CAPITOLO 10 - prima parte

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Oggi

Tommaso – il ritorno a casa

Sono passati esattamente due anni otto mesi e nove giorni dall'attentato e oggi, per la prima volta lascio la clinica per tornare a casa sulle mie gambe.

Ho lottato molto per raggiungere quest'obiettivo, lo dovevo a me stesso ma soprattutto lo dovevo a Susanna e a mio figlio.

Torno a casa, in quel luogo, dove Edoardo, in quella strana notte è stato concepito, l'ultima prima del mio incidente, una notte fatta di amore e lacrime, Susanna era nervosa, preoccupata e non voleva per nessun motivo che io partissi.

Non aveva mai lasciato trapelare le sue paure mentre quella volta l'aveva fatto, avrei dovuto ascoltare i suoi timori. Se l'avessi fatto nulla di tutto ciò, sarebbe accaduto.

Il taxi mi lascia davanti alla porta, non ho voluto che nessuno mi venisse a prendere. Desidero che questo mio ritorno sia vissuto nella più totale normalità, sebbene di normale in questa storia non ci sia nulla, per questo ho scelto un taxi, esattamente come quando tornavo dalle missioni.

Pago il taxista e mi dirigo verso casa, frutto dei nostri sogni e dei nostri sacrifici. Mi soffermo un attimo sul ciglio della strada ad ammirarla. Tutto è rimasto come lo avevo lasciato, soltanto gli alberi del giardino sono cresciuti propagando piacevoli zone d'ombra. Sotto a uno di essi campeggiano un'altalena colorata e uno scivolo, una piacevole aggiunta in quel posto incantato. Sotto il salice scopro con nostalgia che è ancora legata la nostra amaca, sulla quale amavamo stenderci progettando il nostro futuro e non solo. Testimone silenziosa del nostro amore, più di una volta quella postazione era stata il preludio di notti infuocate consumate tra le coperte della nostra camera oppure direttamente nel capanno degli attrezzi. Se solo quelle mura potessero parlare! Mauro non sarebbe felice di quello che racconterebbero! Altre volte invece, sempre su quell'amaca mi perdevo nell'ascolto dei racconti mitologici di Susanna, appassionata di quella materia e di astronomia. Io m'incantavo ad ascoltarla ma senza bisogno di guardare il cielo. Per me la stella più bella e più luminosa che avrebbe sempre guidato il mio cammino era e sarebbe stata sempre lei.

Poco dopo queste piacevoli riflessioni si scontrano con la dura realtà. Sono davanti alla porta e mi accorgo di non poter entrare, non ho le chiavi di casa e quindi, come un ospite qualunque non posso far altro che suonare il campanello e annunciare così la mia presenza.

Viene ad aprirmi il mio fraterno amico Mauro, in una mano regge un telefono, suo compagno di vita, mentre con l'altra cerca di intralciare l'uscita di Edoardo che, non appena vede la porta aperta cerca di oltrepassarla correndo. Con un perfetto placcaggio degno del miglior giocatore di rugby, blocco la sua corsa e ne approfitto per abbracciarlo. Per la prima volta dalla sua nascita posso tenere mio figlio tra le braccia, sentire il suo profumo, godere del suo calore. Un'emozione indescrivibile che mi riempie gli occhi di lacrime.

Inevitabilmente negli occhi di Mauro non vedo la stessa felicità. Appena poso Edoardo a terra mi si avvicina spiegandomi che deve sempre fare attenzione ad aprire la porta perché Edoardo non perde mai occasione per scappare in giardino. Poi mi abbraccia e mi dà il benvenuto (in casa mia!) ma qualcosa mi dice che i suoi auguri non sono sinceri, lo conosco da sempre, siamo cresciuti insieme, non ci siamo mai nascosti nulla, o forse qualcosa sì, l'amore per Susanna per esempio, che a quanto pare non ha più voglia di dividere con me. Improvvisamente capisco che questo ritorno sarà ancora più difficile di quanto pensassi.

Entro in casa, poso la borsa con i miei pochi abiti e mi guardo intorno incuriosito. Le pareti sono tappezzate di fotografie di Edoardo o di Susanna impegnata in cucina. La parete principale, quella adiacente allo studio è dedicata a me e alle mie avventure. Un barlume di speranza si accende nel mio cuore. Susanna non si è dimenticata di me allora. Oppure le ha appese soltanto perché suo figlio conoscesse il padre? E perché Susanna non è qui ad aspettarmi? Non posso negare che la sua assenza mi preoccupa. Con una timidezza che non mi è mai appartenuta, chiedo: "Susanna?" "Ha avuto un problema al locale" – mi risponde frettolosamente Mauro. "Tornerà molto tardi".

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