❀ Tachipirina

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6 Agosto 2021

Quell'estate fu una delle più calde ed indimenticabili della mia vita, ma nonostante questo quel giorno non fu il caldo a preoccuparmi.

Mi alzai dal letto ancora assonnata e, nonostante le temperature calde, iniziai a sentire degli strani tremori e un enorme dolore mi pesava sulle tempie. Non riuscii a mettere in ordine nemmeno la stanza quando passai dal letto al divano.

Quel giorno Jun aveva promesso di portarmi fuori. Sapeva quanto odiassi il tepore di Agosto e voleva farmi passare una giornata divertente senza che il caldo minacciasse di rovinarla. Strinsi gli occhi sperando che il mal di testa se ne andasse, ma non feci che peggiorare le cose. Adesso anche una forte sensazione di nausea si era impossessata di me.

Quella gita era stata rovinata da qualcosa di ben peggiore del caldo quindi decisi di fargli sapere di non passare a prendermi. Non avrei mai voluto che mi vedesse in quello stato. Stavamo insieme da troppo poco e non ero ancora stata in grado di farmi vedere con indosso una tuta, men che mai senza quel filo di trucco che nascondeva le mie fastidiose lentiggini. Era fuori discussione che mi vedesse con i capelli in disordine, le occhiaie violacee sotto agli occhi ed in pigama.

Ma Jun era fuori dal comune. Era quel tipo di persona che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere felice qualcuno quindi, quando il suo messaggio di risposta tardò ad arrivare non mi stupì sentire il suono sordo del campanello di casa mia.  Decisi di provare a non rispondere, ignorandolo completamente. Magari sarebbe servito ad allontanarlo, a mandarlo via.

Forse aveva funzionato. Non sentii più suonare il campanello, ma il mio telefono emise un trillo che riconobbi essere la suoneria scelta per i suoi messaggi. Era stata una buona invenzione, quella. Quando mi andava di ignorare tutto il resto del mondo, bastava quel suono a ricordarmi che lui era lì e che avrei potuto fare con calma. Il che mi ricordò che ero una pessima amica.

Da quando Francesca si era trasferita a Lecce, non avevamo avuto molto tempo per parlare. Lei mi mandava note audio entusiasta della sua nuova vita ed io ascoltavo per metà quelle parole prima di scoppiare in lacrime. Ero stata io ad allontanarla a poco a poco dalla mia vita quasi come a volerla incolpare di aver scelto il suo futuro a me. Le volevo bene e non volevo perderla, ma uno dei miei difetti era quello di isolarmi a tal punto da diventare invisibile a quelli intorno a me. Ero fermamente convinta che nessuno tenesse a te così tanto da rimanere ed esser ferito e questo mi riportò con la mente a quel preciso istante. Jun se n'era andato ed ero stata io a mandarlo via.

Presi il telefono e lo sbloccai vedendo la sua notifica. Aprii il messaggio e trovai una foto di lui con le gambe incrociate seduto sul pavimento del mio pianerottolo. Non se n'era andato, si era semplicemente seduto dietro la mia porta aspettando il momento più adatto, dandomi lo spazio che non gli avevo mai chiesto. Il cuore mi si strinse appena nel vederlo sorridere in quella foto e fui tentata di aprire, se solo non fosse stato per le mie condizioni. Mi alzai debolmente dal divano e mi trascinai vicino alla porta sedendomi per terra con la schiena contro lo stipite. Rimasi in silenzio e riuscii a sentire il rumore del suo gioco preferito. Sorrisi appena nell'immaginarlo dietro la porta che mi aspettava giocando ad uno stupido gioco con il quale aveva giocato talmente tante volte da ricordare ogni livello a memoria. Poi arrivò il silenzio e dopo pochi istanti, lo sentii parlare.

"Mi fai entrare?" Lo sentii muoversi al di là della porta, sentendo le sue nocche che battevano alla porta dolcemente. Quando non risposi, continuò. "E va bene. Vorrà dire che questa torta gelato con panna e fragole dovrò mangiarla io, non vorrei mai che si sciogliesse." Il suo tono di voce era simile ad una cantilena che mi fece sorridere. Si era ricordato la mia torta preferita ed ero certa di averla menzionata solo mezza volta al calar del sole fuori dall'università.

Jun era così. Voleva renderti felice e riusciva a ricordarsi ogni minimo dettaglio, talvolta anche insignificante. Misi una mano sulla maniglia per aprire quando lo sentii parlare di nuovo.

"Fatti dare una mano, Sam." Il cuore mi si strinse di nuovo nel petto e venni colpita di nuovo dal senso di colpa quando aprii la porta permettendogli di entrare non solo in casa mia, ma anche nella parte più fragile di me stessa. Quando aprii la porta lo trovai immobile davanti a me, aveva un mezzo sorriso stampato sul volto ed entrò subito dopo aver fatto il suo piccolo e breve inchino.

"Non mi guardare." Dissi sbrigativa buttandomi sul divano e coprendomi la testa con una coperta. Lo sentii camminare verso di me e lo intravedi sedersi dai piccoli forellini della coperta. Si sedette sul pavimento vicino al divano ed allungò una mano per infilarla sotto la coperta e permettermi di stringerla. Sorrisi appena, ma non disse niente. Le sue dita avevano iniziato ad accarezzarmi il dorso della mano, la differenza di temperatura mi fece rabbrividire ancor di più.

"Hai preso qualcosa per la febbre?" Sussurrò stringendomi ancora la mano.
"Non sono certa di averla." Risposi debolmente sdraiandomi con la testa sul cuscino del vecchio divano del mio appartamento.
"Dovresti provarla, non credi?" Mi lasciò la mano e in quell'istante mi mancò più di quanto mi fosse mai mancata qualsiasi altra cosa e lo vidi muovere verso il bagno. Lo sentii mentre apriva i cassetti ed approfittai per mettere la testa fuori. Si spostò in quello che pensai essere la cucina e questa deduzione venne confermata quando sentii il rumore del gas che si accendeva. A poco a poco sentii gli occhi chiudersi ed io non riuscii a non farlo.

Sentii una leggera pressione sulla fronte e riconobbi immediatamente le sue labbra, ma non aprii gli occhi. Gli permisi di guardarmi, ma non volevo guardarlo mentre rimaneva deluso quindi finsi di dormire. Lo sentii sedersi di fronte a me, ancora sul pavimento e percepii i suoi occhi sul mio volto. Sentii una delle sue mani sul volto mentre spostava una ciocca di capelli castani dietro il mio orecchio, mentre l'altra disegnava i contorni dei tatuaggi che avevo nell'interno del braccio. Le sue dita passarono sui contorni del fiocco per poi passare alla costellazione del mio segno zodiacale. Continuò a far scivolare le sue dita sulla mia pelle scritta come una penna su un foglio di carta e questo mi provocò i brividi lungo tutto il corpo, ma sapevo bene non fosse colpa della febbre. Tentai di non aprire gli occhi, ma diventò impossibile quando continuò a leggermi la pelle arrivando alle due frasi che mi delineavano le clavicole. Le sue dita iniziarono a sfiorare i contorni di entrambe le frasi.

Quando aprii gli occhi finalmente incontrai il suo volto. Le sue labbra non erano le uniche ad essere increspate in un sorriso, anche gli occhi gli sorridevano e questo fece sorridere anche me dimenticandomi di nascondermi sotto la coperta.

"Come ti senti?" Mi sussurrò piano continuando a stringermi la mano.

"Uno schifo." Risposi ironica mentre scoppiò in una risata.

"Ti ho preparato del tè e le medicine sono sul tavolo. Tra mezz'ora alzati e vai a prenderle." Fece un cenno con la mano indicando la cucina, si grattò la nuca e si alzò in piedi prendendo la sua borsa per mettersela in spalla. Iniziò ad incamminarsi verso la porta.

"Dove stai andando?" Chiesi con le sopracciglia aggrottate e si fermò immediatamente.

Sapeva benissimo che non gli avrei mai permesso di andarsene. Voleva soltanto sentirselo dire.

"Pensavo di dovermene andare dal momento che non volevi nemmeno aprirmi la porta." Fece un mezzo sorriso consapevole bloccandosi sulla porta con la borsa ancora in spalla. Jun era così. Consapevole e furbo. Riusciva sempre a farmi ragionare, a farmi capire quante delle cose che sostenessi avessero veramente un senso o quante fossero dettate solo da un incontrollabile e insensata paura. Riusciva a prendermi per mano per mostrarmi quale fosse la giusta direzione da seguire e la cosa migliore era il mio permettergli di farlo.

"Resta." Estesi la mano verso di lui. Non volevo che se ne andasse.
"Mh." Abbozzò un sorriso e fece scivolare la borsa sul pavimento prima di venire vicino a me ed intrecciare le dita con le mie accarezzandomi dolcemente il dorso.

In quel momento non disse niente, ma era tanto vicino da poterlo sentire respirare. La sua camicia bianca aveva i primi tre bottoni aperti e la brezza di Agosto riuscì a farmi sentire l'aroma del suo dopo barba. Riuscii ad addormentarmi sentendo il suo profumo inebriarmi il naso e quando mi svegliai mi servì una tazza di tè ed una fetta di torta con fragole e panna.

Il tutto accompagnato da una tachipirina.

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