5. «Spaccio.»

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«Ne sei davvero sicura, petite? Lo sai che una volta entrati nel giro è difficile uscirne.» mi disse Anas, per l'ennesima volta in quel pomeriggio, posandomi una mano sulla spalla.

«Più che sicura Anas.» dissi, per poi vederlo annuire semplicemente e farmi cenno di seguirlo.

Camminammo per qualche minuto, per poi arrivare davanti all'entrata di uno dei tanti palazzi; Anas si guardò intorno, per poi entrare nell'edificio.
C'erano due ragazzi seduti, molto probabilmente ad aspettare qualcuno a cui vendere.

«Marika da oggi ritorna nel giro.» disse semplicemente Anas, mentre vidi i due ragazzi annuire. «Adesso stiamo noi fino alle 21, poi riprendete voi.»

Vidi i due ragazzi alzarsi e nascondere nelle cassette della posta dei sacchetti, per poi salutarci con un cenno del capo.

«Beh, bentornata.» disse, ridendo, sedendosi su una delle due sedie. «A fine giornata ci incontriamo con gli altri e sommiamo tutto quello che abbiamo ottenuto, per poi dividercelo.»

«Esattamente come ai vecchi tempi.» dissi, sedendomi sulla mia sedia, accavallando le gambe.

«Certe cose non cambiano mai.» disse, facendomi l'occhiolino, accendendosi una sigaretta.
«Ho visto una certa intesa con Simba.»

«Non incominciare.» lo ammonii, roteando gli occhi.

«Dai! Non voglio dire che ti ci devi sposare, ma nemmeno una scappatella?.» esclamò, ridendo, mentre io lo maledissi con lo sguardo.

«Nemmeno una scappatella, ti devo ricordare che non sono una ragazza da una notte e basta.» dissi, leggermente infastidita dalla sua affermazione.
« "O per tutta la vita o nulla" , ricordi?.»

«Me lo ricordo eccome.» disse, buttando fuori il fumo, passandomi la sigaretta. «Solo che ti conosco da una vita e non ti ho mai vista fidanzata.»

«Non sono fatta per quelle cose lì, lo sai.» dissi.

«Se lo dici tu!.» esclamò, alzando le mani in segno di resa.

Vidi il primo cliente arrivare, Anas tirò fuori dalla casetta della posta una bustina, per poi passargli qualche pillola attraverso una stretta di mano.
Gli fece un cenno col capo e poi andò via.
Anas mi lanciò i primi 50€ di oggi, con un sorriso in volto.

«I migliori spacciatori di Milano sono tornati!.» esclamò, provocandomi una risata, ma anche un notevole senso di colpa.

• • •

Sono le 23 e io sono a casa da sola. Mia madre è uscita per un appuntamento e non credo ritorni a casa, mi rende felice vederla rifarsi una vita dopo quel bastardo di mio "padre".

Questa sera non mi sono incontrata con Anas e gli altri perché ho iniziato solamente oggi e non sarebbe stato giusto prendermi dei soldi per cui non ho lavorato.

Sentii il campanello della porta di casa suonare incessantemente, maledissi chiunque mi stesse disturbando e andai ad aprire la porta, vedendo la figura di Aziz più incazzato che mai.

«Ma mi dici che cazzo ti dice il cervello!.» urlò, entrando in casa come una furia, lasciandomi spiazzata.

«Abbassa immediatamente la voce Aziz.» dissi a denti stretti, cercando di non urlare anch'io.

«Sei una cazzo di cogliona, come ti salta in mente, dimmelo!.» disse, abbassando di poco la voce, muovendo le mani velocemente.

«Ma di cosa stai parlando?.» chiesi, non capendo dove volesse arrivare.

«Come ti salta in mente di tornare nello spaccio! Sei appena uscita, vuoi tornare dentro?.» disse, quasi in sussurro.

«Tutto questo casino perché ho ricominciato a spacciare? Non mi sembra che la prima volta ti dava così fastidio.» dissi, incrociando le braccia sotto al seno.

«No, non lo capisci. Adesso che stiamo spaccando con la musica!.» disse, avvicinandosi a me.

«Stiamo? Aziz tu e gli altri state spaccando con la musica, non di certo io. I soldi che porta mamma a casa bastano a malapena per pagare l'affitto di casa, come pensi che possa campare?.» dissi, vedendolo scuotere la testa.
«Meglio i soldi sporchi che morir di fame.»

«Potevi benissimo chiederli a me, ti do una mano io.» disse, prendendo le mie mani fra le sue.

«Non voglio i tuoi soldi.» dissi, liberandomi dalle sue mani, sorpassandolo e andare in camera mia.

«Trovati un lavoro onesto almeno, non buttarti di nuovo nello spaccio, non porta a nulla di buono.» disse, seguendomi.

«So ai rischi in cui vado incontro, non c'è bisogno che tu me li dica.» dissi, altamente infastidita da questa sua sfuriata. «E poi, che ti importa?.»

«Che mi importa? Ma sei seria?.» disse, prendendomi un braccio, costringendomi a guardarlo. «Jolie, tu sei tutto per me, come cazzo faccio a vivere sapendo che tu sei di nuovo in carcere? Questi 2 anni sono stati un cazzo di inferno e solo Dio sa come ho fatto a sopravvivere.»

Lo guardai soltanto, non riuscendo a capire a pieno cosa volesse dirmi. I suoi occhi marroni, così lucidi per me mi facevano paura e tristezza.

«Starò attenta, mi ricordo ancora come si fa a sopravvivere in strada.» dissi, allontanandomi da lui, prendendo il mio pacchetto di sigarette e accendermene una, avvicinandomi alla finestra.

«Perché devi essere sempre così stronza e per una volta non provi a metterti nei miei panni?.» disse.

«Aziz, sapessi quante notti insonni ho passato, pensando a tutto il dolore che ho vi ho causato, se solo lo sapessi.» dissi, sentendo i miei occhi inumidirsi. «Adesso vai via, voglio stare sola.»

Lo sentii sospirare, per poi sentire dei passi e la porta di casa sbattere.

𝗖𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻𝗰𝗮𝘁𝗲𝗻𝗮𝘁𝗶 ; 𝗞𝗲𝘁𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora