4. «Gelosia.»

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Sono le 10, ormai ero già sveglia da un po', o meglio, non avevo proprio dormito.
Mi trovavo seduta sul mio letto, con un posacenere e un pacchetto di sigarette al mio fianco, proprio come quando mi trovavo in cella.

Ricordo tutte le sere passate insonni, con la testa sommersa dai rimpianti e le mani piene di peccati.
A farmi compagnia c'erano solamente la luna e il fumo, seppur non fossero amiche di tante parole;
ma erano le uniche, quindi me le facevo andar bene.
Avevo sviluppato un grande passione per la scrittura, visto che quella era la mia unica valvola di sfogo, visto che non parlavo con nessuno.

Scrivevo sempre delle lettere; alcune le inviavo a mia madre, dove le raccontavo tantissime cazzate, mentre quelle che tenevo per me raccontavo tutta la cruda verità dal carcere.
Vedere le guardie abusare del loro potere, picchiando chiunque solamente per puro gioco, mi dava un senso di nausea e mi si attorcigliava lo stomaco su se stesso.

«Bambina mia, che succede?.» chiese mia madre, risvegliandomi dai miei pensieri. Mi posò una mano sulla spalla, mentre io le sorrisi dolcemente.

«Nulla mamma, tranquilla.» le dissi, posando un braccio sulle sue spalle, ispirando il profumo del suo shampoo alla fragola. «Vai a lavoro?.»

«Si, finisco alle 15.» disse, sorridendomi. Si staccò da me, dirigendosi verso la sua borsa e il giubbotto.
«Mi raccomando, per qualsiasi cosa puoi chiamare.»
Annuii, sorridendole, per poi vederla uscire di casa.

Il mio sorriso scomparse appena si chiuse la porta, mentre i ricordi e incubi riaffioravano nella mia mente.
E soprattuto quell incubo, che faceva troppo male per essere raccontato.
Lo stupro. Una cruda realtà che capitava in molti carceri ma in tanti facevano finta di nulla.
Non ne ho mai parlato, nemmeno nelle pagine del diario che avevo in carcere; forse un po' per paura che qualcuno lo leggesse e per non rivivere attraverso le mie parole ciò che mi era successo.
Un incubo troppo grande, che mi tormentava e mi teneva stretta a sé, soffocandomi e non facendomi trovare pace.
La notte posso ancora sentire le mani di quella sporca guardia su di me, in particolare sulla bocca e sul collo.

Mi toccai il collo, con le mani tremanti e qualche lacrima che mi cadeva sulle guance.
Sentii un conato di vomito salirmi, così corsi in bagno e vomitai.
Una volta finito mi sciacquai la bocca, asciugandomi le lacrime che scendevano lungo il mio viso.
Chiusi gli occhi e presi un grosso respiro, per poi riaprirli dopo qualche minuto.

I miei occhi, così vuoti, facevano paura persino a me.

Uscii dal bagno e andai in cucina, ma la mia attenzione venne richiamata da qualcuno che urlò il mio nome.
Uscii fuori dal balcone e vidi Mohamed, appena mi vide sorrise.

«Che vuoi?.» dissi, stupita dalla sua visita.

«Sono venuto insieme a Zaccaria e ho pensato di salutarti, scendi douceur?.» disse, buttando fuori il fumo dalla sua sigaretta.

«Dammi 2 minuti.» dissi, per poi rientrare in casa.

Mi vestii molto semplice, per poi pettinarmi i capelli e uscire di casa. Scesi le scale trasandate velocemente, per poi sbattere la porta alle mie spalle.

Mohamed era appoggiato a una colonna, sorrise appena mi vide e buttò la sigaretta ormai finita per terra.

«Ciao.» dissi soltanto, guardandomi intorno, per controllare se ci fosse qualcuno della compagnia, ma so già che molto probabilmente sapranno già, le voci in quartiere corrono.

«Sono solo, mi sono offerto per venirti a prendere, sono già tutti in piazza.» disse, ridendo leggermente.

«Strano, gli altri non hanno mai mandato qualcuno che non siano Aziz o Anas a passarmi a prendere.» dissi, per poi iniziare a incamminarmi.

«Ma hai una specie di relazione con Aziz?.» chiese, affiancandosi a me, portando le mani nelle tasche della sua tuta.

«Come mai vuoi saperlo?.» dissi, guardandolo male.

«Ti mangia con gli occhi, poi quando Mattia mi ha chiesto di venirti a prendere pensavo volesse picchiarmi.» disse.

«Probabilmente avrà picchiato Mattia, non appena sei andato via.» dissi, lasciandomi scappare una risata. «E comunque no, nessun tipo di relazione con nessuno.»

«Meglio così.» sussurrò, ma lo sentii ugualmente.

Dopo poco arrivammo dagli altri, che parlavano animatamente fra di loro. Mohamed andò vicino a Zaccaria, mentre io mi diressi affianco ad Anas.

«Petite, hai fatto breccia nel cuore di ghiaccio di Simba lo sai?.» mi sussurrò all'orecchio, per poi ridere sonoramente.

«Non scherzare.» dissi, posandogli uno schiaffo amichevole dietro al collo, ridendo con lui.

Vidi Aziz stranamente muto, appoggiato con la schiena al muro, che fumava.
Guardava in un modo strano Mohamed e ci misi un secondo a capire che era geloso, come di chiunque in realtà.
La sua gelosia ossessiva nei miei confronti non l'ho mai capita: siamo solo semplici migliori amici, anche se  alcune volte siamo sfociati anche in altro, perché essere così esagerati?.

Andai verso di lui, mettendomi al suo fianco.
Lo vidi alzare lo sguardo, non proferendo parola.

«La gelosia ti sta mangiando dentro?.» chiesi, rubandogli la sigaretta dalle mani, soffocando una risata.

«Questo fils de pute sta facendo esaurire la mia pazienza.» disse solamente, guardando prima Mohamed e poi me. «Poi davvero pensa che tu gli possa andar dietro? Ma per favore.»

«E chi te lo dice che lui non mi piaccia?.» lo provocai, vedendolo irrigidirsi, per poi lanciarmi un'occhiata di fuoco. «Mon amour, ti sciuperai se resti arrabbiato così ancora per un po'.»

«Magari posso sbollire la rabbia in un altro modo, mi aiuti tu?.» chiese, sorridendomi complice.

Lo guardai soltanto, mentre nella mia mente tornavano in mente i ricordi delle notti passate insieme, mentre la mattina dopo ci giuravamo di non proferirne parola con nessuno e che non avrebbe influito sulla nostra amicizia.
Un ricordo così bello, rovinato dall'incubo che avevo vissuto in carcere, che mi teneva a freno di avvicinarmi a qualsiasi uomo, in quel senso.

«Nah, vai dalle tue ultime conquiste, sempre se riescono a superare me.» dissi, facendogli l'occhiolino e tornare da Anas, lasciandolo spiazzato.

𝗖𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻𝗰𝗮𝘁𝗲𝗻𝗮𝘁𝗶 ; 𝗞𝗲𝘁𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora