardarlo mentre con il suo fare drammatico si portò la mano sulla fronte aprendo la bocca, fingendosi offeso.

"Non è un fumetto, è un manga Samantha."
"Stessa cosa."

Mi strinsi nelle spalle nascondendo un sorriso quando nel giro di qualche secondo, senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovai sdraiata con la schiena contro il materasso e il suo corpo sopra il mio che mi teneva ferme le braccia sopra la testa sorridendomi maliziosamente.

Non opposi resistenza ma, mi fermai a guardarlo. I capelli neri illuminati dal sole mostravano i riflessi rossicci mentre la sua mascella scolpita faceva da contrasto ai suoi occhi neri, ma dolci.

La maglietta bianca con lo scollo a V mi permetteva di vedere gran parte del suo petto e l'odore di té chai, lavanda e fiori d'arancio mischiato all'odore che emanava la sua pelle baciata da sole di Agosto, colpì le mie narici inebriandomi completamente.

Cercai di allungare una mano nella sua direzione e lui afferrò il braccio poco prima che potessi raggiungere i suoi capelli. Sentire la sua pelle a stretto contatto con la mia in quel momento mi rese avida tentando di avvicinarmi ancora al suo volto.

Stavolta me lo permise, ma la sua mano si spostò sul mio polso guidandomi delicatamente nei movimenti. Non smise di guardarmi quando mi fece sfiorare la sua guancia perfettamente liscia e priva di barba, facendomi scendere lungo il collo sfiorando il suo pronunciato pomo d'Adamo.

Rimase in silenzio quando la mia mano scese ancora fermandosi, per suo volere, sul petto. Fu allora che le sue dita lasciarono il mio polso spingendo il palmo contro il dorso della mano che tenevo sul suo cuore.

Lo guardai ed increspò le labbra in un accenno di sorriso. Non disse niente, ma interruppe il contatto visivo passandosi una mano tra i capelli prima di spostarsi  e sedersi vicino a me come se colpito da un senso di vergogna.

Sapevo che Jun si era spinto molto più oltre di quanto la sua cultura avesse permesso uscendo insieme a me. Me ne accorgevo dagli inchini che mi rivolgeva dopo avermi abbracciata, o dal modo in cui stava attento a interporre una certa distanza tra noi quando ci trovavamo in pubblico.

Sapevo che in fin dei conti di quello che pensavano gli altri non me ne importava davvero e che l'unica cosa che contava veramente era come si comportava con me lontano da occhi indiscreti.

Per Jun la fiducia era la chiave per conoscere veramente qualcuno ed io ero stata così abile da averla guadagnata, meritandomi così la sua amicizia.
La sua intimità.

Era bello stare insieme a lui perché stava riuscendo ad abbattere le mie fragilità trasformandole in spunti da cui ricominciare, il problema è che non ero sempre la sola a piazzare un muro davanti a noi e spesso non ero l'unica a rimanere colpita dalle macerie.

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