9. «Solo dolore.»

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«Giornata di merda, solo 400€.» disse Anas, posando sul tavolo tutti i soldi che avevamo guadagnato questa mattina, sotto lo sguardo attento dei nostri altri 2 soci. «Voi?.»

«600€ , peggio di ieri, migliore di domani.» disse Omar, posando i soldi sul tavolo, sorridendoci.

Ci dividemmo i soldi a vicenda, per poi ristabilire i turni di domani e andarcene ognuno a casa propria.
Salutai con un cenno del capo Anas, per poi salire ancora un piano e ritrovarmi davanti casa mia.
Presi le chiavi dalla tasca e cercai di aprire la porta, ma vidi che era già aperta, stranamente.

Aprii la porta e vidi una scena terribile, che mai avrei più voluto vedere in vita mia.
Mia madre che si stava tirando su una striscia, insieme al suo nuovo compagno.

«Ma che cazzo fai!.» urlai, correndo verso mia madre, buttando all'aria tutto quello che c'era sopra al tavolo, sotto lo sguardo di mia madre e il compagno. «Che cazzo ti è saltato in mente?.»

«Marika, calmati.» disse Marco, prendendomi per una spalla.
Mi scostai violentemente, come se mi fossi scottata.

«Non mi devi toccare.» dissi, a denti stretti, cercando di non urlare nuovamente.

Guardai mia madre, le sue pupille erano dilatate e leggermente rosse, mentre la sua narice destra era leggermente sporca di bianco.

«Perché, solo perché.» dissi, mettendomi le mani fra i capelli, iniziando a fare avanti e indietro per la stanza, sentendo i miei occhi inumidirsi.

«Siediti e parliamo un attimo, per favore.» disse mia madre, a fatica.

«Ma di che cazzo vuoi parlare? Fai sul serio? Dopo tutto quello che abbiamo passato hai ricominciato a drogarti?.» urlai, muovendo le mani freneticamente, a pochi centimetri dal suo volto. «Mi dici che cazzo ti è passato per la testa.»

«Certo che proprio tu non dovresti parlare, tu la vendi.» disse Marco, intromettendosi.

«Tu.» dissi, avanzando verso di lui. «Tu non sai un cazzo, nulla, non sai niente di mia madre e di quello che abbiamo passato per quella merda che vi stavate tirando sù. C'è una grandissima differenza tra venderla e farne uso, ma non ho voglia di avere questo discorso con te, adesso.»

Mi girai verso mia madre, mentre qualche lacrima cadde sul mio volto.
Andai in camera mia, presi una borsa e ci infilai le cose più importanti dentro, per poi ritornare in sala, più convinta che mai ad andarmene.

«Chiamami quando smetterai di drogarti, ma sul serio però.» dissi, per poi uscire e sbattere la porta alle mie spalle.

Solo dolore, solo un lancinante dolore.

Salii un piano e andai dall'unica persona da cui mi sarei fatta veder piangere, Aziz.
Suonai il campanello, cercando di asciugarmi le lacrime.
Dopo qualche minuto la porta si aprii, vidi la figura di Aziz mezzo addormentato, ma appena vide le condizioni in cui stavo si riprese.

«Amore, che succede?.» disse, posando le sue mani sulle mie spalle, mentre la sua voce tremò leggermente.

«Puoi farmi entrare in casa e parliamo?.» chiesi, mentre lui annuì semplicemente, posandomi una mano sulla schiena e farmi entrare in casa sua.

Mi sedetti sul divano, posandomi le mani in volto, ancora incredula a tutto ciò che era accaduto in pochi minuti.
Aziz si sedette al mio fianco, posando un braccio sulle mie spalle, mentre io misi la testa sul suo petto.
Rimanemmo lì per non so quanti minuti o ore, mentre io piangevo e lui mi stava accanto, in religioso silenzio, mentre io sfogavo tutto il mio dolore e rabbia.

Ma l'importante era che fossi tra la sue braccia, che erano ormai diventate casa mia.

𝗖𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻𝗰𝗮𝘁𝗲𝗻𝗮𝘁𝗶 ; 𝗞𝗲𝘁𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora