❀ Akai ito

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20 Settembre 2021

Il mese di Settembre era sempre stato uno dei mesi più difficili per me, ma non sapevo se fosse dovuto al peso dei ricordi di un'Estate ancora vicina ma non troppo  da poterla raggiungere, o dei nuovi inizi.

La scelta del nuovo diario e l'odore di libri e matite che di solito mi faceva sentire al sicuro iniziò a farmi sprofondare dentro ad un infinito lago di malinconia  che sarebbe durato fino alla fine dell'anno riempiendomi i polmoni fino a farmi perdere i sensi.

Che ero speciale i miei genitori me lo avevano sempre detto, anche prima che iniziassi a pensarlo io stessa. La prima volta quando chiesi di andare a Karate piuttosto che a danza, poi quando dissi di preferire i broccoli alle patate o quando iniziai a preferire il cornetto senza glassa perché disgustata dal sapore forte di zucchero.

Fu solo in quinta elementare che capii quanto speciale in realtà fosse sinonimo di diversa.

Quello fu il primo anno in cui Lorenzo, insieme ad altri compagni,mi etichettarono come cicciona e anche il primo anno in cui iniziai a non portare più la merenda.

Non ne hai bisogno, mi dicevo.
Smetteranno prima o poi, continuavo ad illudermi.

Ma non smisero e le medie furono anche peggio.

Le bambine della mia classe amavano acconciarsi i capelli per andare ai compleanni e attirare l'attenzione dei compagni che giocavano a calcio sporchi di fango.  Mentre i bambini capeggiati da Matteo fissavano Chiara, i suoi bellissimi occhi azzurri e i capelli biondi.

Una volta tornata a casa dopo quelle feste, facevo un sorriso a mia mamma ed entravo nel bagno per guardare il mio riflesso.

Rimanevo sempre delusa nel trovare una chioma disordinata di capelli neri, ma ancora più delusa quando avvicinandomi allo specchio per distinguere la pupilla dal colore dei miei occhi, la differenza era impercettibile.

Rimanevo sempre delusa, eppure continuavo a guardare.

Piansi il giorno del mio compleanno e anche il giorno dopo, ma per fortuna non avevo la merenda e passai l'intera ricreazione chiusa in un bagno troppo piccolo,  senza che nessuno se ne potesse accorgere. Ammesso che qualcuno volesse accorgersene.

Tutti dovrebbero ricordare la scuola elementare con un grande sorriso stampato sul volto, ripensando a quanto fosse semplice essere un bambino, ma di semplice c'è sempre stato poco per le bambine come me e Francesca.

Anche se in mezzo a quel magma di cattiveria, io e lei riuscivamo sempre a fregarcene, fantasticando su quello che avremmo fatto una volta diventate grandi.

Cantante, attrice, scrittrice, pirata, avvocato, dottore, pilota.

I momenti che custodisco gelosamente sono quelli che passavamo a scrivere storie su personaggi inventati, anche se non sapevamo che tutta quella certezza sarebbe diventata, dopo anni, un enorme punto interrogativo fermo su di noi come un pesantissimo masso.

Gli anni passarono velocemente e presto ci ritrovammo a frequentare due facoltà diverse in due città diverse, sentendoci sempre meno a causa degli impegni. Nessuna delle due era riuscita a salpare i sette mari a bordo di una qualche nave pirata e nemmeno eravamo riuscite a pubblicare quel libro sui cui avevamo a lungo fantasticato.

Da bambini era semplice avere un sogno, ma le cose erano diverse a vent'anni. Un sogno doveva esser coltivato, annaffiato ogni giorno ed esposto al sole sotto i giusti raggi affinché resistesse.

"Lo stai facendo di nuovo." Jun aveva la testa appoggiata alle mie gambe mentre mi toccava i capelli leggermente cresciuti. Gli piaceva attorcigliarseli intorno all'indice da quando li avevo fatti crescere, mentre entrambi stavamo sul divano con la televisione spenta godendo del silenzio che avevamo intorno.
"Che intendi dire?" Chiesi.
"Stai pensando." Mi portò l'indice sulla tempia. "Che cos'hai lì dentro?"
"Niente che valga la pena menzionare, davvero." Risposi spostandogli il dito, ma lui mi prese la mano accarezzando dolcemente il dorso prima di ruotarla per tracciare con i polpastrelli le linee sul palmo.

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