❀ Passato

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7 Dicembre 2031

Una spiacevole situazione.
Mi decisi ad indossare gli orecchini pendenti con le perle che mi aveva regalato lo scorso compleanno, ma proprio mentre le mie mani avevano raggiunto il foro sul lobo, uno dei due cadde a terra.

"Merda" mormorai tra me prima di inginocchiarmi sul pavimento per cercarlo. Le mie mani iniziarono a viaggiare su tutta la superficie del pavimento di camera invano, quando iniziai ad agitarmi.

"Sam? Siamo in ritardo."
La voce di Edoardo era sempre più vicina e, quando vidi le sue scarpe avvicinarsi, alzai lo sguardo su di lui mentre mi trovavo ancora carponi.
"Stavo cercando di mettermi gli orecchini, ma-" Mi guardò dall'alto e dopo essersi sistemato l'orologio al polso, si chinò con semplicità gettandosi sull'orecchino. Aveva un'espressione soddisfatta che mi fece sentire a disagio. Mi lanciò un'ultima occhiata prima di fare un sorriso ed allungare una mano affinché l'afferrassi. Indugiai un attimo prima di trovarmi in piedi di fronte a lui.

"Siamo in ritardo."
"Solo un attimo." Risposi voltandomi verso lo specchio della nostra camera da letto. Chiusi la farfallina facendo pressione sul lobo quando mi accorsi di Edoardo e del suo respiro pesante sul collo.
"Sono pronta." Dissi sbrigativa.
"Magari abbiamo ancora qualche minuto." Lo sentii avvolgermi i fianchi e nascondere il volto nell'incavo del mio collo lasciandoci un bacio, poi un altro ancora. Le sue dita affondarono nei miei fianchi, ma io non riuscii a muovermi. Non so se fu colpa del suo cellulare che continuava a vibrare o della lite che avevamo avuto il giorno prima, ma la saliva aveva inumidito il mio collo e la sensazione di freddo era stata tutt'altro che piacevole.

"Lo sai che ti amo,vero?" Le sue mani mi tenevano come se mi fossi volatilizzata da un momento all'altro.

Mi ami?

Non dissi niente e in quel momento qualcosa s'interpose tra di noi. Qualcosa minacciò di rompersi e noi non eravamo che un vaso di murano in bilico su una fune.

"Metti il soprabito, ti aspetto in salotto."

Annuii e quando non sentii più il suo contatto sulla pelle, io ripresi a respirare. Mi lasciò in quella stanza troppo fredda per entrambi mentre cercavo di coprirmi inutilmente con il mio cappotto preferito.

Aveva detto ti aspetto, ma la voce era severa e nascondeva il suo orgoglio tenendo gli occhi sul telefono, picchiettando sullo schermo. Sapeva che non mi era ancora passata perché in passato avremmo fatto l'amore dimenticandoci degli orecchini e di quella stupida cena. Sapeva che gli avrei concesso di sentire il mio sapore fino a gridare forte il suo nome.

Sapeva che le cose erano cambiate.
Lo sapeva, ma continuava a nasconderselo.

La verità era che l'uomo che avevo sposato cinque anni prima aveva smesso di guardarmi come avrei voluto, o forse no.

Era sempre felice quando mi portava ai ricevimenti organizzati dai suoi colleghi e Dio solo sa quanto odiassi l'argomento preferito delle loro discussioni. Forse perché di Politica non ne capivo niente, forse perché ero la tipa complicata che amava la filosofia e a destra o sinistra preferivo Eraclito e Socrate.

Aveva quell'espressione fiera sul volto ogni volta che mi stringeva a se quasi fossi un trofeo.
Lo stesso non si poteva dire di me, in ogni caso.
Facevo quello che facevano gran parte delle mogli: sorridevo e annuivo cercando di mascherare tutti i grandi problemi che si portava dietro il matrimonio.

Indugiai ancora un po' sul mio riflesso nello specchio. Alcune rughe avevano iniziato a segnarmi il volto e le lentiggini diventavano sempre più visibili, così come le sfumature oro dei miei grandi occhi castani. Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e, prima che Edoardo aprisse di nuovo bocca, lo raggiunsi in salotto.

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